Un classico faro da discoteca illumina il cielo sovrastante Palazzo Caracciolo di Avellino: è il segnale di richiamo scelto da Franco Vaccari per Rumori Telepatici, la sua prima personale a Napoli inaugurata il 9 ottobre presso Fondazione Morra Greco. La mostra rientra all’interno del Progetto XXI che, dopo il successo del 2013, continua quest’anno con la collaborazione tra la Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee, la Fondazione Morra Greco e altri soggetti attivi sul territorio nella ricerca sull’arte contemporanea.
Andrea Viliani, direttore del MADRE, definisce le opere di Vaccari empowerment: capaci di dare potere allo spettatore. Quest’ultimo, al pari dell’artista, diviene il diretto responsabile del lavoro finale. Si spezzano le distanze, ideatore e fruitore entrano in telepatia, costituendo i soli due fattori necessari per l’azionamento dell’ingranaggio artistico.
“Franco Vaccari ha spinto l’uso della tecnologia ad un automatismo non ancora realizzato, lasciando il mezzo fotografico libero di operare senza il filtro dell’autorità e proponendo allo spettatore di comporre la sua opera. […] Il messaggio è chiaro: quello di un arte che diviene tale perché basata sull’interazione con l’altro e sul rischio rappresentato da quello scambio[…]che lo spazio espositivo diventi un luogo di condivisione e d’incontro, di partecipazione non in quanto meri fruitori ma come creatori di senso di ciò che viene mostrato“.
Il riferimento è alla storica Biennale di Venezia del 1972, dal tema Opera e Comportamento. L’evento ospitò l’installazione di Vaccari con la cabina per fototessera accompagnata dalla didascalia “Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio“. Lo stesso autore ricorda:
“È un’opera in divenire, basata sulla scommessa del funzionamento precario che rendeva vivo l’esperimento”.
Crolla il principio di autorità, le nuove tecnologie inaugurano una società dalla gerarchica non più verticistica ma reticolata e gli artisti, in quanto uomini dalla consapevolezza integrale (cit. MC Luhan) si sentono moralmente in dovere di avvisare il pubblico e farci prendere coscienza delle nostre potenzialità, educandoci all’autodeterminazione. Senza la partecipazione dei visitatori durante la Biennale, l’esposizione di Vaccari non sarebbe diventata opera d’arte, seguendo così il paradigma duchampiano: “Sono gli spettatori che fanno i quadri”. Potere alle persone.
Nella mostra di via Largo Proprio D’Avellino, l’atto partecipativo viene manifestato con l’esposizione di una serie di QR code da decifrare tramite il proprio smartphone, associati ad un’immagine. Decrittarne il messaggio fa traslare il senso iniziale della nostra percezione, aprendoci ad un percezione altra che ci fa entrare in empatia con l’autore.
Vi consiglio di andare a scoprire e farvi scoprire da questa mostra, chissà che qualcuno non si ritrovi nelle Photomatic campane degli anni Settanta. Se andate in mattinata, è meglio così potete godervi in diretta la sala adibita a camera oscura, dove la finestra è stata trasformata in foro stenopeico proiettante all’interno della stanza il cortile ad essa dirimpetto, in modo da vedere sincronicamente il vissuto del tempo reale.
Quest’ultimo lavoro è venuto in mente a Vaccari qualche giorno prima dell’inaugurazione.
Lui è uno che lavora con le circostanze, decisamente.
Per far ciò bisogna allenarsi all’attenzione ed essere presenti.
Un colpo di genio, ma anche meno, potrebbe scappare anche a noi.