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La Paranza dei Bambini per l’MTM di Milano

di Cinzia Cicatelli

Ieri ho assistito allo spettacolo La Paranza dei Bambini, tratto dall’omonimo best seller di Roberto Saviano e andato in scena per l’MTM di Milano al Teatro Leonardo.

Spendo subito due parole sulla rappresentazione in sensu stricto: lo spettacolo co-prodotto da Marche Teatro e Teatro Carcano Centro d’Arte Contemporanea – partnership AMREF, nasce da un progetto del  Nuovo Teatro Sanità, che è riuscito a costruire un’oasi di professionalità ed arte per i giovani in uno dei quartieri più difficili di Napoli.

Il Nuovo Teatro Sanità è un’isola di pace creatività e possibilità. Lì dove il talento di questi ragazzi, spesso costretto a frustrarsi a comprimersi dentro le modalità della violenza, diventa interpretazione, maschera, purificazione. Il Nuovo Teatro Sanità è la Sanità: è un luogo che si relaziona al quartiere e da questo viene migliorato. Non sottrae al quartiere giovani per promettere loro una vita migliore, ma dà al quartiere formazione e risorse, pagando ad esempio corsi di teatro e iscrizioni all’università. Il Nuovo Teatro Sanità è la speranza dove ormai tutti credono che non ce ne sia più, anche e soprattutto chi ci vive.

Roberto Saviano

 

 I protagonisti de La Paranza dei Bambini sono, quindi, giovani attori napoletani, guidati dall’accorta regia di Mario Gelardi, e che interpretano in maniera decisamente realistica e convincente i soggetti  del delicato quanto controverso ambiente delle paranze napoletane, di quelle baby gang che talvolta spaventano molto più dell’establishment camorristico di vecchio stampo.

Non c’è niente di più spaventoso e preoccupante dell’incoscienza e della spavalderia dei ragazzini, del loro giocare a dadi con la vita e la morte, del fattore “imprevedibilità” che iniettano come un veleno in ogni evento: una rapina può diventare una strage, uno screzio trasformarsi in una faida, uno sguardo di traverso portare ad un assassinio a sangue freddo.

Da napoletana riconosco perfettamente quegli atteggiamenti, quella filosofia quasi jihadista – che non a caso viene citata durante lo spettacolo – secondo cui “l’uomo con le palle” è quello che si prende quello che vuole, senza curarsi dei danni a cose o persone o perfino a sé stessi.

Davvero notevole è la mimica dei vari personaggi, in particolare quella del Maharajà (Riccardo Ciccarelli), che riproduce perfettamente quella dei baby criminals: la camminata “uappa” e scimmiesca, la volgarità dei gesti e delle parole nonché la prepotenza con cui domina fisicamente l’ambiente scenico. Sì, perché anche attraverso il corpo i baby camorristi esprimono strafottenza e arroganza, e le scene di Armando Alovisi si sono ben prestate allo scopo, ricreando un ambiento asettico e selvaggio con scene mobili quasi a ricreare gabbie dove l’animalità può esprimersi con salti e corse.

Una menzione speciale va al bravissimo Luigi Bignone alias Dumbo, che regala una nota di ironia in cui ho visto la Napoli più vera e che spezza, in particolar modo durante la gag con Don Vittorio,  il soffocante loop di sparatorie ed esaltazioni camorristiche.

la paranza dei bambini teatro

Digerire queste tematiche è molto difficile, perché quando sei napoletano certe cose fanno davvero male, sono un pugno allo stomaco e una stretta al cuore e quando te le trovi rappresentate in tutte la loro cruda verità è difficile trattenere le lacrime. Ma non sono lacrime di commozione, sono lacrime di rabbia, di ansia, di paura. Quella paura con cui conviviamo, che ci accompagna ogni momento della giornata nei luoghi in cui non ci sentiamo troppo al sicuro (come un vicolo meno illuminato o la traversa di un quartiere più difficile anche se nel centro di Napoli). Quella paura che ti fa temere anche se vedi un gruppo di bambini per strada. Quella paura ci ha reso immuni, talvolta, al peggio, perché ce lo aspettiamo in ogni momento.la paranza dei bambini

Ma il tragico epilogo finale de La Paranza dei Bambini ci mette in guardia e ci dice senza mezzi termini che violenza genera violenza, morte genera morte e una volta superato il limite dell’umanità non ci aspetta altro che un tunnel di dolore senza via d’uscita.

Spero basti guardare i miei spettacoli per capire che non c’è alcuna esaltazione del crimine o della delinquenza. La miseria umana di chi sceglie la parte nera della vita è evidente anche in questo lavoro.

Mario Gelardi

Napoli, bella e dannata. Ma qual è quindi la verità? La splendida città di mare, con gente allegra e accogliente o i vicoli cupi con colpi di pistola ad ogni ora? La verità è nel mezzo, ma è fondamentale conoscere le due facce della medaglia. Perché se non si conosce il nemico non lo si può combattere e fino a prova contraria la verità non hai mai fatto male a nessuno, anzi! Sono la negazione, l’omertà e le bugie ad aver instillato il virus nella nostra società rendendola una epidemia.

Bravi ragazzi, in bocca al lupo!

 

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