Le cose che SI SONO SEMPRE POTUTE MOSTRARE in un fumetto di supereroi
01) volare
02) schivare proiettili con balzi acrobatici
03) viaggiare nel tempo
04) rompere un muro con un pugno
05) teletrasportarsi
06) leggere nel pensiero
07) lanciare raggi dagli occhi
08) respirare nello spazio
09) diventare invisibili
10) attraversare gli oggetti
Le cose che NON SI POTEVANO MOSTRARE in un fumetto di supereroi
01) morire
02) uccidere un nemico
03) uccidere un personaggio positivo
04) fumare
05) drogarsi o bere alcool
06) divorziare
07) allusioni al sesso
08) scene esplicite di sesso
09) un matrimonio omosessuale tra due ragazzi
10) un matrimonio omosessuale tra due ragazze
E’ Batwoman la recente vittima di un ultimo tabù di un mondo fittizio nel quale è possibile sfidare tutte le leggi della fisica, ma non tutti i pregiudizi: mentre in casa Marvel l’anno scorso si è svolto il primo matrimonio omosessuale tra supereroi, di recente la DC ha vietato ai suoi scrittori di fare convolare a nozze la rossa supereroina con la sua compagna. La notizia dispiace ma non sorprende, visto che nella storia della nona arte statunitense non solo affrontare tematiche sociali è stata una conquista progressiva e faticosa di disegnatori e sceneggiatori, ma anche semplicemente raccontare eventi realistici e quotidiani come un divorzio è stato a lungo una chimera. Basti pensare che nel 2007, in seguito alla scelta editoriale di svecchiare Peter Parker e il suo alter-ego Spiderman, gli editori hanno imposto la fine del matrimonio con la top model Mary Jane, ma anziché ricorrere ad un semplice divorzio, si è optato per un accordo tra l’eroe e Mefisto, che ha cancellato il matrimonio in cambio della sopravvivenza di zia May. A quanto pare per l’America puritana un patto con il diavolo è più politically correct di un divorzio. E pensare che proprio Amazing Spiderman è stata per decenni una serie progressista, che tra i suoi meriti “vanta” la cosiddetta perdita dell’innocenza nel fumetto (Amazing Spiderman #121). O ancora negli anni ’70, Stan Lee e l’editore Martin Goodman, decisi a raccontare una storia in cui Harry Osborn stava male per un overdose di LSD, sfidarono il famigerato Comics Code Authority, organo di censura sotto cui dovevano passare tutti gli albi prima di essere pubblicati e che proibiva la raffigurazione di comportamenti sessuali e violenti, oltre che di fumo, alcool e droghe. Amazing Spiderman #135-137 fu un trittico di storie memorabile non solo perché per la prima volta si raccontava in un fumetto di supereroi la realtà della droga, ma perché uscì senza quel famigerato bollino censorio così rassicurante per genitori, moralisti e perbenisti. Per dovere di cronaca fin dagli anni ’60 c’erano sempre stati nel giro underground autori che se ne sbattevano altamente del CCO, ma nell’ambito mainstream fu un vero e proprio atto rivoluzionario contro un atteggiamento censorio che le stesse case editrici si erano per anni autoimposte.
