The Walking Dead: io tifo per gli zombies!

Continua ad infestare i piccoli schermi con successo la nuova stagione di The Walking Dead, la serie televisiva statunitense che ha trasformato un genere come quello horror-zombie, da sempre appannaggio di una nicchia di “necrofili” appassionati, in un fenomeno mediatico capace di appassionare anche i più refrattari.

Non tutti sanno, però, che la serie rivelazione andata in onda nel 2010 è una trasposizione rivisitata di una serie a fumetti che ha cominciato a farsi strada fin dal 2003 arrivando a superare in vendite anche capisaldi dell’editoria a fumetti made in USA come Batman e Spiderman. E’ la Image Comics la casa editrice che ne detiene i diritti e che ha investito sull’intuito di Robert Kirkman, autore di testi e sceneggiatura, il quale, accompagnato dalle matite prima di Tony Moore e poi di Charlie Adlard, ha ideato questa miniera d’oro fatta di carne putrida e violenza. L’idea alla base della trama è semplice ma acuta, oltre che dal potenziale infinito: si raccontano le vicende di un gruppo di sopravvissuti in un mondo in cui i morti resuscitano diventando voraci divoratori di carne umana. E’ l’apocalisse di Giovanni, senza giudizio divino. Da questo plot ha origine la zombie saga che in America ha già superato i 100 numeri mensili, che ad ottobre 2013 ha compiuto 10 anni di vita editoriale (traguardo notevole di questi tempi) e che ha ispirato non solo telefilm, ma anche videogiochi, romanzi e merchandising vario. Oltre ad aver  infettato il restante mercato, sempre più in espansione con prodotti sul genere zombie. Per esempio nelle librerie ha fatto capolino un romanzo perfetto per gli amanti della narrativa (come la nostra critica letteraria Cinzia)

Nella prossima visita al museo, Veronica e Francesca potrebbero ammirare dipinti di natura vita morta

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre alla prossima sfilata la redattrice di tendenze Carmen potrebbe incontrare modelle che indossano scarpe “letteralmente” all’ultimo grido.

Chi si aspettava che questi esseri putrescenti, maleodoranti, poco intelligenti potessero rappresentare una delle fonti di introito più cospicue del business dell’intrattenimento moderno, battendo licantropi, vampiri e mummie? Forse solo George Romero, creatore dell’immagine attuale di morto vivente, che nel 1968 shockò il mondo con Night of the Living Dead. Discostandosi dall’originale zombie delle leggende haitiane (controllato attraverso la  magia nera da uno stregone), il regista inventò questi non-morti che resuscitavano a causa di un non definito virus. Ma i suoi film non sono mai stati solo storie splatter: che si trattasse di una denuncia alla situazione politica statunitense ai tempi della guerra in Vietnam o di una critica al conformismo di massa e all’omologazione delle abitudini generato dal consumismo (esemplare la scena di Dawn of the Dead del 1978 in cui gli zombies si ritrovano radunati in un centro commerciale) l’orrore era sempre usato per raccontare qualcosa. Oggi, soprattutto al cinema, i mostri – e gli zombie non ne sono esenti – sono spesso un patetico espediente per far saltare lo spettatore dalla poltrona, ben lontani dal costituire quelle metafore di cui sopra (per non parlare di fluorescenti vampiri  astemi e lupi mannari dal petto depilato!).

Non potendo contare sugli effetti speciali di cui il cinema può abusare quando deve sviare dalla pochezza dei contenuti, ci ha pensato uno sceneggiatore come Kirkman ed un medium troppo spesso in sordina come il fumetto a restituire tematiche interessanti al genere. Ma, a differenza di papà Romero che ha sempre dato una forte connotazione sociale alle sue produzioni, Kirkman ha prediletto invece un taglio più psicologico, incentrandosi sulle reazioni umane differenti e sullo sviluppo delle relazioni. E poi c’è Michonne

Che donna! The Walking Dead meriterebbe di essere letto anche solo per innamorarsi di questo personaggio: parla poco, affetta tanto, agisce al momento opportuno e se ne va in giro con una katana e due zombies incatenati. Praticamente la donna della mia vita! Spero che alla fine del fumetto la facciano regina, zaressa, imperatrice delle Zombielands (in alternativa vi concedo di amare la Maggie del telefilm, che è sempre figa anche quando è ricoperta di budella, sangue e vestita come un benzinaio).

A dirla tutta, di personaggi davvero positivi in TWD se ne incontrano pochi (e quando succede muoiono presto!). Teenager che si suicidano dopo aver consumato la loro prima volta, persone che danno sfogo ai loro più bassi istinti, sociopatici che diventano leader di comunità. Molto spesso i veri “cattivi” non sono i walkers, costretti a vivere una condizione disagiata a discapito della loro reale volontà, ma gli uomini stessi, capaci delle più feroci efferatezze pur di sopravvivere. Ragione e buoni sentimenti  vanno sempre più a farsi benedire e anche figure inizialmente positive come Rick Grimes e il suo gruppo diventano col tempo meno umani. Col progredire della storia l’aggressività diviene prerogativa tipica più dei vivi che dei morti: questi ultimi uccidono per nutrirsi, mentre la violenza dei sopravvissuti, quando non è per legittima difesa, arriva ad essere gratuita, anche nei confronti degli zombies.

Mentre solitamente le storie di morti viventi cui solitamente siamo abituati sono ambientate nel momento iniziale di diffusione della pandemia, la serie di Kirkman porta il concept più avanti nel tempo, raccontando vicende di sopravvivenza, di resistenza, di coesistenza con un orrore che da straordinarietà diviene routine.

L’orrore è l’abitudine. L’abitudine alla violenza gratuita,  all’indifferenza, al sopruso, al potere del prepotente, all’anestesia dei sentimenti. L’orrore è un mondo dove i nemici sono da un lato spettatori inermi della vita che si nutrono del dolore altrui e dall’altro esseri  privi di ragione e capaci di ripetere solo i più blandi gesti quotidiani scevri di qualsiasi significato. Un simulacro vuoto, pericoloso solo quando è in massa.

Se leggendo le ultime righe avete pensato che questi nemici non sono gli zombies, allora avrete colto la metafora di Kirkman su chi siano davvero i morti che camminano.Se volete recuperare questa serie cult, trovate in fumetteria i brossurati che ristampano in formato comic book sei numeri americani alla volta, oppure in edicola la ristampa che ne accorpa quattro, in formato bonellide e ad un prezzo decisamente più economico. Entrambi editi dalla coraggiosa Saldapress.

Angelo Capasso: In perenne bilico tra editoria e psicoterapia, tra semiologia e semantica, tra bulimie sentimentali e curiosità infantile, inseguo indiscriminatamente verità, sogni e immaginazione (qualora ci fosse davvero una differenza)! Mi interessano le persone, le loro storie, le parole in cui sono racchiuse.

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