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AUGUSTO, il signore di Roma

by Veronica Cimmino

Prese alcune magistrature e dignità, e straordinarie, e a vita, prima che fosse in età conveniente.” Svetonio, De vita Caesarum

Intendo cominciare così quest’articolo, con le parole di Gaio Svetonio, per ricordare a me stessa e a tutti che l’immagine che si ha di un personaggio è quasi sempre frutto di  quanto è riportato dalle fonti letterarie e, non di meno, dalle immagini a noi giunte. Ma, così come i testi letterari sono frutto soggettivo di chi scrive ed è ovvio che nascano interpretazioni differenti, lo stesso accade per le immagini. Vorrei aggiungere, a quanto detto, che l’idea che si ha di un personaggio è data, soprattutto, da quanto traspare dal suo lascito, dagli interventi che, ancora oggi, segnano la topografia della città.

Si è conclusa da poco la mostra a lui interamente dedicata alle Scuderie del Quirinale di Roma. É notevole avere riunite le opere che, disseminate in tutto il mondo, hanno in comune il legame indissolubile ad un unico personaggio, il cui ruolo nella storia, è universalmente riconosciuto. Il loro ritorno a Roma, seppur per breve tempo, è significativo: è il centro del mondo antico, la città che per otto secoli rappresentò il centro politico e amministrativo del mondo intero. Ė Augusto, che in tutta la sua regalità, veglia nelle sale delle Scuderie e, guardandoci, ci rimanda alla Roma del I secolo a.C e alle vicende che segnarono il passaggio dalla “res pubblica” al “principatum“, alla Roma che necessitava di notevoli migliorie e all’uomo che gliele concesse, alla Roma che divenne l’Impero a cui tutto il mondo guardava. È il 27 a.C l’anno in cui, tornato vittorioso dalla campagna contro Marco Antonio in Oriente, Ottaviano divenne Augusto, segnando un momento decisivo per la storia dell’umanità. È, per noi studiosi, non tanto il punto di cesura che chiude un’epoca e ne saluta un’altra, ma piuttosto il segno di un progetto politico nuovo che racchiude le intenzioni dell’Augusto di creare un impero, l’impero di Roma. È il programma che si desume dal suo testamento, l’ “Index rerum a se gestarum“(meglio conosciuto come “Res gestae divi Augusti”), esposto su lamine bronzee sugli obelischi che, posti all’ingresso della sua tomba, ricordavano le opere compiute dall’imperatore durante la sua carriera politica. La sua tomba, costruita all’interno delle mura, costituiva un’eccezione rispetto al divieto, di cui si ha notizia già nelle XII tavole, di seppellire defunti, sia inumati che cremati, all’interno delle mura della città. L’eccezione riguarda il suo ruolo di generale vittorioso che, in quanto tale, può permettersi il privilegio di sottrarre al popolo romano una vasta area (identificata come la parte settentrionale del Campo Marzio) e costruirvi una tomba a tumulo alta circa 42 metri e di diametro circa 90 metri. Un’idea di come fosse la tomba ci è data dal modellino esposto al Museo della civiltà romana.

Il tempio di Giano, le cui porte chiuse, a Roma, erano simbolo di pace e assenza di guerre, fu da lui chiuso tre volte, avendo posto in pace tutto il mondo per mare e per terraSvetonio, De vita Caesarum.

Ma è negli interventi pubblici e sociali che riconosciamo la grandezza della sua persona: l’istituzione di un corpo di “pompieri” che vegliasse sulle fiamme frequenti di Roma che, non lo si dimentichi, contava molto sul legno per la costruzione degli edifici; l’istituzione dei Curatores aquarum riguardo la gestione delle acque, un problema di non poca rilevanza date le esondazioni frequenti del Tevere e un intervento notevole se si pensa al ruolo ricoperto dal fiume riguardo funzioni di trasporto (sia di merci che di persone); la divisione di Roma in 14 regioni; la creazione del primo sistema postale romano chiamato “cursus publicus”; l’ordine di pavimentare la Via Flaminia che da Roma conduceva a Rimini; l’allargamento del corso del Tevere; la costruzione del  Foro, che da lui prende nome, per celebrare i personaggi e le imprese che avevano caratterizzato la res publica, qui, il tempio dedicato a Marte Ultore (Vendicatore), al cui interno, si narra, fosse custodita, come una reliquia, la spada di Cesare.

Adornò e nobilitò la città secondo la maestà e grandezza di quell’impero: e l’accomodò e ordinò in maniera che ella non fu più sottoposta né al fuoco né alle inondazioni del Tevere; onde meritatamente si diede vanto, che avendola ricevuta in mattoni, la lasciava di marmo.” Svetonio, De vita Caesarum.

Riguardo la condotta privata, il quadro che ne deriva dalle parole di Svetonio non è decoroso:

Acconsentono anche i suoi amici sul fatto che avesse commesso molti adulteri, ma scusandolo nel dire che egli non lo faceva perché mosso da libidine, ma, astutamente, per poter meglio intendere i disegni e gli andamenti dei suoi nemici per mezzo delle loro mogli.Svetonio, De vita Caesarum.

Anche riguardo la sua terza moglie, Livia Drusilla, sembra che l’abbia strappata all’amico, nonché console, Tiberio, quando era ancora gravida. Ma qual è, tra le molte proposte, l’immagine del sovrano? Quella che egli vuole dare di sé stesso nel “Augusto di Prima Porta”o nel “Augusto Togato” oppure quella dipinta dalle fonti letterarie o ancora quella che traspare dal suo operato che ancora oggi si rende manifesto, sotto i nostri occhi, a Roma?

EktaMorì il 19 agosto del 14 d.C. a Nola, all’età di 66 anni, nello stesso letto dove era morto il padre Ottavio. Riguardo l’identificazione della villa in cui l’imperatore, signore di Roma, esalò l’ultimo respiro, è stata di recente avanzata l’ipotesi che si trattasse di una villa di dimensioni notevoli, pari a quella di Livia a Prima Porta, nei pressi di Somma Vesuviana.

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