Il più grave caso di dejà vu, finora documentato, è la particolare storia di un ventritenne britannico intrappolato in questa sensazione erronea da circa dieci anni .
Immaginate di credere di aver già vissuto ogni istante delle vostra vita.
Immaginate di vivere in un continuo replay, di credere di aver già assistito a quella scena e di sapere come vada a finire.
Non parliamo di veggenza e non parliamo di magia. Qui parliamo di un disturbo noto come Dejà vu e di un ragazzo intrappolato nei falsi ricordi della sua mente da 8 anni.
La storia inizia così: sin da piccolo il ragazzo mostra atteggiamenti compulsivi. L’igiene diventa una vera e propria ossessione e, per scaricare l’ansia di un’eventuale aggressione batterica, inizia a lavarsi continuamente le mani e fare decine di docce al giorno. Dopo un po’ iniziano a comparire i primi segni di depressione ed, al liceo, insorgono anche diversi disturbi d’ansia.
Se il tutto si fermasse qui, la cosa desterebbe preoccupazione, vero, ma un qualsiasi psichiatra saprebbe come affrontare il paziente. Il quadro però all’università inizia a complicarsi: gli sporadici dejà vu degli anni precedenti iniziano a divenire sempre più frequenti. Ogni esame è un esame già sostenuto ed ogni lezione una lezione già seguita. L’angoscia per questa sensazione cresce sempre più fino a spingere il ragazzo all’abbandono degli studi ed all’inizio di una reclusione in casa per non entrare in contatto con il mondo già conosciuto in ogni sua parte.
Il suo loop temporale peggiora sempre più e con esso anche i disturbi associati: perché leggere un giornale se conoscete già quello che c’è scritto? Perché vedere la tv, se ciò che viene trasmesso è stato già visto? Perché parlare con qualcuno se si conosce già ogni pausa, accento ed intonazione dell’interlocutore? Meglio un isolamento totale.
Ecco perchè probabilmente quello del giovane britannico è considerato il più grave caso di Dejà vu al mondo!
Così, il caso del ventitreenne intrappolato nei suoi Dejà vu arriva sotto la lente della Dott.ssa Christine Wells, che in uno studio pubblicato sul Journal of Medical Case Reports spiega: “in genere un Dejà vu è caratterizzato da un forte senso di familiarità per l’esperienza vissuta, anche se resta la consapevolezza che il tutto non sia realmente già accaduto. Invece, in questo caso, piuttosto che semplici sensazioni inquietanti di familiarità, il nostro soggetto era convinto di recuperare effettivamente esperienze precedenti già impresse nella memoria.” Molti casi simili, ma non così eclatanti, sono spesso associati ad epilessie o demenze. I test neurologici hanno però dato tutti esito negativo. Il circolo vizioso, in questo caso, sembra scaturire da una forte ansia che causerebbe un firig neuronale con conseguente Dejà vu. Quest’ultimo, a sua volta, farebbe aumentare l’ansia. “Se questa teoria venisse confermata, ci troveremmo di fronte al primo caso al mondo di dejà vu psicogeno” continua la Dott.ssa Wells.
Inoltre, la teoria più accreditata sull’insorgenza dei Dejà-vu richiama un danno neuronale nel lobo temporale. Nel caso succitato, da studi anamnestici dettagliati, si è notato che il disturbo è peggiorato dopo l’assunzione da parte del paziente di LSD, sostanza che potrebbe causare un danno simile. Ma siccome l’uso è stato isolato, si pensa possa esser stato uno starter, ma non la causa del ripetersi della spiacevole sensazione.
Il team messo su dalla Dott.ssa Wells ad oggi annovera studiosi canadesi, francesi e britannici che unanimemente hanno espresso la necessità di intraprendere ulteriori e più approfonditi studi sull’associazione tra ansia e Dejà-vu. Seguiranno quindi aggiornamenti, nella speranza che il ragazzo possa uscire finalmente da questo maledetto loop temporale.
Infine, chiudiamo il nostro racconto consigliando due film che trattano il tema del Dejà vu e del Loop temporale, rispettivamente Dejà-vu di Tony Scott e Ricomincio da capo con Bill Murray
