L’amica geniale di Elena Ferrante – La storia di un’amicizia e di una dipendenza che si estende anche ai lettori

Me la sono presa comoda con la quadrilogia de L’amica geniale di Elena Ferrante, e ho cercato di darmi quanto più tempo possibile per rifletterci su e per scriverne a mente lucida. Perché L’amica geniale si legge tutto d’un fiato. E così anche i libri successivi. Ma anche perché è facile lasciarsi travolgere da immagini, suggestioni, personaggi, che nelle pagine si accumulano fin quasi ad esplodere nella mente del lettore. Più difficile è riordinare i pensieri e riuscire a dare un giudizio che non sia solo “di pancia” per un’opera che, invece, è un vero e proprio pugno allo stomaco.

Quello che è certo è che la storia di Elena e Lila, amiche-nemiche, non lascia indifferenti. La penna della Ferrante traccia con maestria una vera e propria epopea, partendo dagli anni cinquanta fino ad arrivare ai giorni nostri, con l’occhio fisso a tutte le vicende significative della vita delle due protagoniste, dall’infanzia alla vecchiaia.

È difficile commentare un libro (anzi quattro!) così discontinuo, torbido, ricco di chiaroscuri. La storia è narrata da Elena, per tutti Lenuccia, che decide di raccontare la sua vita e quella della sua migliore amica Raffaella, detta Lila, che ha deciso di sparire nel nulla senza lasciare tracce della propria esistenza. Attraverso gli occhi di Elena scopriamo l’eccezionalità di Lila sin da bambina, della sua intelligenza fuori del comune, della capacità del tutto unica di “stregare” le persone che entrano in contatto con lei. Elena, affascinata, si propone da subito come il doppio e il contrario di Lila, nutrendosi dell’energia che l’amica emana, ma allo stesso tempo ammalandosi d’amore per lei fin quasi a respingerla come qualcosa di cattivo. Lila è intuitiva, ribelle, passionale, carismatica; Lenuccia è bella, delicata, concentrata, diligente. Lila lotta contro la sua stessa esistenza, sempre disturbata dalla propria presenza e dalla naturale tendenza a farsi notare; Lenuccia costruisce con pazienza e dedizione la propria affermazione. Lila desidera cancellarsi, farsi a pezzi, decostruirsi, fino a sparire; Lenuccia cerca disperatamente di costruirsi una propria identità. Con il rapporto tormentato delle due amiche la Ferrante getta le basi per la struttura della sua complessa storia: l’ammirazione che provano l’una per l’altra, la voglia di emulare, l’invidia per le caratteristiche positive, l’orgoglio di possedere l’affetto di una persona tanto speciale e l’intimo e inconfessabile desiderio di spogliarla dei suoi panni per indossarli e vedere cosa si prova, sono gli elementi che di volta in volta permettono alla storia di proseguire e alle protagoniste di maturare.

Ma il fascino della quadrilogia della Ferrante non si esaurisce con il racconto – seppur straordinario – del rapporto unico di Lenuccia e Lila. La scrittrice racconta di un Rione senza nome della periferia di Napoli, ma da lì prende lo spunto per raccontare di tutta la città, dell’Italia, di noi. Niente di ciò che leggiamo sembra materia di finzione: la maestra, le mamme, le donne del rione, i fratelli Solara, Melina, Pasquale, Enzo, Alfonso, Antonio, sono persone che tutti abbiamo conosciuto. Le esperienze vissute dai personaggi della Ferrante sono, in un modo quasi inspiegabile, le esperienze di ognuno di noi, ma marchiate sulla carta quasi col sangue, intrise di una sorta di veleno.

L’impatto con le pagine de L’amica geniale è doloroso, amaro, cattivo e allo stesso tempo magico.

E proprio come Elena, che racconta della sua ossessione per Lila, ci troviamo ad essere inghiottiti in un mondo a cui è impossibile sottrarsi. Soprattutto nel primo libro, in cui la Ferrante ci regala le pagine più suggestive dei quattro romanzi, la storia sembra custodire un segreto bello e brutto, che il lettore sente di dover svelare. Il primo segreto sta proprio nel titolo: chi è l’amica geniale? Dopo poche pagine sappiamo per certo che è Lila, eppure Lila stessa attribuirà l’epiteto a Elena, che può uscire dal rione, mostrare il proprio genio, realizzare i propri sogni. Lila potrebbe diventare qualsiasi cosa, Lila dalla mente velocissima, Lila dal fascino inspiegabile. Eppure il mondo la condanna senza appello, i sogni “dalla testa le finiscono sotto i piedi”, proprio come il racconto che scrive ad appena 10 anni. E allora tocca a Elena realizzarne i sogni, dimostrare che è geniale non meno di lei, dare un senso al fallimento dell’altra, permettere all’amica di pensare che i sacrifici fatti da lei non sono vani. Elena condizionata da Lila fino al punto di odiarla e desiderare che muoia, in modo da poter esistere senza doversi confrontare con nessuno:

“Diventare. Era un verbo che mi aveva sempre ossessionata, ma me ne accorsi per la prima volta solo in quella circostanza. Io volevo diventare, anche se non avevo mai saputo cosa. Ed ero diventata, questo è certo, ma senza un oggetto, senza una vera passione, senza un’ambizione determinata. Ero voluta diventare qualcosa – ecco il punto – solo perché temevo che Lila diventasse chissà chi e io restassi indietro. Il mio diventare era diventare dentro la sua scia. Dovevo ricominciare a diventare, ma per me, da adulta, fuori di lei”.

Elena è Lila e Lila è Elena. I sogni, i desideri, gli affetti, persino i grandi amori dell’una e dell’altra si sovrappongono e si confondono, creando innumerevoli punti di contatto tra le due ma anche ferite insanabili, invidie, in una competizione in cui ci si sente sempre perdenti.

Il romanzo, come le due protagoniste, non manca certo di punti deboli, di alti e bassi, di pura cattiveria. Gli ultimi due libri, infatti, risentendo forse della presenza ridotta del personaggio di Lila, sembrano essere più deboli e fanno spesso ricorso all’escamotage della “sorpresa facile”. Eppure la storia ci tiene avvinghiati fino alla fine, tenendoci avviluppati in una morsa e in uno stato di curiosità quasi morbosa che non ci permette di sfuggire alla trappola di un lunghissimo romanzo che non solo si lascia leggere che è un piacere, ma che quasi ci obbliga a non lasciarlo andare.

Chi ha paura della sindrome di dipendenza da libro è avvertito: eviti accuratamente i quattro libri de L’amica geniale. Chi invece vorrà tentare la sorte e rischiare di ammalarsi di quella che gli americani ormai chiamano “Ferrante Fever” è il benvenuto: il circolo Ferrantisti Anonimi vi accoglierà a braccia aperte, soprattutto quando avrete letto l’ultimo rigo dell’ultimo libro, e vi troverete a sentirvi soli e a soffrire la mancanza delle insostituibili amiche geniali, Lila e Lenù.

Claudia Esposito: Insegnante e Dottoranda in Filologia per lavoro, viaggiatrice e fotografa per passione: mi piace osservare tutto ciò che mi circonda e amo i contrasti e le sfumature.

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