Home AuthorAngelo Capasso E poiché perse la sua polis, disegnó Persepolis. La storia di Satrapi

E poiché perse la sua polis, disegnó Persepolis. La storia di Satrapi

di Angelo Capasso

Ci sono fumetti che hanno bei disegni.

A questi si aggiungono i fumetti che hanno bei disegni e magari sono anche belle storie.

Poi ci sono i fumetti che hanno fatto la storia della letteratura disegnata.

E infine ci sono fumetti che hanno fatto la Storia.

Persepolis è tutto questo. E molto più di questo.

E’ innanzitutto la storia personale di una donna, quella dell’autrice stessa, Marjane Satrapi, che nei 39 capitoli del graphic novel ripercorre le tappe principali della sua infanzia, della sua adolescenza, fino all’età adulta. Una vita non semplice, a dirla tutta: nasce e cresce in Iran, poi parte per studiare quattro anni a Vienna, ritorna in terra natia, per poi partire definitivamente e trasferirsi in Francia.

poiche-perse-la-sua-polis-disegno-persepolis01In secondo luogo, Persepolis è la storia di una paese. La vita di Marjane, infatti, non è comune, ma è lo sfondo culturale e politico ad essere storia comune, quella di tutti gli iraniani che hanno vissuto la Rivoluzione del 1979 e subito il processo di trasformazione dello stato asiatico in una teocrazia sempre più oppressiva. Dunque Persepolis è anche la cronaca di un paese attraverso cui far conoscere un popolo a tanti altri che la ignorano. A lungo le vicende di questa nazione sono arrivate in Occidente solo parzialmente, in sordina, pilotate, frammentate, filtrate. Non a caso nel corso della la narrazione ci si imbatterà in lunghe descrizioni di usi e costumi, che risulterebbero ridondanti ad un lettore iraniano. Come la stessa autrice ha però sottolineato  in più interviste, quel didascalismo è intenzionale perché mirato a mostrare gusti, abitudini e pratiche dell’Iran a tutti quelli che non le conoscono, per mostrare il paese come è realmente e provare a far superare gli stereotipi che hanno reso un luogo comune l’associazione tra iraniano e fanatico estremista.

Eppure, descrivere Persepolis in questi termini è sufficiente, ma ancora limitante.

Persepolis è anche la storia universale di tutti gli emigranti e gli esuli, che cercano di trovare il loro posto lontani da casa, in un altro luogo, in un’altra terra. La difficoltà principale di Marjane è quella di sentirsi accettata: il suo pensiero emancipato, che puzzava occidentalismo per i suoi compatrioti, risultava dunque troppo pericoloso nel suo paese; ma una volta trasferitasi, le sue radici, cui prova a tenersi legata, saranno poi sinonimo di islamismo, per cui anche in Europa incapperà in ostilità e avversione. I vissuti di Marjane faranno dell’autrice la portavoce di tutte le persone che sentono di non appartenere in nessun posto e che trovano un loro spazio solo nella dimensione della solitudine.

Persepolis è la vita, non solo la biografia di Marjane Satrapi. La vita degli iraniani, la vita degli espatriati in paese lontani, la vita delle persone che soffrono. Anche la nostra, in un certo modo, che attraverso l’autrice viviamo per la prima volta le emozioni, la felicità e l’amarezza che lei ha provato. Colpisce di questo romanzo illustrato proprio la sincerità di Satrapi, che non cela niente di se stessa, che spiattella i suoi pensieri, buoni e cattivi, i suoi sentimenti, positivi o negativi, i suoi comportamenti, giusti o sbagliati, di cui il lettore diviene partecipe. Senza l’ausilio di alcuno scudo protettivo, penetrano nel profondo, e ci sembra quasi di viverli in prima persona.

Potrei dirvi quanto questo graphic novel sia fondamentale per la dovizia di storicità con cui fa conoscere i trascorsi di un paese, sconosciuti ai più. Potrei dirvi di quanto siano raffinati nel loro minimalismo i disegni, essenziale ma incisivo il tratto, espressivo il gioco discontinuo di bianchi e neri. Potrei dirvi tante cose, ma ma non voglio andare oltre perché comunque non sarebbe abbastanza. Perchè con questa storia la Satrapi ci fa un regalo, ci sta offrendo la sua vita e nessuna recensione potrebbe mai renderle il giusto merito. Solo leggere il suo racconto può. Persepolis andrebbe letto, come andrebbero letti l’Odissea, la Divina Commedia e L’Idiota, e Maus e i Peanuts e l’Eternauta, come andrebbero ascoltati Chopin, De Andrè e i Radiohead, come andrebbero visti il grande Dittatore e la Dolce Vita, come andrebbero ammirati le Ninfee e la Nike di Samotracia. Quei cult che sono patrimonio dell’umanità tutta.

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Se questo invito alla lettura, che è anche un consiglio spassionato, vi ha convinti, per recuperare Persepolis potreste approfittare  della prossima iniziativa fumettistica del Corriere della Sera, una collana in venti volumi che, da Palestina a Valzer con Bashir, raccoglierà le più significative opere di graphic journalism. Ad essere sinceri, Persepolis è così autobiografico e profondo, che secondo me va ben oltre un’inchiesta di graphic journalism. Ma se quest’etichetta – che oggi va tanto di moda – può servire, attraverso i bassi costi e la larga diffusione di cui beneficia la distribuzione in edicola, a rendere questo capolavoro alla portata di tutti, allora ben venga. Le etichette si strappano, il contenuto resta.

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