Alla ricerca di un grosso grasso matrimonio greco – #MatrimonioGreco2

Durante l’adolescenza, è capitato a tutti di sentirsi goffi, brutti e inadeguati. Alzi la mano chi non ha mai desiderato emigrare in Alaska (a me piace il freddo e poi la salsedine mi sciuperebbe i capelli) pur di non mostrare i chili di troppo, la chioma arruffata e il sorriso metallico (a proposito, approfitto dell’occasione per suggerire a Johnny Depp che il ferro non è l’unico metallo sui denti off limits). È anche vero che sentirsi nerd in un mondo di persone cool avveniva con più frequenza qualche generazione fa, quando foruncoli e punti neri facevano capolino anche sui negativi fotografici e non esistevano i miracolosi filtri di Instagram a trasformare i brutti anatroccoli in eleganti cigni. Ok, forse elegante non è l’aggettivo più calzante per i selfie scattati davanti alla tazza del water, ma insomma, ci siamo capiti.

Eppure, nell’ingiusta proporzione che da sempre regola il mondo (la cheerleader sta al giocatore di football come la secchiona sta alla zitellagine), una donna è riuscita a rompere gli schemi, realizzando un’impresa impossibile: conquistare un uomo bello e interessante non con le scollature, non con i tacchi alti, ma con una collezione di disastrose, insuperabili e imbarazzanti figure di menta.

L’eroina di cui sto parlando, che ha riscattato generazioni di trentenni bruttine e insoddisfatte, è Toula Portokalos, la protagonista del lungometraggio Il mio grosso grasso matrimonio greco.

Toula è greca e ha una famiglia ingombrante che interferisce continuamente nella sua vita. Si innamora di Ian, un professore di inglese non greco che cerca in tutti i modi di conquistare il consenso della sua famiglia, ellenica fino al midollo.  In uscita il 24 marzo al cinema, il film prodotto dalla Universal Pictures (per maggiori info puoi seguire le pagine social su google+, twitter e instagram) riprende molti luoghi comuni sul modo di fare dei greci e propone in chiave umoristica le divergenze tra culture differenti. Perché stare con uno straniero non è mica semplice. Posso assicurarlo.
Anche il mio ragazzo viene da una terra lontana. Una città pulita, in cui le macchine si fermano al rosso e nei negozi ti fanno lo scontrino. Una città in cui si rispettano le file e il lavoro è legalmente retribuito. Vi lascio dunque immaginare cosa è successo la prima volta che è venuto a trovarmi a Napoli. Scende dal treno e gli ambulanti di Piazza Garibaldi cercano di vendergli iphone, ipad, astronavi, spade laser e macchine del tempo. Il poverino mi guarda con l’aria preoccupata di chi è costretto a fare shopping nel giorno del black friday. Superato questo primo scoglio, lo porto sul lungomare di Mergellina. Il panorama è romantico e spira tantu sentimento, peccato per il truzzo con gli occhiali a specchio e la cresta di Hamsik che sfreccia con la radio a tutto volume e intona l’intera compilation di Gigi D’Alessio. Ma il peggio deve ancora venire. Dopo aver assaporato una pizza saporita (che quella napoletana sia insuperabile non è un luogo comune), decidiamo di prendere la macchina e fare un giretto per i luoghi storici di Napoli. Ora, dovete sapere che io ho più o meno il senso dell’orientamento di Dory in Alla ricerca di Nemo e riesco a perdermi con la stessa facilità con cui Belen appare gnocca in foto (che volete farci, ognuno ha il suo talento). Il mio ragazzo, ignaro del pericolo, si è affidato totalmente a me. Totalmente. Risultato?Ha ricevuto tre o quattro multe e la targa di benefattore ad honorem del Comune di Napoli.

Il momento più esilarante è avvenuto però in serata, quando c’è stato l’incontro con i miei genitori. Mia madre, che preparava da tempo il corredo e non vedeva l’ora di cedere la mia mano (e i miei vestiti, disposti a torre di Babele su ogni sedia della casa), ha imbandito una tavola da cenone di Capodanno. Peccato che il mio ragazzo sia vegetariano e mentre io mi ingozzavo senza ritegno con salsiccia e patatine fritte, lui assaporava una misera insalata scondita, con mia madre che lo guardava tra il preoccupato e il soddisfatto. Avete letto bene. Non perché avessi trovato un uomo capace salvarmi dai pericoli del colesterolo, ma perché, essendo impedita ai fornelli (il piatto che mi riesce meglio è pane e Philadelphia) l’unico modo per tenermi un consorte era trovare qualcuno che discendesse dalle capre e non dalle scimmie.

Comunque, poiché per il mio grosso, suppongo magro, matrimonio napoletano ci vorrà tempo, vi invito a farvi due risate con Il Mio Grosso, Grasso Matrimonio greco 2, prossimamente al cinema. Perché, anche se apparteniamo a culture diverse e spesso facciamo fatica a capirci, abbiamo tutti bisogno della stessa cosa: un po’ di amore e qualche ora di spensieratezza.


Rossella Capasso: Per citare un’espressione di Dorothy Parker “sono quel dannato tipo di persona che scrive a fatica sette parole e ne cancella cinque”. Ogni testo per me è come un puzzle, che tento di comporre seguendo i fili aggrovigliati della mia mente, lunatica e un po’contorta. A volte riesco a completarlo, a volte no… ma ci sono anche momenti in cui è il puzzle a completare me, ed è allora che scrivere non mi sembra così male.

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