Home Arte “Caravaggio. Napoli”, e le “Sette Opere di Misericordia”.

“Caravaggio. Napoli”, e le “Sette Opere di Misericordia”.

di Veronica Cimmino

A Napoli, collina e decumani finalmente dialogano: dopo non poche polemiche e controversie, inaugura “Caravaggio. Napoli”. Si tratta di un’importante mostra per la città, ormai da alcuni anni tra le protagoniste del circuito culturale della penisola. Dall’ultima mostra di Caravaggio a Napoli, nel 2004, la necessità di riportare il maestro in mostra in città si era fatta più che impellente dopo anni di studio e approfondimento circa la sua influenza sulla pittura napoletana, italiana, ed europea; ricordo a tal proposito la mostra tenutasi nel 2017 alla National Gallery di Londra, dal titolo “Beyond Caravaggio”.

Curiosità, ma non molta perplessità da parte degli addetti ai lavori, circa il repentino cambio di programma della mostra: le “Sette opere di Misericordia” si sono spostate dall’altare del Pio Monte della Misericordia solo in condizioni eccezionali. Dopo la decisione di non spostare le “Sette Opere di Misericordia”, il Ministro Alberto Bonisoli si è presentato personalmente in città, dove si è predisposto un collegamento tra il Museo di Capodimonte e il Pio Monte della Misericordia. Il Governatore del Patrimonio Storico-Artistico del Pio Monte, Luigi Pietro Rocco di Torrepadula, si dice non sorpreso dalla decisione del Ministero di negare lo spostamento dell’opera, ed aggiunge:


[…] mi sarei augurato un tipo di discussione diversa da quella avvenuta circa il provvedimento amministrativo”.

Il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger, si dice sorpreso da “una pubblicità così straordinaria”, che ha fatto in modo che la mostra avesse già prima dell’apertura un tale successo di visibilità, ed aggiunge

siamo sotto il mirino delle testate internazionali.

La mostra “Caravaggio. Napoli” diventa diffusa sul territorio, in quello che sembra configurarsi come un interessante progetto di valorizzazione territoriale. A Napoli, collina di Capodimonte e centro storico finalmente dialogano, ma con non poca difficoltà.

La mostra “Caravaggio. Napoli”

Al museo di Capodimonte, l’ingresso alla mostra ha un costo di 14 euro, ed include la navetta (gratuita) per raggiungere il pezzo mancante, rimasto in Via dei Tribunali con a seguito un corredo di non poche polemiche. Nella Sala Causa del Museo di Capodimonte, la mostra si avvia con un registro di polizze del Banco di Napoli: si attesta la prima presenza di Caravaggio a Napoli. Le tappe percorse dall’artista a Napoli sono scandite nel corridoio di ingresso: dal 1606 – anno del suo arrivo in città – al 1610, anno della sua prematura morte.

In fondo al corridoio, si intravede la “Flagellazione”. Si rischia di non accorgersi del tramezzo che separa lo spettatore dall’opera: questa è visibile dal risparmio di un’inquadratura, e ce ne si rende conto quasi andando a sbatterci contro. Lo sfondo scelto per la mostra, è il nero, e bisogna passare oltre l’inquadratura per accedere alla sala in cui la “Flagellazione” dialoga con gli altri; Battistello Caracciolo e Massimo Stanzione sono solo alcuni degli artisti inevitabilmente segnati dal passaggio di Caravaggio nella capitale del viceregno spagnolo.


Caravaggio, Flagellazione, 1607

La mancanza c’è, e si sente: sono sei le opere del maestro esposte, ma ne manca una. Le “Sette Opere di Misericordia” sono a circa due chilometri e mezzo, e bisogna percorrere questa distanza per completare il pezzo mancante della mostra. È in Via dei Tribunali, sull’altare maggiore della Cappella del Pio Monte, che la mano dell’angelo in bilico, colta quasi nel tentativo di fermare il tempo, dà una sferzata a tutta la storia figurativa successiva. Non si tratta di un momento, bensì del momento – fatidico – in cui il maestro s’impone sulla scena artistica napoletana. Nel momento in cui la tela è collocata sull’altare, nessuno può esimersi dal recepire la sua lezione.


Caravaggio, Sette Opere della Misericordia, 1607

Numerose le critiche proliferate a monte dell’apertura della mostra, ma quali le considerazioni che la seguono?

Il veto del Ministero di procedere allo spostamento dell’opera aveva dato alla mostra la possibilità di prospettarsi come un esempio di valorizzazione diffusa sul territorio, e di fatto lo è, ma – nella pratica – la mostra risulta di difficile fruizione data l’evidente poca facilità di raggiungimento del centro storico (nonostante il servizio navetta incluso nel biglietto). Difficoltà logistiche, in aggiunta all’aspetto economico (dato il costo complessivo di accesso ad entrambe le strutture, 19 euro) rendono la mostra – di fatto – non di semplice fruizione.

Spostamento, o non spostamento?

Valorizzazione, o non valorizzazione?

Cosa dobbiamo aspettarci da una nazione ricca di beni culturali e paesaggistici, ma che non riesce a farne della valorizzazione?

L’idea che le “Sette Opere di Misericordia” debbano restare al sicuro, nel ventre del Pio Monte, è rassicurante, ma l’effettiva fruizione di una mostra così configuratasi induce a riflessione. Siamo ancora fortemente ancorati alla “conservazione”, dimenticando che questa passa innanzitutto per la valorizzazione. La scelta di non spostare le “Sette Opere di Misericordia” non è semplicemente un provvedimento amministrativo, ma dà il polso dell’attuale politica di gestione del patrimonio italiano.

In un paese in cui è così ricco il patrimonio culturale, la nostra prima preoccupazione dovrebbe essere quella di trasmettere questo patrimonio alle future generazioni, e la conservazione non può più essere la sola strada, bensì sono la conoscenza e la consapevolezza del nostro patrimonio che lo salveranno, e queste possono raggiungersi tramite un’attenta valorizzazione, quindi la trasmissione ad ampio raggio della nostra cultura.

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