Farsi Male Per Stare Meglio – Il Cutting: le Ferite che parlano

Cosa induce i giovani a praticare il cutting?

Il nostro corpo è un prezioso contenitore di ciò che viviamo ogni giorno. Grazie ad esso sperimentiamo, nel bene e nel male, ciò che la vita ha in serbo per noi: gioie e dolori, salute e malattia, malessere o benessere passano attraverso il nostro corpo. In modo particolare, durante l’adolescenza, il corpo è il centro delle nostre attenzioni, perché si trasforma, perché si inizia ad amare con esso e lo si può usare per esprimere il proprio dolore.

Sempre più diffuso tra i nostri adolescenti è il fenomeno del cutting, cioè una forma di autolesionismo che prevede in particolare tagli ma anche ustioni, graffi o ematomi in varie parti del corpo come braccia o gambe.

L’Istituto di Ortofonologia di Roma ha raccolto dati su questo fenomeno su un campione di ragazzi, che si sono rivolti a vari sportelli di ascolto messi a disposizione dalle scuole. Dai dati raccolti è emerso che il fenomeno riguarda in particolare il genere femminile con un’alta percentuale intorno ai 12-14 anni.

La pratica del cutting serve a controllare e interrompere un dolore mentale insostenibile; l’intensa angoscia cerca di essere sostituita con il dolore fisico.

Il taglio sul corpo rappresenta una fessura da cui far fuoriuscire ciò che l’adolescente non riesce a tollerare dentro di sé. Un dolore troppo forte, una tristezza troppo grande spingono l’adolescente verso la solitudine, a nutrire rabbia verso se stessi tanto da odiarsi giungendo a ledere la propria fisicità. I segni e le cicatrici raccontano ciò che ragazzi e ragazze non sono in grado di esprimere.

Il cutting per gli adolescenti

Crescere bene è difficile e l’adolescenza è la fase del ciclo vitale in cui si portano avanti battaglie a più livelli: si è in cerca dell’indipendenza dai genitori, si affronta la maturazione del corpo e della sessualità, si è in cerca di un terreno su cui piantare le radici della propria identità. Qualche adolescente può non reggere la pressione della crescita a cui si associano condizioni relazionali familiari o tra pari che poco supportano e facilitano il passaggio evolutivo.

Il cutting non è per l’adolescente un modo per attirare l’attenzione, non è un atto di esibizionismo, tant’è che di solito le ferite sono inflitte in privato e si cerca in tutti i modi di nasconderle.

Il taglio, la bruciatura o i graffi sono un modo per fronteggiare l’angoscia e l’adolescente parla a se stesso attraverso le ferite dell’immenso dolore che non sa fronteggiare, perché almeno sul proprio corpo può esercitare il controllo.

L’adolescente autolesionista vive una condizione paradossale in cui si fa del male per stare meglio.

Elisabetta Cristofaro: Psicologa e specializzanda in psicoterapia sistemico-relazionale. Amante di tutto ciò che è semplice: chiacchiere tra amici, buon cibo e un bel film. Credo molto nel contatto tra le persone e nelle relazioni come elisir di buona vita.

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