Home AuthorBiagio Barra Se l’aldilà risiedesse nel cervello? Near Death Experiences

Se l’aldilà risiedesse nel cervello? Near Death Experiences

di Biagio Barra

L’essere umano si distingue da tutti gli altri essere viventi perché è l’unico ad avere la consapevolezza che la propria vita ha un termine e a porsi interrogativi sulla morte. E’ la fine di tutto?  Oppure ha inizio un secondo capitolo della nostra esistenza? Insomma esiste l’Aldilà?

Ce lo chiediamo da sempre e i paradisi “scoperti” nel corso della storia sono tantissimi: dal famoso giardino cristiano all’oasi celeste musulmana, dal Valhalla vichingo alla lussureggiante isola Taoista, dal regno dei morti egiziano fino alle praterie ricche di selvaggina dove “finivano” i pellerossa più meritevoli. Nell’ età della conoscenza, certo, ci risulta piuttosto difficile credere in qualcosa senza avere l’evidenza scientifica della sua esistenza. Tuttavia pare che questa possa essere fornita dall’ormai sempre più diffuso fenomeno delle esperienze pre-morte o, seguendo la terminologia anglosassone, delle “Near Death Experiences” (NDE).

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Le NDE sono racconti o testimonianze di eventi vissuti da persone che si sono trovate per una manciata di minuti in uno stato di potenziale morte clinica.  Proprio in questi attimi di confine tra la vita e la morte, quando il cuore cessa di battere e il cervello di funzionare, queste persone testimoniano fenomeni davvero particolari. La cosa interessante è che quasi tutte le esperienze pre-morte documentate fin ora presentano caratteristiche molto simili con elementi tipici che accomunano la maggior parte dei racconti. In molti narrano di aver conservato, durante questi attimi di non vita, la percezione visiva e sonora di quello che stava accadendo, di essersi visti dall’alto e  di aver assistito alle cure mediche attorno a sè. Altre immagini tipiche delle esperienze pre-morte sono il famoso tunnel buio (in alcuni casi sostituito dalla più suggestiva scala)  e l’ambiente luminoso e avvolgente che si ritrova alla fine di esso.  

Non siete ancora convinti?  Vi aspettavate fonti più attendibili?  Ebbene se vi dicessi che l’esistenza della vita oltre la morte è supportata anche da un vero scienziato del cervello?                                          

Nell’ottobre scorso, il neurochirurgo Eben Alexander ha affermato che immagine 2“il paradiso è reale”, conquistando la copertina della rivista “Newsweek”. La sua deduzione sull’esistenza dell’aldilà si basa su una serie di visioni che ha avuto mentre era in coma, colpito da una grave forma di meningite. Alexander sostiene che, siccome durante la malattia la sua corteccia era “inattiva”, le sue visioni di pre-morte sono la testimonianza che una parte di noi sopravvive alla morte cerebrale. Saremmo dunque dotati  di un intelletto che prescinde dalla materia grigia e che continua ad esistere anche quando le nostre funzioni cerebrali e cardiache cessano. Le affermazioni di Alexander hanno scatenato non poche critiche nell’ambiente medico, e in molti lo hanno contestato obiettando anche sulla mancanza delle prove dell’inattivazione della sua corteccia.

Vi starete comunque interrogando sulla natura di questi fenomeni che sembrano in ogni caso incomprensibili dal punto di vista scientifico. Possiamo dunque smettere di cercare e dichiarare ufficialmente chiusa la caccia alla prova che la nostra vita non si esaurisce in questa dimensione?  

Mi dispiace deludervi ma a quanto pare le esperienze pre-morte sono spiegabili in termini neurologici. Probabilmente l’NDE è il prodotto di una serie eventi, quali il rilascio di endorfine e alterazioni a carico di alcuni sistemi neurotrasmettitoriali (NMDA) che si verificano nel nostro cervello in seguito a una condizione di anossia (riduzione della concentrazione di ossigeno).  Altro aspetto fondamentale della questione è che pare che non sia necessario essere in punto di morte per vivere un’esperienza di pre-morte: uno studio del 1990 infatti dimostrava che su 58 pazienti, che riferivano esperienze “insolite” simili a quelle di pre-morte, 30 non erano affatto in pericolo di vita, ma semplicemente credevano di esserlo. Come se non bastasse, anche alcune sostanze assunte in dosi massive come ad esempio la ketamina possono in grado si indurre  sensazioni simili a quelle  descritte durante le NDE.

Le “Near Death Experiences” dunque non its_all_in_the_mindpossono essere considerate a rigor di scienza una prova attendibile dell’esistenza di una vita oltre la morte, ma costituiscono senza dubbio l’ennesima conferma della complessità e dello strabiliante potenziale della mente umana e, chissà, magari la verità sul paradiso non si nasconde proprio nel nostro cervello.

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