Il mio viaggio in Giappone è stato pensato e desiderato a lungo, fin dalla decisione di visitare Tokyo. Sono da sempre affascinata dalla cultura nipponica e, quando ne ho avuto la possibilità, non ho esitato a dire: “Sì, andiamo”. Le tappe attraversate sono state scelte con cura e, com’è mia abitudine, mi sono preparata adeguatamente sfogliando guide, itinerari e blog di viaggio prima di chiudere i bagagli e partire per quello che sapevo sarebbe stato il viaggio della vita. Ma prepararsi non è abbastanza, per il Sol Levante. Tutto ciò che ho visto e vissuto nei miei 11 giorni giapponesi mi ha stupita, tramortita quasi, riempiendo i miei occhi di meraviglia e il cuore di sensazioni mai provate prima.
Il Giappone non è un paese semplice, perché vi si trova tutto quello che speriamo di trovare, ma anche molto, molto di più. Nel mio viaggio ho visto tutto e il contrario di tutto. Ho vissuto intensamente l’esperienza, fino a fondermi con i luoghi e a convincermi di aver sempre fatto parte di quel contesto. Eppure mi è capitato anche di sentirmi totalmente estranea, aliena, come mai mi era accaduto nella vita.
“Se ti dico Giappone a cosa pensi?”: è una domanda che ho fatto a molti conoscenti e amici, per cercare di capire cosa affascina così tanto noi occidentali e cosa il turista medio si aspetta di trovare lì. Com’era prevedibile, le risposte sono state tutte diverse.Molti amano la cultura pop giapponese, i videogiochi, la tecnologia, i manga.Altri invece immaginano il Giappone come terra di ordine, spiritualità, tradizione e filosofia. Non di meno attrae il cibo, soprattutto grazie al boom degli ultimi anni del sushi, che ha fatto diventare il ristorante giapponese una tappa obbligata per chiunque voglia essere realmente cool.
Ebbene, chi di voi decidesse di saltare sul primo aereo per raggiungere il Giappone, non resterà deluso. Immaginate tutte queste cose, ma ad un livello nettamente superiore. Aggiungeteci l’infinita gentilezza di un popolo che, confermando un po’ i luoghi comuni che siamo abituati a ripeterci all’infinito, si relazionerà a voi con una grazia impareggiabile. Metteteci anche dei paesaggi e una natura che vi stupiranno, persino nella più caotica delle città. E aggiungete una sensazione perenne di serenità e comunione con il mondo.
Prima di partire, alla domanda “Se ti dico Giappone a cosa pensi?” io avrei risposto “Al diverso da me”. Oggi rispondo: “Silenzio, efficienza, pace, interiorità”.
E l’ho capito fin dal primo passo, quando ho iniziato a visitare Tokyo e i suoi meravigliosi quartieri!
Un viaggio in Giappone non è tale se non si decide di passare almeno qualche giorno a Tokyo. La capitale giapponese mi ha divertito tantissimo e mi ha permesso di riflettere sulle contraddizioni di una cultura che tutto mantiene dell’Oriente e che allo stesso tempo ha assorbito tanto del consumismo e del capitalismo occidentale. Visitare Tokyo ha il potere di farti sentire piccolissimo, perso in mezzo a volti (moltissimi volti!) che non assomigliano in nulla al tuo: in alcuni momenti ci è sembrato quasi di essere finiti su un altro pianeta, lontani anni luce dalla nostra dimensione di vita quotidiana. Eppure, e su questo non ho dubbi, Tokyo è la più accogliente delle città.
L’efficienza e l’organizzazione ci hanno permesso di orientarci sempre e comunque nel più veloce dei modi; la simpatia e la cordialità dei suoi abitanti, nonostante non conoscessero quasi nemmeno una parola di inglese, ci ha fatti sentire a casa in ogni momento, con scenette tragicomiche in cui noi parlavamo un mix di inglese/italiano e loro continuavano a raccontarci aneddoti e a darci spiegazioni dettagliatissime in giapponese. E, aspetto da non trascurare, a Tokyo mangiare è un’esperienza mistica.
Per questioni di comodità, per visitare Tokyo noi abbiamo deciso di alloggiare a Shinjuku, al Keio Plaza Hotel. Dalla nostra camera con vista al trentasettesimo piano, era facilissimo sentirsi Scarlett Johansson in Lost in Translation, quando guarda la distesa infinita di grattacieli e palazzi ultramoderni del quartiere.
Sul New York Bar potrei scrivere un articolo a parte, perché davvero è uno dei posti più stupefacenti che abbia mai avuto la fortuna di vedere; superata l’emozione di trovarsi proprio lì, allo stesso bancone dei due protagonisti, inizierete ad apprezzare l’atmosfera di un luogo in cui si mescolano persone di tutti i tipi. La vista dello skyline di Tokyo è abbagliante; del resto il locale ha una vetrata immensa che vi permetterà di sentirvi sospesi nel vuoto. Quello che lo rende perfetto, però, è il sottofondo musicale: una jazz band che si esibisce dal vivo. Vi sembrerà davvero di essere in un film, ve lo assicuro!
