I dolori del giovane Dawson: un telefilm diventato Cult

Qualche giorno fa, facendo zapping in tv, mi sono imbattuta in un classico degli anni ‘90, un teen drama assolutamente intramontabile: Dawson’s creek (conosciuto ai più come anowonowei). Era il primo episodio, e mentre lottavo con pentole e mestoli da lucidare (cosa che odio fare, confesso), mi sono fatta prendere dalla nostalgia e ho rivisto per la quarantesima volta quell’avvincente primo episodio, quando Dawson Leery incontra la bionda Jen Lindley, perde la brocca per lei e getta nello sconforto la sua amica del cuore Joey Potter, simpatica quanto un’influenza intestinale e innamorata di lui dai tempi del seggiolone.

Dopo aver provato una forte emozione, quella che ti prende quando ritrovi un vecchio amico, mi sono fermata a meditare sul Dawson e gli altri personaggi di questo mitico telefilm, e per la vostra gioia ho deciso di condividere le mie riflessioni con i lettori di Cult.

Partiamo da Dawson Leery. Nella prima serie ha quindici anni ma sembra già mio nonno. Sfoggia pettinature imbarazzanti, si fa pippe mentali inutili, è più melodrammatico della D’Urso ed è melenso quanto un muffin allo zucchero filato. Poi ha anche il coraggio di chiedersi perché nessuna gliela dà. Ma su. Ah, è anche tonto. I muri, le mattonelle, i mobili, insomma tutto il mondo animato e inanimato aveva capito che Joey Potter era innamorata di lui, tranne il nostro Umpa Lumpa. Certo, bisogna capirlo. Con una madre ninfomane e un padre che muore alla guida, mentre cerca di raccogliere il gelato caduto sotto il sedile dell’auto, non poteva di certo nascere un genio.

Passiamo a Joey Potter. Adoravo Joey. Se qualcuno aveva un problema, lei lo confortava raccontandogli i suoi guai, che erano sempre catastrofi immani. Nessuno poteva competere con la sua sfiga. Era una ragazza deliziosa, anche se pareva soffrire di una perenne sindrome premestruale che la portava ad essere affettuosa come il Grinch durante la notte di Natale. Nella prima serie si lamentava di essere vergine, ma in quelle successive ha risolto il problema dandola a tutti i protagonisti, sceneggiatori, tecnici e comparse del telefilm. Fu fantastica quando, dopo averci rotto le scatole per un’intera stagione perché Umpa Lumpa non se la filava, decise di mollarlo su due piedi perché doveva trovare se stessa. Sì. Tra le braccia di un altro però, il caro Jack, che poi scoprì di essere gay. Ve l’ho detto che era sfigata.

Veniamo a Jen Lindley. Dopo un trascorso da ragazza facile, incontra il buon Dawson e si trasforma in una ragazza virtuosa. O almeno ci prova. Ma parliamoci chiaramente, mantenere la castità con Dawson Leery non era certo un sacrificio visto che era attraente quanto un bastoncino Findus. Ha avuto molti fidanzati, che inspiegabilmente la cornificavano o la mollavano, però il regista le voleva bene. Infatti decise di farla morire l’ultima stagione, in ospedale, da ragazza madre, per problemi cardiaci, sotto le cure di una nonna bicentenaria.

Infine c’era Pacey Witter. Pacey era uno spasso. Mi faceva morire dal ridere. Ha avuto tre grandi amori nel corso del telefilm: una milf, una schizofrenica e Joey Potter. Fortunato, insomma. Era la pecora nera della famiglia ma pareva più un orsetto trudy con una scodella in testa. Poi ha scoperto il gel per capelli e la cazzimma, è salpato a bordo della True Love con la sua bella ed è diventato il Cracco del pesce fritto.

Ah, quanti bei ricordi, quanta nostalgia. Però una cosa la devo ammettere. Nonostante i drammi, le assurdità, gli intrecci e le tragedie, le paturnie di Dawson erano sincere. Riguardavano l’amore, l’amicizia, la famiglia e non il numero di mi piace su Facebook o l’uscita di Zayn Malik dai One Direction. Dawson sognava di far film, non di pubblicare video osè su Youtube. Quindi, miei cari, lo dico con orgoglio: questo telefilm è una pietra miliare degli anni ‘90 e anowonowei resterà per sempre la colonna sonora della mia adolescenza.

Rossella Capasso: Per citare un’espressione di Dorothy Parker “sono quel dannato tipo di persona che scrive a fatica sette parole e ne cancella cinque”. Ogni testo per me è come un puzzle, che tento di comporre seguendo i fili aggrovigliati della mia mente, lunatica e un po’contorta. A volte riesco a completarlo, a volte no… ma ci sono anche momenti in cui è il puzzle a completare me, ed è allora che scrivere non mi sembra così male.

Utilizziamo tecnologie, come i cookie, ed elaboriamo i dati personali, quali gli indirizzi IP e gli identificatori dei cookie, per personalizzare gli annunci e i contenuti in base ai tuoi interessi, misurare le prestazioni di annunci e contenuti e ricavare informazioni sul pubblico che ha visualizzato gli annunci e i contenuti. Cliccando acconsenti all'utilizzo di questa tecnologia e al trattamento dei tuoi dati personali per queste finalità.

Read More