I BARBARI e la riscoperta dell’arte barbarica- la luce dei secoli bui

Il Medioevo, il periodo dei Barbari definito a lungo quello dei “secoli bui”, l’età che ci è stata sempre presentata come quella dello smarrimento, è pronta a mostrarsi in una veste diversa e inaspettata. Un viaggio all’interno di una cultura e di una produzione artistica che si fa avanti a forza ed è pronta a stupirci, smentirci e, soprattutto, abbagliarci. Viaggio all’interno del Medioevo visto sotto un’altra luce e incontro con popoli a lungo fraintesi: i cosiddetti barbari.

Il 476 d.C. è anno di un evento che sconvolgerà la storia del mondo e segnerà l’inizio di questo vasto periodo definito medioevo che segnerà fortemente la storia del nostro mondo: il crollo dell’impero romano d’Occidente. Quel vasto impero che aveva dominato a lungo dalle terre gelide bagnate dai mari del Nord alle terre africane del Sud, dall’Oceano Atlantico a Ovest alle coste del Mar Baltico ad Est, si sfalda. Una luce salda e forte come quella dell’impero romano comincia a diventare fioca già prima di questa data a causa di una non trascurabile minaccia e pressione lungo i confini dell’impero da parte dei cosiddetti barbari. In questo quadro si espandono popoli come gli Unni, Goti, i Visigoti e gli Ostrogoti, i Vandali: tutti definiti “barbari”, provenienti, si ritiene, dall’Europa settentrionale. Chi sono questi barbari e perché sono così definiti? Il termine deriva da bar-bar,  inteso come “coloro che balbettano”, utilizzato dai greci per designare popoli la cui lingua era incomprensibile e diversa dalla loro: per i romani il termine barbaro sarà utilizzato per designare chiunque non sia romano.

Gli Unni, provenienti dalle steppe euroasiatiche dell’estremo est, sono descritti come rozzi, mangiatori di carne umana. Si gettano in battaglia indossando pelli di lupo sulle loro teste e urlando come demoni. In realtà sono i cristiani a descriverli in questa veste e il loro scopo è, sempre e indistintamente, quello di demonizzare i pagani. Il loro re, Attila, soprannominato “flagellum Dei” (flagello di Dio), è ricordato come uno dei personaggi più malvagi della storia, ma cosa c’è di vero? All’età di 15 anni parlava 8 lingue, portò il suo impero ad una potenza tale da poter sfidare l’intoccabile impero romano: le loro incursioni erano così temute che alla sola minaccia di invadere territorio dei romani, ricevevano da questi valanghe di monete in oro, arrivando a ricevere 1.133 Kg di oro all’anno. E’ dalla loro fama di guerrieri abili che traggono la materia che amano in maniera smisurata: l’oro. Cosa ne fanno di queste monete? Le fondono e le trasformano in arte. Sono note le loro abbaglianti corone ricche di gemme: le posizionano sui loro crani allungati e innaturali che hanno deformato con rituali attraverso cui le teste dei neonati sono bendate saldamente.

Il loro, essendo sempre in movimento, è un rapporto creativo che si intreccia con la natura, e gli animali sono una componente fissa delle loro creazioni. Al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo una serie di interessanti produzioni zoomorfe, che rappresentano per lo più lupi e aquile, in oro con pietre preziose incastonate di colore generalmente rosso e aggiunta di smalto:  fibule (spille), bracciali, collane. Simbolo del contributo degli Unni alla nostra civiltà sono i pezzi esposti al Kunsthistorisches Museum di Vienna: 23 sublimi recipienti di una tale ricchezza da aver portato, dopo il rinvenimento del 1799, a pensare di trovarsi davanti al servizio da banchetto dello stesso Attila. Quasi 10 Kg di oro in raffinate produzioni tra cui spiccano alcune coppe conformate a testa di toro che ci mettono davanti ad espressioni artistiche dalla inconfutabile grandezza.

Barbari? Li definireste ancora “barbari”?

Il nostro viaggio tra i “barbari” non termina qui! Prossimamente: al Nord, tra le terre gelide dei Vichinghi.

Immagini desunte da “Attila e gli Unni: mostra itinerante”

Veronica Cimmino: Femminista. Entusiasta. Mi piacciono i libri, e l’odore della carta; amo i cavalli, l’odore della pioggia, i treni, le stazioni, le ultime chiamate. Ossessionata dal gesto artistico, sono interessata a qualsiasi espressione umana. Mi interessano le tradizioni, le persone, gli atteggiamenti. Il teatro: Dio salvi il teatro! (anche se sono agnostica). L’architettura, le chiese, Borromini: la luce. Amante dei monologhi, delle introspezioni, del flusso dei pensieri; questo spiega solo in parte la mia ossessione per Virginia Woolf, e mi sento quasi costretta a citarla, perché forse nulla potrebbe descrivermi meglio di quando afferma: “[…] I’m not one of those who find their satisfaction in one person, or in infinity”.

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