Le purikura sono l’essenza stessa della cultura kawaii (in italiano significa carino, adorabile, ma in Giappone assume dei connotati ben precisi e definisce un vero e proprio way of life): per la modica cifra di 300 yen circa, potrete accedere a questi box fotografici e scattare con il vostro compagno d’avventura una serie di foto a cui applicare filtri che vi faranno somigliare ai protagonisti dei manga giapponesi. Certo, a imitare le pose che vi suggeriranno vi sentirete dei perfetti idioti, ma poche cose vi divertiranno quanto l’osservare gli sticker fotografici che la macchinetta vi sputerà fuori ad operazione conclusa.
Dico subito che il Senso-ji non è il tempio che mi è piaciuto di più in Giappone, anzi. Però, forse anche perché è stato il primo, ha avuto su di me un impatto fortissimo. La stradina da percorrere per raggiungerlo, Nakamise-dori, è piena di negozietti di souvenir e chioschi che vendono street food. Per la prima volta, percorrendo questa strada stretta, ascoltando i venditori urlare in una lingua del tutto sconosciuta e inalando gli odori magnifici provenienti dalle bancarelle, mi sono sentita davvero in Giappone. O almeno, quello che pensavo dovesse essere questo paese.
Ciò che mi ha maggiormente colpito è stato il silenzio. Nonostante la folla, infatti, i rumori sembrano non esserci, o comunque sono annullati o almeno fortemente attutiti da questo enorme, palpabile silenzio, che spinge immediatamente a confrontarsi con ciò che nascondiamo nelle profondità del nostro animo. Al di là dell’incensiere, come in ogni tempio giapponese, una fonte permette ai fedeli di purificarsi ulteriormente, lavando con cura le mani, il volto e le labbra. Guardare le persone a mani giunte inchinarsi dopo una preghiera accorata mi ha immensamente colpito.
Ad ogni numero corrisponde un cassettino in legno che a sua volta contiene dei bigliettini con le predizioni divine. Vi auguro, com’è successo a mio marito, di pescare il biglietto con la migliore fortuna; nel caso sfortunato (come il mio, ovviamente) in cui doveste pescare un biglietto terribile, non temete: arrotolatelo, attaccatelo alla rastrelliera e chiedete alla divinità che vi liberi dalla sorte negativa che avete avuto la sfiga di beccare!
Per concludere la nostra passeggiata nella Tokyo antica, non poteva mancare una visita a Yanaka: ricchissima di templi e di casette basse, Yanaka rappresenta davvero una porta attraverso la dimensione del tempo. Niente più grattacieli, ma abitazioni e cimiteri tradizionali, bancarelle e vicoli stretti. Yanaka Ginza è il cuore del quartiere: in questo vicolo sarà difficile avvistare i soliti turisti, piuttosto avrete a che fare con il Giappone popolare autentico. Per mimetizzarvi ancora di più con l’ambiente, il consiglio è quello di mangiare e bere come solo le persone del posto fanno: comprate una crocchetta di patate e carne macinata per pochi spiccioli e sorseggiate una birra seduti su una cassetta della frutta in plastica. Poi guardatevi intorno e datevi un pizzicotto: sì, siete davvero in Giappone!
Ciò che ci ha emozionato di più, però, è stato assistere a un matrimonio tradizionale giapponese. Essendomi sposata da poco ed essendo in Giappone per il mio viaggio di nozze, probabilmente ero particolarmente sensibile all’argomento, ma in assoluto credo che il sorriso di una sposa che guarda fiduciosa e con un po’ di paura al futuro che la aspetta sia una delle visioni più emozionanti in assoluto. Il matrimonio giapponese, in particolare, è scandito da una serie di riti che non avevo mai avuto modo di osservare prima. Tra questi, mi ha emozionato in modo particolare la vestizione della sposa con il tradizionale kimono bianco, simbolo di purezza. Il volto della bellissima sposa emozionato e imbarazzato non lo dimenticherò mai!
Anche in questo caso, come per il New York Bar, poche righe non basterebbero a descrivere le sensazioni provate: io sono un’amante del sushi e l’ho mangiato sempre con soddisfazione in Italia e all’estero. Ma dopo aver assaggiato il pesce freschissimo di Tsukiji e il sushi preparato lì, credo che smetterò di mangiarlo. La sensazione provata, quando ho messo in bocca il primo pezzo, è indescrivibile. Mi è sembrato che la lingua si risvegliasse e ho sentito attivarsi punti che credo di non aver mai utilizzato prima. Non siamo riusciti a descrivere in modo accurato il sapore che il primo vero sushi aveva per noi; forse un po’ piccante, forse semplicemente un sapore mai provato.
Ecco, visitare Tokyo e non provare quest’esperienza, è davvero come non esserci mai stati.