In campo cinematografico, non posso fare a meno di associare la parola “trilogia” a grandi saghe che superano i confini dello spazio, come Star Wars, che piegano il tempo, come Ritorno Al futuro, o che sconfinano nei meandri del sogno, come Matrix. Mai mi sarei aspettato di vedere l’americano Jesse e la francese Celine, i giovani protagonisti di Before Sunset, piccolo film statunitense ai limiti del cinema indipendente, diventare i personaggi principali di un trittico di celluloide, il cui terzo capitolo Before Midnight è in questi giorni nelle sale nostrane.
La serialità, di solito, si presta bene a storie corali, con tanti personaggi e avventure mozzafiato che si susseguono sullo sfondo di ambientazioni variegate. Invece la trilogia del regista Richard Linklater è, in apparenza, molto meno ambiziosa nell’intenzione: ogni film dura l’arco di una giornata, il contesto è quello di una specifica città, i protagonisti sono soltanto due. Una storia così modesta da diventare unica nel suo genere. Anzi nella sua assenza di genere. Perché la storia di Jesse e Celine non è una saga romantica, anche se i protagonisti sono due innamorati. Non è una commedia rosa, anche se si ride abbastanza. Non è un polpettone drammatico, anche se si mettono in scena i drammi del quotidiano.
Vi basti sapere che la magia del primo incontro e la fiaba del riunirsi una seconda volta ed eventualmente per sempre, in questo terzo capitolo sono sfumate nella routine di due persone insieme da ormai dieci anni. Anzichè incantesimi e favole, Linklater preferisce portare sullo schermo un’alchemia di malinconia, rabbia e illusioni perdute, oltre che d’ironia, e ovviamente d’amore. Diversamente da altre fantasiose trilogie, quella di Jesse e Celine non piega il tempo, non dilata lo spazio, ma preferisce concentrarsi sul qui e ora delle relazioni intime, sulla vita di tutti i giorni che non “è perfetta ma è reale“. Ma più di ogni altra cosa, in Before Midnight si parla, si parla davvero tantissimo. I dialoghi sono il vero punto di forza di questo film in cui quasi tutte le vicende non sono rappresentate, ma raccontate attraverso i discorsi che Jesse e Celine scambiano per strada, in auto, a tavola, a letto. Noi siamo la storia che raccontiamo a noi stessi e la nostra versione è unica, diversa anche da chi la vive con noi, anche se quella è la persona che ci sta accanto tutti i giorni. Sono le parole che molto spesso ci legano e ancor più spesso ci fregano. Nella divergenza tra una versione e l’altra, si infiltra il conflitto che solo un sincero confronto con l’altro può stemperare. Condito da un po’ di sana ironia, che non guasta mai.