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Dagli Hikikomori Orientali a quelli occidentali

di Elisabetta Cristofaro

La rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo è così incessante e frenetica che stiamo cambiando così velocemente il nostro modo di vivere da non renderci conto che è sempre più all’insegna dell’iper-connessione e nuovi fenomeni come gli hikikomori occidentali si nutrono di questo humus socio-culturale.

Oltre alle indiscutibili migliorie, la tecnologia ha infatti portato con sé il lato oscuro del suo impatto sulla società, in particolare tra i membri della fetta più giovanile, nella quale si riscontrano sintomatologie nuove.

Dall’estremo oriente abbiamo importato la sindrome dell’Hikikomori, che sta dilagando in molti paesi occidentali, Italia compresa.

Questa sindrome si diffonde in Giappone, a partire dagli anni 80, e il termine fu coniato dallo studioso Tamaki Saito, direttore del Sofukai Sasaki Hospital di Tokio, per indicare adolescenti e giovani adulti che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per periodi medio-lunghi usando solo il computer come unica finestra sul mondo.

Gli Hikikomori decidono di ritirarsi nella propria stanza e smettono di avere contatto diretto con il mondo esterno. Sono soliti dormire di giorno, uscire o essere attivi sul web di notte in modo da non incontrare nessuno. Chiaramente questa reclusione comporta l’abbandono scolastico o lavorativo e la totale compromissione delle relazioni sociali.

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In Giappone questa sindrome è una vera e propria piaga sociale: si contano circa un milione di casi. In Italia, anche se più contenuto, il fenomeno conta circa 20/30 mila casi, ma potrebbero essere molti di più visto che è difficile individuarli. Anche se si sa ancora poco, sembra che il sentimento prevalente nei giovani Hikikomori si la vergogna che li spinge ad un ritiro totale dal mondo. Di solito questi ragazzi difficilmente sostengono il confronto con gli altri e, in particolar modo, non riescono a fronteggiare il fallimento. Si sentono schiacciati dal peso delle aspettative richieste dalla cultura contemporanea e trovano rifugio nella rete.

Dai primi studi effettuati sugli Hikikomori, ad opera di Li e Wong, sembra che tale comportamento sia determinato dall’incrocio di fattori psicologici, familiari e sociali e sono state individuate tre tipologie:

– Ultradipendenti: di solito sono Hikikomori cresciuti in famiglie iperprotettive che ostacolano l’autonomia psicologica. Sono ragazzi che tendono ad avere poca motivazione a trovare una propria strada e sono totalmente dipendenti dai genitori.

Interdipendenti disfunzionali: il clima familiare di questi ragazzi si avvale di dinamiche disfunzionali a cui seguono relazioni sociali poco soddisfacenti e, spesso,  possono essere vittime di bullismo

– Controdipendenti: i genitori educano questi ragazzi con grande rigidità  e li caricano di eccessive aspettative. Di solito, questi giovani pianificano meticolosamente il proprio futuro e la mancata realizzazione dei progetti causa una frustrazione insostenibile da  indurre all’isolamento.

Il fenomeno degli Hikikomori è molto difficile da studiare proprio perché chi ne affetto è invisibile agli occhi della società. Infatti, ad oggi non ci sono sufficienti dati clinici che possono aiutare i professionisti a considerare il fenomeno come una nuova patologia, né a sviluppare protocolli di intervento adeguati.

La probabile via di acceso ai giovani Hikikomori, che non vogliono avere contatti reali, potrebbe essere proprio internet.

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