Avete un autore nelle cui tavole adorate perdervi, a tal punto che, per una volta, la trama può tranquillamente passare in secondo piano? Sebbene per me la sceneggiatura sia una delle priorità per una buona storia a fumetti, con gli anni ho scoperto diversi fumettisti capaci di incatenarmi alla pagina anche solo per il loro tratto. Forse il primo a conquistarmi in tal senso è stato l’Andrea Pazienza de Le Straordinarie Avventure di Pentothal, ma poi avrei avuto la fortuna di incontrarne altri: Bill Sienkiewicz – soprattutto quando disegna Elektra – e Dave McKean, in qualsiasi stile, opera e salsa; per non parlare delle lande fantascientifiche create da Moebius, nelle quali, di questi tempi, mi ci trasferirei ben volentieri.
Ultimamente, quando non mi va di impegnarmi nella lettura, ma solo di appagare le brame estetiche di quel senso avido e capriccioso che è la vista, spesso – probabilmente per una sorta di perverso voyerismo fumettistico o di una vera e propria seduzione artistica – mi trovo a risfogliare le opere di Tony Sandoval, fumettista meno “datato” rispetto ai succitati, e sicuramente meno famoso. Di natali messicani, Tony Sandoval è un autore completo che, dopo la gavetta in terra natia, si è trasferito in pianta stabile in Europa per lavorare nel mondo del fumetto. E per mostrarci la bellezza dell’orrore.
La nona arte in Sudamerica ha una sua dignitosissima tradizione, che ha influenzato e ispirato numerosi artisti italiani: basti pensare che proprio in Argentina si sono formati maestri nostrani del calibro di Hugo Pratt e Dino Battaglia. Nonostante negli ultimi anni sia stato messo in ombra dall’invasione orientale dei manga, nonché dall’egemonia editoriale del comic made in USA, il mercato italiano del fumetto sudamericano continua a resistere diffuso da riviste come Lanciostory e Skorpio e da prestigiose ristampe delle firme più importanti. In Italia Sandoval arriva pubblicato in volumi grazie all’intuizione e il talent-scouting degli editori dell’immaginario della Tunuè, anche se – a onor del vero – ha ben poco da spartire con i classici esponenti dell’historieta sudamericana: sicuramente lontano dall’umorismo satirico degli argentini Mordillo e Quino, dalle tinte noir dell’hard-boiled Alack Sinner di Munoz & Sampayo, dalla distopica denuncia sociale dell’Eternauta di Oesterheld & Lopez, dalle ambientazioni sci-fi della Cybersix di Trillo & Meglia e dalle avventure storiche di Dago del paraguayano Robin Wood, questo fumettista si distanzia, per lo stile e le tematiche, anche da connazionali come il caricaturista Antonio Arias Bernal e il cartoonist Humberto Ramos (ormai popolare in tutto il mondo per essere uno dei disegnatori regolari dell’ultima run di Spiderman).
Forse più punti in comune si possono trovare con i personaggi onirici e sfumati del visionario fumettista argentino Carlos Nine e – non andando oltre le ambientazioni grottesche e gotiche – nelle opere dell’uruguayano Alberto Breccia tratte dai romanzi di Howard Phillips Lovecraft e di Edgar Allan Poe, scrittori di cui Sandoval è dichiaratamente cultore. Nel suo stile c’è anche traccia del surrealismo pittorico messicano (i cui più celebri esponenti furono Diego Rivera e la moglie Frida Kahlo), più concettualmente che visivamente. Si respira Messico nelle sue storie, ma non quello prediletto dalla fiction televisiva e cinematografica degli ultimi anni. Niente guerre tra cartelli e narcotraffici internazionali, ma un Messico che è terra di credenze surrealistiche, di persone che celebrano i fantasmi, patria in cui si venera la Santa Muerte (culto ormai così radicato, caratteristico e unico che l’Unesco l’ha dichiarato “patrimonio immateriale dell’umanità”).
Ad abitare gli oceani spiritici e i boschi infestati delle sue storie, a ballare danze macabre in cui scheletri e mostri marini si muovono al ritmo di un metal struggente e decadente, sono sempre fanciulli e giovani che si trovano a vivere disavventure e misteri, che hanno più a che fare con le profondità recondite del loro inconscio piuttosto che con il mondo reale. Sullo sfondo di un “fantasy domestico e dark”, le trame si srotolano in vicende intimiste e l’adolescenza si trasforma nel terreno fertile per far sbocciare da insicurezze e malinconie gli orrori del quotidiano che ci rifiutiamo di vedere. Anche la morte, più che una destinazione finale, è raffigurata come un ponte, una via di passaggio per comunicare messaggi oscuri che uno sguardo razionale sul mondo non coglierebbe. Piroetta con questo thanatos seducente l’eros velato di giovani eroine innocenti e allo stesso tempo sensuali: sguardo da bambina, esile corpo di donna, queste piccole lolite di carta lottano alle prese con i demoni interiori del rancore e con gli spettri del rimorso.
Altro che sogni, siamo fatti della stessa sostanza degli incubi.
Tony Sandoval lo sa e con la sua arte ce lo mostra. A lettura conclusa di ogni suo graphic novel, avremo sempre la frastornante sensazione di esserci svegliati da un sonno allucinato, allo stesso tempo avvolgente e orribile. Desiderevamo scapparne, ma allo stesso tempo ne volevamo ancora.
E ancora.
E ancora.
Perchè paura e desiderio sono due facce della stessa medaglia e gli incubi stanno lì, a rammentarcelo.
Sono dentro di noi. In perenne agguato.
In attesa che li facciamo uscire.