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Il Racconto dei Racconti, un viaggio estetico tra le ossessioni umane

by Rossella Capasso

Dopo giorni di proiezioni, photocall, serate di gala e interviste, il Festival di Cannes è giunto al termine. Anche quest’anno la Promenade de la Croissette ha ospitato cineasti di fama internazionale e grandissimi interpreti, pronti a sedurre la prestigiosa giuria della kermesse (capitanata dagli imprevedibili fratelli Choen) a colpi di sceneggiature accattivanti e interpretazioni commoventi. Tre i film italiani in concorso: Youth-la Giovinezza, del regista Paolo Sorrentino, che con il suo stile poetico e contemplativo ha diviso i giudizi di pubblico e critica; l’autobiografico Mia madre, diretto dal regista Nanni Moretti, che ha conquistato i quotidiani transalpini con il suo realismo struggente e raffinato, e per concludere il Racconto dei Racconti, l’ultima fatica di Matteo Garrone, che ha portato sugli schermi una rilettura moderna della favole di Gianbattista Basile. Purtroppo nessuno dei tre film è stato premiato a Cannes (la Palma d’oro è andata Jacques Audiard per Dheepan) ma resta l’incoraggiante certezza di aver portato al Festival dei lavori cinematografici di alta qualità. Il film di cui oggi voglio parlarvi è quello di Garrone, probabilmente il meno apprezzato della triade italica presente alla kermesse.

Nel Racconto dei Racconti, il regista di Gomorra e di Reality, si è confrontato con l’opera letteraria del ‘600 Lo cunto de li cunti, offrendo una versione personale e pittorica del classico partenopeo.

La pellicola di Garrone racconta tre delle cinquanta storie elaborate da Basile. Nella prima storia, ‘La cerva fatata’, una regina (Salma Hayek), ossessionata dal desiderio di avere un figlio, mangia su consiglio di un negromante il cuore di un drago cucinato da una giovane vergine. Inaspettatamente anche la fanciulla resta gravida e, il giorno seguente, le due donne partoriscono due figli albini, praticamente gemelli, legati da un filo invisibile che la regina vuole spezzare.

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Nella seconda favola, ‘La Pulce’, il re di Altomonte (Toby Jones) si affeziona a una pulce e l’alleva con cura, fino a farla diventare grossa come un maiale. Quando la bestiola muore, il re la scuoia e promette la mano della figlia Viola a chi indovinerà l’enigma di quella pelle. Il fortunato è un terribile orco che porta l’infelice principessa nella sua grotta da cui la giovine vuole fuggire.

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La terza storia, intitolata ‘La vecchia scorticata’, ha come protagonista il re di Roccaforte (Vincent Cassel), che si innamora della suddita Dora (Hayley Carmichael) solo ascoltando la sua voce. Il re però ignora che la donna è un’umile vecchia che vive con la sorella Imma (Shirley Henderson) in una casa malandata. Dora cerca in tutti modi di sembrare più giovane e riesce, tramite un incantesimo, a diventarlo davvero, suscitando l’invidia dell’anziana sorella che brama lo stesso privilegio.

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Il film di Garrone è profondamente visivo. Il regista condisce i topoi della tradizione favolistica con le fantasie cromatiche della pittura fiamminga. Le scene del cortometraggio ricordano infatti le tele di Jan van Eyck, per i colori vivi, intensi, marcati, per la cura estetica del dettaglio e il lirismo iconografico. I racconti non mancano di sfumature horror né di scene raccapriccianti, non mancano d’incantesimi, orchi, draghi, saltimbanchi. Tuttavia non ci troviamo davanti al classico fantasy: gli scenari raffigurati sono reali, i sentimenti sono reali. L’amore, l’invidia, il desiderio, l’egoismo ma soprattutto l’ossessione, deformano e trasformano i personaggi, li distruggono logorandoli lentamente. Ciascuno resta solo con i propri demoni, costretto a espiare le proprie colpe. A mio avviso il film non è un capolavoro, risulta a tratti disturbante, manca l’approfondimento canonico del percorso di formazione e il finale è un troppo impacciato. Non ha il respiro del  napoletano, ma d’altronde l’intenzione del regista era di mascherare l’umorismo delle favole di Basile con una pennellata di malinconia e raffigurare la grottesca drammaticità dell’animo umano. Consiglio comunque di vederlo. È pur sempre il Racconto dei Racconti.

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