Il tormento sulla tela: Vincent Van Gogh e le sue opere

Vincent Van Gogh è una delle personalità più ambigue della storia dell’arte, di origini olandesi e dalle fonti descritto come un uomo dalla forte instabilità mentale.Vincent Van Gogh è ricordato da molti per i suoi grandi capolavori tra cui annovero: La camera ad Arles (1888), I girasoli (1889), La notte stellata (1889); da molti altri è invece ricordato per un episodio che lo vide tagliarsi l’orecchio, ma questo è ciò che ci è tramandato dai libri. Si tratta della verità?

Secondo le biografie dell’artista, questo, nella primavera del 1888, si sarebbe trasferito ad Arles, in Provenza, dove ad ottobre l’aveva raggiunto l’amico Paul Gauguin. Dopo i primi tempi di collaborazione artistica i rapporti tra i due si incrinano. Pochi giorni dopo, secondo quanto racconta Gauguin, Van Gogh tenta di colpirlo con un rasoio e lui, spaventato, lascia la casa. Durante la notte Van Gogh, in preda al delirio, si taglia il lobo dell’orecchio e sviene; intanto l’amico Gauguin è già partito per Parigi. Secondo i critici questa ferita lo porterà al delirio, che, nel giro di 7 mesi, lo condurrà alla morte. Nel luglio del 1890 l’artista si suiciderà con un colpo di pistola. Questa la versione ufficiale.

Due studiosi tedeschi, Hans Kaufmann e Rita Wildegans, grazie all’esame dei rapporti di polizia dell’epoca, hanno guardato al “Dramma di Arles” con una nuova luce. Ecco la loro versione: Van Gogh e Gauguin litigarono brutalmente, forse a causa del fatto che Gauguin volesse partire e Van Gogh non sopportava l’idea di essere abbandonato. Per difendersi dall’aggressione Gauguin lo colpisce all’orecchio con la spada  e prima di fuggire inventa la versione dell’automutilazione, che Vincent stesso confesserà alla polizia. Non confesserà mai la verità, forse perché sperava che Gauguin tornasse o perché semplicemente lo  adorava. Probabilmente, la mutilazione più famosa della storia dell’arte, è solo la conseguenza di un litigio. In ogni caso molti sono i dubbiosi: alcuni critici ritengono quest’ultima versione ridicola, altri la ritengono plausibile.

Sono in molti a  sostenere che la sua ultima opera fu Campo di grano con volo di corvi” (1890), conservato oggi al Vincent Van Gogh Museum di Amsterdam. L’opera è vista non come una riproduzione della realtà, ma dello stato d’animo dell’artista. La divisione tra il campo di grano e il cielo è molto netta, quest’ultimo appare di un blu intenso, come se una perturbazione stesse per sopraggiungere. Il campo di grano è tagliato in due da una strada obbligata che conduce verso il niente. Un viaggio senza destinazione, anzi, verso la morte, e i corvi ne sono il presagio. La rinuncia alle trasparenze lascia il posto ad una pittura densa e corposa che sembra rispecchiare uno stato d’animo profondamente alterato. Il campo evoca un’inquietudine che non ci lascia pace. La visione di un paesaggio, di un cielo, di un interno, sono per Van Gogh il pretesto per dipingere la propria condizione interiore. Il male di vivere e lo squilibrio mentale: ci sono tutti. A pochi giorni dalla morte:

Lettera del luglio 1890 “Mi sono rimesso al lavoro, anche se il pennello quasi mi casca dalla mano, e , sapendo perfettamente ciò che volevo, ho ancora dipinto… tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la tristezza, l’estrema solitudine.”

Come spesso capita un’arte può salvare, che si tratti di scrittura, di letteratura, di musica o in questo caso di pittura; o può dannare. Le lettere di Vincent Van Gogh ritrovate sono un prezioso strumento di interpretazione della sua personalità e, soprattutto, della sua “malattia”. La sua medicina sembra definita da egli stesso la pittura, in cui dava sfogo alle sue tensioni:

Lettera del settembre 1889 “Fratello mio caro – è sempre in un intervallo di lavoro che ti scrivo- fatico come un vero ossesso, provo più che mai un furore sordo di lavoro, e credo che questo contribuirà  a guarirmi.”

Nella vita di ognuno di noi c’è una dannazione, ma spesso questa si risolve in grandi capolavori, proprio come quelli regalateci dal grande artista. Poco ci importa del suo orecchio o del suo amore per Gauguin, la sua ambigua personalità ha plasmato grandi capolavori. Vincent Van Gogh muore lasciandoci queste ultime parole in una lettera trovatagli addosso: “Per il mio lavoro, io rischio la vita, e la mia ragione vi è quasi naufragata.

Veronica Cimmino: Femminista. Entusiasta. Mi piacciono i libri, e l’odore della carta; amo i cavalli, l’odore della pioggia, i treni, le stazioni, le ultime chiamate. Ossessionata dal gesto artistico, sono interessata a qualsiasi espressione umana. Mi interessano le tradizioni, le persone, gli atteggiamenti. Il teatro: Dio salvi il teatro! (anche se sono agnostica). L’architettura, le chiese, Borromini: la luce. Amante dei monologhi, delle introspezioni, del flusso dei pensieri; questo spiega solo in parte la mia ossessione per Virginia Woolf, e mi sento quasi costretta a citarla, perché forse nulla potrebbe descrivermi meglio di quando afferma: “[…] I’m not one of those who find their satisfaction in one person, or in infinity”.

Utilizziamo tecnologie, come i cookie, ed elaboriamo i dati personali, quali gli indirizzi IP e gli identificatori dei cookie, per personalizzare gli annunci e i contenuti in base ai tuoi interessi, misurare le prestazioni di annunci e contenuti e ricavare informazioni sul pubblico che ha visualizzato gli annunci e i contenuti. Cliccando acconsenti all'utilizzo di questa tecnologia e al trattamento dei tuoi dati personali per queste finalità.

Read More