Proprio Batwoman sembra avere un forte legame con il mondo della censura e dell’autocensura: il personaggio originale era stato introdotto infatti nel 1956 come interesse amoroso di Batman, finalizzato a sfatare le accuse di omosessualità e pedofilia che nel saggio “Seduction of The Innocent” lo psichiatra Fredric Wertham aveva mosso contro la una presunta relazione tra il cavaliere oscuro e il giovane Robin. Come i tanti personaggi emuli di Batman che in 70 anni di vita editoriale si sono succeduti, quella Batwoman fu ben presto dimenticata e poi cancellata dalla instabile continuity dell’Universo DC. Solo nel 2007 una nuova Batwoman, alias Kate Kane, entrò in scena come personaggio minore, per ottennere prima una saga personale sulla storica Detective Comics e poi una sua testata personale dal 2011, scritta e disegnata da J.H. Williams e W. Haden Blackman. Alla stregua di tanti giustizieri mascherati la sua attività ha origine in un trauma: la sorella e la madre muoiono uccise in un rapimento e, unica sopravvissuta, prova a seguire le orme del padre nell’esercito USA, per poi esserne espulsa quando rivela pubblicamente il suo orientamento sessuale. Quasi per contrappasso, in una sorta di rivendicazione femminista contro la funzione accessoria del personaggio originario, la nuova Batwoman è dichiaratamente omosessuale e per placare la sua sete di giustizia inappagata, diventerà una giustiziera che si ispira al più famoso eroe di Gotham City. Di tutta la Bat-family, Kate è il personaggio più ai margini, ha pochi contatti con il “capofamiglia” Batman che, tra l’altro, non la vede proprio di buon occhio. Spesso i personaggi emuli hanno vita breve, sembrano quasi una parodia alla stregua di Bat-Roberto o Kripto il Super-dog. La nuova Batwoman, invece, funziona, le sue trame sono profonde e coinvolgenti, per non parlare delle matite e dello story-telling di Williams III, le cui soluzioni visive sono dinamiche, eleganti, capaci di rompere la gabbia in maniera funzionale alla narrazione, oltre che gradevole all’occhio. Eppure nonostante Batwoman rappresenti un fumetto di rottura sotto diversi punti di vista, sia artistici che tematici, sul suo blog Haden Blackman ha dichiarato che presto lui e il suo socio prenderanno commiato dalla serie di quella che è una vera e propria figlia adottiva, perché stufi delle pressioni editoriali che hanno imposto cambiamenti continui alle storie, fino al recente veto sul matrimonio con Maggie.
“Tutte queste decisioni editoriali sono giunte all’ultimo minuto, dopo più di un anno di pianificazione e di stesura della trame […] La natura di questi cambi dell’ultimo minuto ci hanno lasciato pieni di frustrazione e rabbia, perché ci impediscono di raccontare le storie al meglio”
Mentre aumentano sempre più i paesi in cui tra due persone dello stesso sesso è possibile accedere all’istituto del matrimonio (allo stato attuale nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Portogallo, in Francia, in Norvegia, in Danimarca, in Islanda, in Svezia, in Inghilterra, in Galles, in Nuova Zelanda, in Sudafrica, in Argentina, in Uruguay, nella capitale del Messico, in Brasile, in Canada e in tredici Stati USA), le fittizie Metropolis e Gotham City non sono ancora pronte per questo traguardo importante dei diritti civili. La motivazione di Dan DiDio, co-publisher della DC, verte su tutt’altra tematica “heroes shouldn’t have happy personal lives”. Stando alla sua dichiarazione, la causa dunque non sarebbe un tabù nei confronti del matrimonio gay, ma una sorte sadismo editoriale!
Appena l’anno scorso i lettori avevano assistito al coming out di Lanterna Verde, importante personaggio della stessa casa editrice. L’evento era stato molto pubblicizzato, quasi una marchetta costruita per fare un po’ di richiamo mediatico e vendere qualche copia in più. Quando invece si è trattato di dare il beneplacito ad una saga ben congegnata e coerente, in cui il matrimonio doveva costruire un punto di arrivo di alcune trame e un punto di partenza per altre, la DC invece non ha voluto osare, nonostante sia decisamente triste anche solo usare il termine “osare” su questo argomento.
Il personaggio di Batwoman è un inno alla giustizia che vuole fare rima con libertà ma che non ha ancora ottenuto. Può dichiararsi gay, ma non vivere a pieno la sua affettività. Il disegno si emancipa dalla rigidità della gabbia, ma alla creatività dei suoi sceneggiatori non è concesso svincolarsi dai diktat editoriali. Anche se solo personaggi di carta, farebbe bene non cristallizzarli nel dramma e regalar loro sprazzi di felicità, che guarda caso fa perfettamente rima con libertà.