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Paperman, emozioni su ali di carta

di Cinzia Cicatelli

Sono gli anni quaranta. È una Manhattan fredda e silenziosa, quasi anonima, molto lontana dalle luci al neon della tanto ammirata e affollata Times Square. Un giovane distratto aspetta la metro, reggendo la pila di documenti su cui dovrà lavorare. Lo sguardo è annoiato, perso nel vuoto di una giornata che si profila come tante, ma d’un tratto un foglio trascinato dal vento gli si incolla addosso e due mani cercano di afferrarlo: è Meg, che timida ed impacciata gli si ferma accanto. Le loro vite si incrociano in un casuale gioco di sguardi. Un’altra folata di vento questa volta fa scappare una delle scartoffie di George. Il rossetto di lei si stampa sulla pagina. Lui sorride, si volta, ma lei non c’è più, seduta in un vagone diretta chissà dove. Un ultimo triste sguardo sugella una tacita promessa di incontrarsi di nuovo.

papermanInizia così Paperman, capolavoro prodotto dai Walt Disney Animation Studios, che ha vinto il premio come miglior cortometraggio d’animazione agli Oscar 2013. Il regista John Khars – all’epoca alla sua opera prima – punta su un nuovo stile, che mescola i risultati più avanzati del montaggio digitale con la bellezza del disegno a mano libera; vecchio e nuovo si fondono in maniera perfetta, accontentando sia il pubblico più avanguardista che gli accaniti cinefili vintage. Eppure, la pregevolezza tecnica e la strepitosa colonna sonora del canadese Christophe Beck non bastano a spiegare l’inaspettata popolarità di questo short film. Cos’ha, quindi, di speciale Paperman? Perché ha meritato la statuetta d’oro?

Perché Paperman è emozione, è sei minuti di poesia impressa su fotogrammi.

La parola chiave di questo incantevole cammeo animato è semplicità. Paperman è la declinazione della semplicità in tutte le sue forme. Vederlo è un po’ come innamorarsi: senza accorcergene ci ritroviamo ad esserlo, sappiamo di amarlo pur non riuscendo a spiegare bene il perché. La trama non spicca per originalità – c’è solo un giovane che si serve di carta e determinazione per andare incontro al suo destino – non ci sono colpi di scena, né effetti speciali, né dialoghi. Ciononostante questa pellicola emoziona. Finiamo per tifare per il protagonista nella sua disperata ricerca dell’anima gemella (in realtà questo non lo sappiamo, ma ci piace credere all’happily ever after). Ed eccoci sulle nostre poltrone a guardare estatici ed incantati il fragile aeroplanino di carta sfidare la fortuna e le leggi di gravità. Incollati allo schermo, e fingendo una compostezza che nel frattempo abbiamo perso già nei primi tre bellissimi minuti, sussultiamo ad ogni tentativo fallito. Dentro di noi, però, qualcosa non si spegne, anzi si accende: è la speranza, la determinazione, il desiderio.

Sapete perché è così magica l’immagine di un aereoplano che vola verso il proprio amore? Perché per sua natura un aereoplanino non è fatto per volare. La sua struttura non gli permette altro che una breve quanto catastrofica parabola nel cielo. Eppure, quel timido aeroplanino rappresenta il più umile e dolce e disperato tentativo di raggiungere un sogno. Vederlo affrontare coraggioso l’immensità del cielo ci emoziona e ci incanta. Chi, come George, non ha mai provato a mettere le ali al proprio sogno più grande?

Buona visione.

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4 comments

Dadi2187 14 Marzo 2013 - 10:22 pm

Dolcissimo. Guido.

Cinzia Cicatelli 16 Marzo 2013 - 5:27 pm

Grazie Guido <3 ho cercato di trasmettere proprio questo, perché la "potenza" di questo cortometraggio è proprio la dolcezza insieme alla semplicità!

Dadi2187 16 Marzo 2013 - 7:22 pm

Già ! 😉

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