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Qualcuno volò sul nido del cuculo: al Teatro Bellini in scena la follia

di Claudia Esposito

Che Qualcuno volò sul nido del cuculo sia uno degli spettacoli più attesi dell’intera stagione teatrale napoletana si sente, si vede, si percepisce dall’entusiasmo della folla in attesa, dal foyer gremito di giornalisti e ammiratori che si sono riuniti lo scorso 1 aprile per assistere al dibattito sulla nuova pièce teatrale che debutterà al Teatro Bellini il 10 aprile 2015. Alessandro Gassmann, Maurizio De Giovanni, Daniele Russo e Elisabetta Valgoi hanno risposto alle domande di Alessandro Toppi, direttore de Il Pickwick, con grande garbo e disponibilità.

Di fronte all’attenzione suscitata dal progetto, risulta inevitabile chiedersi, con un velo di tristezza, come sia possibile che ad oggi un teatro come il Bellini risulti escluso dai Teatri di Rilevante Interesse Culturale, nonostante l’ottimo lavoro dei fratelli Russo e l’impegno profuso nel creare un tabellone vario, sperimentale, che ha chiaramente dato i suoi frutti visto il successo delle iniziative. Che sia proprio qui la prima assoluta di un progetto così importante, oserei dire mastodontico, come Qualcuno volò sul nido del cuculo, credo sia un segnale molto preciso: il Bellini c’è. E con grandi talenti.

Lo spettacolo cala un poker d’assi di tutto rispetto: Alessandro Gassmann alla regia, Maurizio De Giovanni all’adattamento del testo, e due protagonisti del calibro di Daniele Russo, nel ruolo di Dario Danise, e Elisabetta Valgoi, che interpreta la luciferina Suor Lucia. Li affianca un cast numeroso, con Gilberto Gliozzi, Mauro Marino, Daniele Marino, Marco Cavicchioli, Alfredo Angelici e Giacomo Rosselli nei ruoli degli “acuti” reclusi e Giulio F. Janni, Gabriele Granito, Antimo Casertano e Giulia Merelli per il personale dell’ospedale psichiatrico.

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Agli bravura degli interpreti fa immediatamente riferimento Alessandro Gassmann, dicendo di aver pensato a questo progetto già 5 anni fa e di aver avuto difficoltà nel trovare degli attori adeguati per un testo e una tematica così delicati. Il personaggio di Dario, in particolare, interpretato dal talentuoso Daniele Russo, presenta una caratterizzazione particolarmente complessa: il regista lo definisce un cane sciolto, che vive ai margini della società, in un contesto di illegalità e ignoranza; nonostante queste scoraggianti premesse, però, Dario possiede bontà d’animo e grande empatia nei confronti degli altri sfortunati detenuti, tanto da ergersi paladino della libertà contro un sistema repressivo, ingiusto e crudele. La stessa Suor Lucia, interpretata da Elisabetta Valgoi, non è una semplice antagonista: convinta di essere totalmente nel giusto e di non far parte della schiera dei “matti”, risulta in realtà particolarmente fragile, folle, umana.

Il tema risulta inoltre inaspettatamente attuale, data la recente chiusura di anche gli ultimi OPG rimasti in Italia il 30 marzo. Gassmann spiega che argomenti quali la malattia, la diversità, la coercizione, la discriminazione sono da sempre al centro delle sue riflessioni, e questo spettacolo gli ha permesso di svilupparne a pieno le potenzialità. Con la speranza di riuscire a coinvolgere ed emozionare il pubblico, il regista ha messo a punto uno spettacolo che si propone come vera e propria lezione di impegno civile e, più in generale, come metafora sullo scontro ancestrale tra Individuo e Potere costituito, in un antagonismo che ricorda quello delle grande tragedie classiche. Attraverso un vero e proprio scontro titanico, simboleggiato dalla “lotta di potere” tra Dario e Suor Lucia, la vicenda diventa emblematica e porta ad identificare quello che da sempre viene negato a chi non è “normale”:

La speranza di essere compresi, di poter assumere il controllo della propria vita, la speranza di essere liberi.” (dalle note alla regia di A. Gassmann)

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Alessandro Toppi, che ha avuto la possibilità di prendere visione del copione in anteprima, ci tiene a far presente che lo spettacolo è assolutamente distante dal film cult di Milos Forman; autore e regista teatrali hanno preferito attenersi al romanzo di Ken Kesey e, soprattutto, all’adattamento per Broadway del 1971 ad opera di Wasserman. Le differenze con il testo teatrale originale però sono notevoli: nonostante Maurizio De Giovanni si definisca simpaticamente un umile “tappezziere”, che si è limitato a cucire un “copridivano” per una scrittura di per sé fantastica, emerge il suo raffinato lavoro di avvicinamento del contesto e della vicenda, affinché il pubblico italiano possa coglierne al meglio ogni sfumatura. De Giovanni parla della caratterizzazione dei personaggi come sfida, ma anche diletto maggiore, soprattutto nel suo tentativo di far venire fuori la bellezza della fragilità delle menti e degli “equilibri negli squilibri” dei protagonisti. Sebbene l’autore ci tenga a precisare che i personaggi del testo originale sono universali e riutilizzabili in qualsiasi contesto, ammette che il lavoro di Wasserman è profondamente statunitense, nello spirito e nelle ambientazioni, legato agli eventi degli anni ’50 e alla mentalità della middle class a stelle e strisce. Così al country, il baseball e il sogno americano, De Giovanni sostituisce la realtà tutta italiana di un ospedale psichiatrico di Aversa, nel 1982, l’anno della vittoria dell’Italia ai mondiali. Dalle note dell’autore:

Io ho provato a trasportarne gli elementi primari in un tempo e in uno spazio più vicini, per vedere se anche in un luogo disperato e terribile come un ospedale psichiatrico della nostra tormentata Campania e in un tempo di urla e silenzi come i primi anni Ottanta potevano sopravvivere le amicizie, i rancori e le tenerezze di questa meravigliosa e delicatissima Storia”.

Naturale che l’adattamento del contesto non possa essere disgiunto da quello linguistico: se è vero che il teatro è la forma d’arte che ha maggiore necessità di aderenza alla realtà, allora non si è potuto prescindere dall’uso di una lingua realmente parlata, quindi dal dialetto e dall’inflessione regionale.

Nella stessa ottica sono state modificate, rispetto alla versione originale, le musiche, composte da Pivio & Aldo De Scalzi, che inevitabilmente hanno scelto di allontanarsi dalle atmosfere tutte statunitensi del country.

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Uno spettacolo importante, dunque, coraggioso e ambizioso, che pone interrogativi importanti e mette in scena un argomento complesso e in alcuni casi quasi scabroso. Del resto è ciò che il grande Teatro dovrebbe fare.

Attendiamo fiduciosi la prima.

Stay tuned.

Info spettacoli:

Dove: Teatro Bellini, Via Conte di Ruvo 14, Napoli

Quando: dal 10 al 19 aprile 2015

Orari: martedì, giovedì, venerdì e sabato alle 21:00, mercoledì, sabato 11 e domenica alle 17:30

Durata: 2 ore con intervallo

Ingresso: dai 12 ai 30 euro

Orari botteghino: dal lunedì al sabato dalle 10:30 alle 13:30 e dalle 16:00 alle 19:00. La domenica dalle 10:30 alle 13:00

Tickets on line: Azzurro Service 

Pagina Facebook: Teatro Bellini fb

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