Telefilm da vedere in autunno: la stagione delle stagioni TV

L’autunno è la stagione ideale per chiudersi in casa, infilarsi a letto e fare una bella indigestione di telefilm da vedere sul proprio proprio divano. Ma quali sono le serie tv più gettonate del momento da recuperare o rivedere in binge-watching?

Ecco una classifica dei cinque telefilm da vedere assolutamente.

Iniziamo con il seguitissimo Game of Thrones, la serie televisiva statunitense di genere fantasy creata da David Benioff e D.B. Weiss, liberamente ispirata al ciclo di romanzi Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin. Imbastito di duelli, stragi ed erotismo, Game of Thrones racconta la lotta tra le più potenti e nobili famiglie del continente occidentale di Westeros, che si scontrano o si alleano tra loro in un contorto gioco di poter per conquistare il Trono di Spade dei Sette Regni. Questo telefilm non è adatto per i deboli di stomaco: le scene dei combattimenti sono davvero cruente, ai limiti dello splatter, ma suggestive e coinvolgenti.

Un altro telefilm da non perdere è Narcos, la serie che racconta la storia vera della dilagante diffusione della cocaina tra Stati Uniti ed Europa negli anni ’80. Le prime due stagioni sono incentrate sulla lotta delle autorità colombiane e della DEA (Drug Enforcement Administration) contro il narcotrafficante Pablo Escobar, il più noto e ricco trafficante di cocaina di sempre, e il cartello di Medellín, l’organizzazione colombiana da lui fondata. Il telefilm prodotto da Netflix offre un ritratto spietato di Escobar, un uomo ambizioso che adora il suo Paese e che predica la morte in tutte le sue forme, ma anche un affresco realistico della Colombia, con le sue contraddizioni e il degrado dei ceti bassi.

Dagli autori di Breaking Bad nasce quel piccolo gioiellino di Better Call Saul. Il telefilm è uno spin-off che racconta la storia dell’avvocato Jimmy McGill e della sua trasformazione nel riprovevole Saul Goodman. Non ci sono le esplosioni, la droga e i colpi di scena a cui ci avevano abituati Walter White e Jesse Pinkman, ma la serie funziona grazie ad una sceneggiatura brillante, all’uso di campi e controcampi continui e all’incredibile talento di Bob Odenkirk, perfetto nell’interpretare uno dei personaggi più iconici di Breaking Bad.

Entriamo nel mondo della fantascienza con la serie statunitense Stranger Things, ideata da Matt e Ross Duffer. Ambientata negli anni ottanta in una fittizia piccola città dell’Indiana, la serie con Winona Rider è incentrata sugli eventi legati alla misteriosa sparizione di un bambino e all’apparizione di una ragazza dotata di poteri telecinetici fuggita da un laboratorio segreto. Nel telefilm ci sono molti riferimenti cinematografici (si possono sentire le trame di E.T. L’extraterrestre e Incontri ravvicinati del Terzo Tipo di Spielberg, I Goonies di Richard Donner o Alien di Ridley Scott). Stranger Things è una storia di amicizia, semplice e allo stesso tempo soprannaturale, in cui l’ordinario diventa straordinario tra fantascienza e horror.

Lui, lei, l’altra e l’altro: è questo il quadrilatero di The Affair, la storia di due coppie intrecciate da relazioni pericolose, ideata da Sarah Treem e Hagai Levi. Passioni inconfessabili e segreti torbidi vengono alla luce quando gli amanti Noah, sposato con Helen, e Alison, sposata con Cole, si ritrovano indagati per omicidio. Il punto di forza della serie è senza dubbio la doppia narrazione: il misterioso delitto viene raccontato dal punto di vista maschile (Noah) e dal punto di vista femminile (Alison), e a volte le due versioni della storia si contraddicono invece di completarsi. Questo telefilm è perfetto per chi ama sbirciare nella finestra dei vicini e per chi non si accontenta delle mezze verità.

Rossella Capasso: Per citare un’espressione di Dorothy Parker “sono quel dannato tipo di persona che scrive a fatica sette parole e ne cancella cinque”. Ogni testo per me è come un puzzle, che tento di comporre seguendo i fili aggrovigliati della mia mente, lunatica e un po’contorta. A volte riesco a completarlo, a volte no… ma ci sono anche momenti in cui è il puzzle a completare me, ed è allora che scrivere non mi sembra così male.

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