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qualcuno volò sul nido del cuculo

Qualcuno volò sul nido del cuculo – Una passeggiata nella follia della mente umana, in scena al Teatro Bellini

by Carmen Capasso
Ero emozionata prima, lo sono stata durante, non ha deluso le mie aspettative poi. Appena uscita dalla raccolta, ma sempre maestosa, sala del Teatro Bellini di Napoli, dopo aver ammirato “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, che apre così la sua coloratissima stagione teatrale, il mio stato d’animo era un misto tra emozione e profonda tenerezza per quello che avevo appena visto.Quasi tre ore di spettacolo, in un susseguirsi di eventi perfettamente incastrati tra loro, mai pesanti, mai lenti, mai ripetitivi, creati ad hoc per tenerti incollato con gli occhi sul palco.

qualcuno volò sul nido del cuculo

“Qualcuno volò sul nido del cuculo” è un romanzo di Ken Kesey che scrisse dopo aver lavorato come volontario in un ospedale psichiatrico californiano. Nel 1971 Dale Wassermann realizzò un adattamento scenico per Broadway in base alla sceneggiatura dell’omonimo film di Milos Forman, con un memorabile Jack Nicholson. Oggi torna in scena grazie all’adattamento teatrale dello scrittore Maurizio De Giovanni il quale ha “napoletanizzato” il romanzo omonimo. Alessandro Gassman, invece, ha ideato un allestimento personalissimo, elegante e contemporaneo, e diretto un cast eccezionale. Si destreggia nel labirinto della follia e ciò che ne viene fuori è un grido di libertà.

Certo il tocco cinefilo c’è, si vede, e ci piace tantissimo. Gli attori recitano tutto il tempo dietro un velo quasi impercettibile, sul quale si proiettano in certe scene, i desideri, i sogni, le speranze della mente umana. Molto d’effetto, ti lascia spiazzato e senza fiato in alcuni momenti.
qualcuno volò sul nido del cuculo
Il nido del cuculo, (the cuckoo’s nest) al quale si fa riferimento nel titolo, è una delle molte espressioni del gergo americano che indicano il manicomio. Ma la cosa che mi ha più colpito è che il cuculo, l’uccello, è noto per la sua peculiare caratteristica del parassitismo di cova. Infatti egli depone il proprio uovo all’interno del nido di altri uccelli. La femmina depone un solo uovo in ogni nido, uovo molto simile a quelle della specie “ospite“. Alla schiusa, il piccolo del cuculo, con l’aiuto del dorso, si sbarazza delle altre uova non ancora schiuse presenti nel nido rimanendo quindi come unico ospite del nido. I genitori adottivi vengono ingannati da questo comportamento e nutrono il cuculo come se fosse un proprio figlio. Questo tipico comportamento del cuculo, ha dato origine nella lingua italiana all’espressione toscana “fare il cuculo”,  al sostantivo “cucco” inteso come “uomo ingannato dalla moglie”. Ed è proprio così, i “pazzarielli” non sono che dei cucchi, colpevoli di credere che le debolezze della mente umana possano essere dei disturbi psichici, piegati da una società che mangia i più deboli e infligge il peso della diversità.
qualcuno volò sul nido del cuculoSiamo nel 1982, nell’ospedale psichiatrico di Aversa.
Se nell’82, il tema toccava sensibilmente l’opinione pubblica data la crescita delle polemiche sulle condizioni sociali dei soggetti psichiatrici, riproposto oggi, rimette in discussione la questione in seguito alla chiusura definitiva dei tanto maledetti Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Nell’aere si respira privazione della libertà, diversità, paura, senza smettere di toccare quasi con mano la speranza. Il gruppo dei malati dai disturbi molteplici e spesso immaginari, è tenuto sotto una rigida disciplina dagli operatori della struttura con a capo una terribile Suor Lucia. Ma lo scompiglio vero e proprio non è dato dalla follia, sarà portato dall’irriverente Dario Danise, delinquente, che per scampare al carcere di fa credere matto. Porterà trambusto e disordine, ma sarà lui la medicina più efficace che i sette “pazzarielli” potessero mai desiderare. La sua carica vitale, aiuterà a risvegliare la loro sopita voglia di esprimere emozioni e desideri, al punto da spingerli a riprendere il controllo della loro vita, mossi da un sentimento che arde dal profondo: l’amore per la libertà, in tutte le sue forme.
E’ un continuo grido di denuncia che scuote le coscienze e fa riflettere. Il finale dovrebbe lasciarti l’amaro in bocca, e proprio quando pensi che sia finita così, ecco l’ultima scena, di pochissimi minuti che ti stravolge completamente e mette tutto al suo posto. E tu non puoi che uscire felice e grato di aver visto uno spettacolo così.

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