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Patti Smith al Duel Beat di Napoli: rock is alive!

di Claudia Esposito

Napoli, ore 20,45. Il Duel Beat inizia a riempirsi di persone di tutti i tipi. Giovanissimi e meno giovani: accanto ai capelli colorati di un gruppetto di ragazze che attendono the queen of rock con occhi colmi di emozione, ex bad boys ribelli con i capelli lunghi raccolti in code ormai candide. Qualcuno è lì con i figli, per spiegar loro un passato che definisce ciò che sono anche nel presente.

La sala superiore del Duel, in cui si terrà il concerto di Patti Smith, è raccolta, intima. Sembra di essere in quei piccoli club in cui si esibiscono gli esordienti. Il palco è vicino da ogni punto della sala, l’atmosfera è rilassata, come ad una riunione tra amici che hanno voglia di ritrovarsi e di condividere una passione.

Ore 21,50: si aspetta. Patti uscirà a breve. In molti ne approfittano per una birra. Dalle casse si diffonde “Could you be loved”. Le persone ballano, cantano, applaudono. Le note di Bob Marley riscaldano l’atmosfera.

Ore 22,00: si spengono le luci, Patti sale sul palco. Spettinata, grintosa, carismatica come te l’aspetti. Sorride, chiede al suo pubblico se “è tutto ok”, dichiara il suo affetto per Napoli. E Napoli ricambia, con un lungo applauso, sguardi emozionati, qualcuno la saluta: « Ciao Patti! Sei una leggenda! ». Lei si schernisce, autoironica e antidiva, e ridendo dice: « Forse qui a Napoli, in America non lo sono affatto, giuro! ». La regina del rock si presenta al suo pubblico come si fa con degli amici con cui si ha voglia di ridere e chiacchierare, in intimità. E a sottolineare questa dimensione quasi ʽprivataʼ del concerto, contribuisce la scelta della band, che la cantante presenta con orgoglio. Suonano per lei e con lei i figli Jackson e Jessica, e il caro amico Tony Shanahan, per un’esibizione in acustico che – come sottolinea la Smith ‒ vuole andare alla ricerca della poesia, dell’anima, della storia dell’artista e del suo pubblico. Patti corre immediatamente col pensiero all’amore della sua vita, il “padre dei suoi figli” scomparso nel 1994, Frederick. È per lui che sceglie di cantare. Pochi attimi e tutti sono stregati: la voce della Smith è potente, graffiante, dolorosamente bella, affilata quanto una lama tagliente che penetra a fondo nella carne. Il pubblico la osserva ammaliato, mentre lei, con lo sguardo lontano, quasi persa nei pensieri, canta “Bye, bye, Fred”. Il momento di raccoglimento continua con un omaggio a John Coltrane, che la cantante sceglie di omaggiare dopo averne mostrato una foto.

Poi il ritmo cambia: le luci si intensificano, si passa al folk rock. In un attimo il pubblico del Duel viene trasportato negli Stati Uniti meridionali, immagina i grandi spazi della Louisiana, respira l’aria dell’Alabama. Le mani battono all’unisono, la voce della Smith diventa sempre più potente, l’atmosfera si riscalda: se qualcuno fino a quel momento aveva avuto dei dubbi sul fatto che sta cantando una delle ultime, vere icone del rock, deve ricredersi. A dispetto di ciò che sostiene, Patti è davvero una leggenda. E lo è anche perché sembra non conoscere vanità: niente nella sua esibizione è autoreferenziale. La Smith è un’antidiva, un’artista generosa, che ha a cuore lo scambio di emozioni, la comunicazione, la condivisione. Canta per la sua famiglia, i suoi cari, le persone – persino gli animali! ‒ che non ci sono più: ricorda commossa Amy Winehouse, “the girl who crossed the line” (la ragazza che ha oltrepassato il limite), omaggia l’anniversario della morte di John Lennon cantando “Beautiful Boy“, canzone che l’artista inglese dedicò al figlio, sussurrando con voce materna:

Close your eyes,
Have no fear,
The monster’s gone.
He’s on the run, and your daddy is here.

Ricorda chi non c’è più, ma canta per la vita, Patti, ci tiene a sottolinearlo; suona per l’anima del mondo e invita ad alzare le braccia al cielo mentre urla “Life!”.

E di nuovo il pensiero torna al compagno di vita, Frederick: per lui è “Because the night”. Il Duel esplode, canta, qualcuno si commuove, la Smith incalza: « Because the night belongs to Napoli! ». Un boato. Patti ringrazia, sorride con dolcezza, saluta ed esce di scena.

Non basta a nessuno. Il pubblico la chiama a gran voce, la reclama sul palco, continuano gli applausi. La regina torna saltellando come una bambina di fronte al più atteso regalo di Natale. Spiega che è una serata perfetta. La perfetta conclusione di un giorno perfetto. Intona “A Perfect Day”, ricordando il mito Lou Reed e il concerto sembra ricominciare da capo. Piena d’energia, Patti incita il pubblico a cantare con lei, il rock è di nuovo infiammato con “Banga” e i coretti del pubblico che l’accompagna ululando come i lupi della canzone e gridando “ueoueoueooo”.

Patti-Smith-Duel-NapoliFonte dell’immagine: repubblica.it

Tutto è pronto per il gran finale: « People have the power! », canta Patti, mentre tutti alzano le mani al cielo e gridano con lei ogni parola della canzone. Sembra di tornare indietro nel tempo, agli anni in cui si credeva davvero che il potere fosse nelle mani delle persone. Il potere di votare, di lottare, di amare, di essere se stessi.

Sì, Patti, people have the power. Per fortuna ci sono ancora persone come te a ricordarcelo.

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