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La coppia tra neuroscienze e psicologia

di Elisabetta Cristofaro

L’uomo, in quanto mammifero, per il suo sviluppo fisico e psichico necessita di legarsi ed entrare in relazione con l’altro. Sempre di più lo studio della fisiologia dei nostri neuroni e dei suoi funzionamenti ci dimostra che siamo predisposti alla connessione con l’altro. Negli ultimi tempi le neuroscienze indagano cosa accade quando entriamo in contatto con l’altro, infatti, le ricerche neuroscientifiche studiano sempre più frequentemente il legame di coppia.

La coppia è uno dei modelli più esplicativi di mente condivisa che per intensità può essere paragonato alla relazione madre-bambino. Gli amanti entrano in risonanza e formano la “mente coppia” grazie a meccanismi antichissimi che coinvolgono quelli che le neuroscienze chiamano circuiti di risonanza interpersonale e di empatia.

coppia neuroscienzeSecondo Goleman il legame che forma una coppia avviene attraverso tre livelli:
Condivisione dell’attenzione: condividere l’attenzione permette di sintonizzarci con l’altro. Ciò è molto importante per favorire l’inizio della relazione perché ci consente di risuonare con l’altro e di venire cambiati dalla relazione.
Empatia: è qualcosa di più sofisticato e viene a crearsi un po’ più avanti nella relazione. L’empatia non è semplicemente la risonanza degli affetti tra sé e l’altro ma è una rappresentazione esplicita della soggettività dell’altro quindi è un fenomeno che avviene in maniera cosciente. Questi primi due step della relazione sono denominati dal neurobiologo Sigel con l’espressione I. S.O. (Intrenal State of the Other) ossia gli stati affettivi, intenzionali e fisiologici dell’altro si incarnano in noi stessi e viceversa. Ciò ci permette di sentirci sentiti dall’altro e di sentire l’altro.
Sintonizzazione: questo ultimo step implica la costruzione dell’intersoggettività stabile su cui può poggiare la narrazione della coppia che possiamo definire come la storia di coppia in cui si possono collocare episodi, vissuti personali e fantasie.

Tale risonanza è molto simile a quello che Sigel ha chiamato N.O.T.O (Narrative Of The Other) grazie ai quali ci sentiamo nella mete degli altri, ci sentiamo pensati perché viviamo all’interno delle narrazioni dell’altro e allo stesso tempo includiamo l’altro nelle nostre narrazioni. Questo è un modo più avanzato di sintonizzarci con la mente altrui. Attraverso questo processo di connessione il partner può diventare la figura di attaccamento dell’età adulta andando a confermare e aggiornare i Modelli Operativi Interni di entrambi i partner, individuati da Bowbly. Questa intersoggettività riorganizza i processi empatici e di risonanza personali.

article_love-brain_20130218102809L’attaccamento, fondamentale per le relazioni intime adulte, non è un elemento rigido dell’affettività adulta, infatti, non preclude la possibilità di sperimentare modalità e sfumature affettive diverse. Ciò sottolinea che il legame di coppia non è esclusivamente determinato da fattori storico-personali ma prende vita nella connessione reciproca dei due amanti.

Secondo Zavattini e Santona il legame di coppia non è mai scontato e prevedibile e si costruisce attraverso i processi bidirezionali di sincronia e regolazione affettiva che si attuano secondo tre principi: regolazione continua, rottura e riparazione e momenti affettivi intensi. Ciò conferma che la coppia non è solo la somma delle storie personali dei due amanti, andando a confermare uno dei pilastri teorici del pensiero sistemico sulla coppia, secondo il quale il NOI nasce dai continui processi di calibrazione e ricalibrazione reciproche. Non esiste un’intesa ideale, piuttosto esiste un costante movimento di connessione e disconnessione tra i partner che mira alla ricerca di una distanza ottimale. Questa danza tra le menti degli amanti esprime bene quello che Zavattini e Santona chiamano oscillazione di prossimità mentale cioè il susseguirsi del contatto mentale intenso, rottura e momento di riparazione che caratterizza ogni legame di coppia.

La psicologia e le neuroscienze sono sempre più d’accordo che siamo nati per connetterci e legarci all’altro ma di certo ciò non significa che la relazione con l’altro deve essere idilliaca e fusionale anzi proprio i movimenti di allontanamento e vicinanza tra le menti dei partner è indice di un buon funzionamento di coppia, generando anche un sano funzionamento neuronale.

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1 comment

Giovanna Esse 25 Ottobre 2015 - 8:41 am

Finché negli studi non verrà ri-contemplata la parte Spirituale, componente essenziale dell’uomo, si continuerà a brancolare nel buio e ad assommare parole su parole (pressoché inutili).
Dai tempi di Wundt e da quando la politica idustrialista (quella che tratta gli esseri umani alla stregua di parti di spezzatino) all’uomo è stata negato lo Spirito, mentre gli pseudo-scienziati, continuano a scavare tra neuroni, sinapsi e micro-correnti galvaniche.
Il cervello è solo un “pezzo di carne”, utile, importante ma è solo un organo come tutti gli altri.
Studiare solo la parte materiale della Mente, equivale a cercare di capire i pensieri di un autista analizzando meticolosamente il… carburatore dell’auto che guida.
🙂

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