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Buon Compleanno Pink Floyd

by Bruno Spagnuolo

Era il lontano 1965, quando i garage di Londra furono letteralmente invasi da ragazzi che sull’onda della beat generation americana, si radunavano per creare qualcosa di originale che desse senso a questa nuova aria. Si creavano atmosfere assolutamente visionarie, pervase da vapori d’erba, si discuteva, si scriveva e si strimpellavano suoni nuovi; stava nascendo qualcosa di grande.

Fra questi, un gruppo di giovani inglesi comincia a muovere i primi passi nella scena musicale underground londinese, sotto il nome di The tea set, nome che verrà mutato di lì a poco, in The pink floyd sound: sono proprio loro, i leggendari Pink Floyd; un gruppo di ragazzi aspiranti architetti capeggiati da un brillante studente di pittura che si avventura nel mondo della psichedelia e dell’esperienza lisergica, allargando i confini ordinari della musica. In breve i garage cominciano ad essere stretti, sono delle vere e proprie polveriere pronte ad esplodere e così, le nuove idee cominciano ad essere messe in mostra nei locali cittadini, fra cui l’ufo club, forse quello più noto o quanto meno quello più legato alla storia dei Floyd. Qui cominciano ad imporre quello che sarà il nuovo modo di fare musica da lì in avanti, con performance strumentali di nuova forma dall’identità già ben definita, grazie alla notevole personalità del leader Barrett.

Vengono eseguiti per la prima volta i light show di cui i Pink Floyd saranno pionieri e massimi esponenti: veri e propri spettacoli di luci e musica che riescono a fondersi attraverso le proiezioni di immagini e video psichedelici, in un’atmosfera pesantemente fumosa, altra caratteristica che li porterà ancor di più ad allargare i confini della musica, che diventa con loro un’esperienza fatta di immagini e suoni e che coinvolge così tutti i sensi. Durante la loro lunga carriera, hanno vissuto diversi alti e bassi e cambi di formazione, tutti eventi che hanno inevitabilmente influenzato lo stile floydiano.

Simbolo assoluto della psichedelia lisergica e dell’underground mondiale, The piper at the gates of dawn, il primo album ufficiale della band, segna il loro esordio mondiale. Il linguaggio che utilizzano è assolutamente nuovo, un’esperienza visionaria, condita da misticismo fiabesco e siderale che insieme tengono in equilibrio l’ascoltatore a metà strada fra l’inquietudine e l’icastico viaggio onirico che solca la strada dell’alterazione psicotropa. In seguito c’è stato A saucerful of secret, Ummagumma, The dark side of the moon, The final cut, arrivando fino a The endless river che arriva al culmine di una carriera senza eguali ma che, a mio avviso, non ne è una degna chiusura, nel frattempo, c’è stato l’abbandono prima di Barrett, poi i ripetuti allontanamenti di Wright e l’uscita di Waters, insomma tutta una serie di cambiamenti che hanno segnato profondamente la carriera dei Pink Floyd.
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Raccontare i periodi dei Pink Floyd, da Barrett a Gilmour passando per Waters oppure parlare dei loro album credo sia ridondante, sono argomenti triti e ritriti, ciò su cui invece è curioso interrogarsi, è il motivo della loro longevità. Qual è il loro segreto?

Sicuramente la caratteristica che fa la differenza fra i Pink Floyd e gli altri è la netta e lucida trasposizione di ciò che è l’esperienza vissuta attraverso l’alterazione psichica in musica. Di psichedelia intesa come trasposizione delle sensazioni alterate, negli anni 60 e 70 se n’è ascoltata parecchia, dai Jefferson Airplane a Country Joe and the Fish, ma di psichedelia intesa come superamento delle barriere mentali convenzionali, attraverso l’acquisizione di una chiave di lettura della mente, con conseguente trasposizione in musica dell’esperienza vissuta attraverso l’alterazione e non l’alterazione letteralmente intesa, come racconto policromatico. In questo senso, solo due esempi possano essere degni di tale nota e sono i The Doors o più precisamente Jim Morrison e proprio i Pink Floyd. Da qui si capisce quindi che gli argomenti trattati dalle loro note inizialmente e dalle parole pungenti di Waters poi, sono argomenti assoluti, astratti da ogni tipo di contesto sociale e temporale, ma che riguardano piuttosto, la condizione umana. Perchè nel momento in cui non si hanno impedimenti mentali, si riesce a guardare oltre il convenzionale, si può scrutare nell’inconscio, acquisendo così una lucida consapevolezza di ciò che siamo. Ovviamente solo chi ha il pieno controllo di sé, riesce a tenere quella lucidità che gli consente di restare coi piedi per terra per condividere ciò che ha visto aldilà della coscienza. Quindi la piena visione umana dei floyd, fa di questi ultimi, artisti assoluti, senza tempo.

Un’idea di quella che è la loro grandezza, si riesce ad avere oltre che con la loro musica, anche attraverso la musica che volutamente o inconsapevolmente è stata influenzata dal loro passaggio. Su questo concetto, è composta la nostra playlist:

Porcupine tree con Dark matter: alcuni li hanno definiti addirittura i Pink Floyd dei nostri giorni, fatto sta che la musica dei Pink li ha influenzati senza alcun dubbio.
Radiohead con Wolf at the door: le sonorità ipnotiche e la personalità del frontman, denotano una certa somiglianza con i Pink Floyd.
Genesis con The waiting room
Brian Eno con Stars
David Bowie con Arnold Layne: una delle cover più belle di questo pezzo. Bowie è stato sempre affascinato dal personaggio di Barrett, tanto che sembra essersi ispirato proprio a quest’ultimo col trucco.
Alan Parson con Mammagamma: un omaggio all’abum Ummagumma.
Robert Fripp e Brian Eno con Evening star
Marillion con Blind curve: brano tratto dall’album Misplaced childhood, quando il leader della band era ancora Fish. Oggi che è stato sostituito da Steve Hogart, la musica non cambia, tanto che quest’ultimo un giorno disse: “Se Pink Floyd e Radiohead avessero avuto un figlio che era in contatto col proprio lato femminile, quelli saremmo stati noi.

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