“Hai qualche hobby?” Da bambino, più di una volta a questa domanda di un adulto, mi sono ritrovato a rispondere, essendo io un fanciullo librofilo e cartivoro: “leggere”. Un risposta sincera ed ingenua, cui più di una volta ha fatto seguito uno sguardo perplesso o una risatina di affettuoso scherno.
Purtroppo, se oggi è quasi ridondante ribadire che le ricerche mediche e psicologiche hanno da tempo dimostrato i benefici che apportano alla salute passatempi come praticare costantemente uno sport, curare con dedizione una collezione, impegnarsi in attività “fai da te” o nel modellismo, lo è di meno sottolineare che, per quanto possa apparire un’attività pigra e sedentaria, anche la lettura è un hobby che comporta numerosi miglioramenti psicologici, i quali vanno ben oltre i già sani e conosciuti effetti pedagogici.
E’ risaputo, infatti, che l’ hobby della lettura aiuti ad ampliare il proprio vocabolario, a riempire il proprio bagaglio di conoscenze nuove, e, stimolando la mente, a implementare anche le capacità attentive e i processi mnemonici.
Già meno si sa, invece, sull’apporto positivo che l’ hobby della lettura può avere per il proprio benessere mentale.
Poco conta che la passione letteraria sia incentrata sulla narrativa di genere, sui fumetti western, su saggi di economia politica o su biografie: indipendentemente che riguardi un best-seller di Stephen King, l’ultimo numero di Vogue, un albo di Dylan Dog o la vera storia di Malcom X, leggere fa bene a più livelli.
Prendiamo, ad esempio, la sempreverde Jane Austen, tanto amata dalla quota rosa di lettrici. Una ricerca della californiana Università di Stanford, guidata della neurobiologa Natalie Phillips, ha sottoposto ad una risonanza magnetica molti lettori-cavie intenti nella lettura di Mansfield Park, rilevando un aumento notevole del flusso di sangue nell’area del cervello adibita a quella parte impegnata nelle funzioni di esecuzione, ovvero tutte quelle attività che richiedono un elevato grado di attenzione per portare a termine un compito. L’esperimento dimostra che, anche se ci si sta dedicando ad un’attività ricreativa per svagare la mente e rilassarsi, in realtà ci si sta sottoponendo ad un esercizio mentale: uno sforzo inconsapevole e salutare che risulta piacevolissimo.
Jorge Luis Borges diceva che “leggere è una delle possibilità di felicità che abbiamo noi uomini”. Ebbene studi tedeschi su soggetti affetti da distimia hanno dimostrato che l’affermazione del grande scrittore argentino potrebbe travalicare l’ambito della critica letteraria ed essere usata anche come prescrizione medica: la ricerca è stata effettuata su un campione di soggetti depressi che sono stati divisi in due gruppi, ad uno dei quali è stato somministrato un antidepressivo, mentre all’altro è stata “prescritta” soltanto la lettura di un cospicuo numero di libri. A distanza di mesi, è stato rivelato un miglioramento nel tono dell’umore in entrambi i gruppi. Se leggere Siddharta può avere un effetto placebo analogo ad un antidepressivo, perché ingozzarsi di Citalopram?
Anche nella gestione dello stress urbano, la lettura è un toccasana: in una ricerca del neurologo David Lewis, dopo aver sottoposto i soggetti a stimoli che innalzavano notevolmente il livello di stress, si proponevano loro vari rimedi naturali. Ebbene leggere è risultato tra quelli più efficaci con una riduzione dello stress del 68%, punteggio migliore anche rispetto all’ascolto della musica (61%) e a una passeggiata (42%). Perciò, dopo una giornata di alienante lavoro al computer, di interminabili file alle poste e code nel traffico, meglio rilassarsi con le Cosmicomiche piuttosto che con “La Sinfonia n. 4 in Mi minore”. Italo Calvino batte Johannes Brahms 1-0!
Ciò che, però, sorprenderà maggiormente, non riguarda tanto gli effetti della lettura sulla sfera cognitiva, ma sulle capacità relazionali e affettive, che il senso comune reputerebbe – a torto – non coinvolte né stimolate da un’attività solitamente ritenuta solitaria come la lettura. A sostenere che la lettura incrementi sensibilmente l’attitudine ad empatizzare con il prossimo e le abilità comunicative è Keith Oatley, professore di psicologia dell’Università di Toronto, secondo il quale leggere fiction permette una simulazione utile alla nostra sfera emotiva e alle situazioni sociali: chi è avvezzo alla lettura risulterebbe più socialmente abile di colui il quale non ha modo di sperimentare queste esperienze a cavallo di carta e immaginazione. Se gestire la vita di coppia è un neo dolente, romanzi come Non Ora, non qui di Erri De Luca, L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera, Mancarsidi Diego De Silva o Blankets di Craig Thompson possono essere la palestra virtuale ideale in cui sperimentare le relazioni sentimentali e la vasta gamma di effetti collaterali ad esse connesse (dal rifiuto alle liti, dalla perdita alla nostalgia, c’è solo l’imbarazzo della scelta).
La prevenzione, però, è come al solito la cura migliore, per cui meglio cominciare fin da piccoli, trasmettendo il piacere della lettura ai propri figli, prima ancora che imparino a leggere autonomamente. Barry S. Zuckerman, tra i fondatori di Reach Out and Read, un progetto statunitense di lettura per l’infanzia (che in Italia ha ispirato esperimenti simili e con medesime finalità, come Nati per leggere), ha documentato con molti studi gli effetti positivi che un bambino trae dalla lettura a voce alta di una storia da parte dei genitori.
L’atto della lettura a voce alta, nella sua apparente semplicità, contiene molte valenze legate a pattern comunicativi e affettivi, che influiscono in modo rilevante sullo sviluppo, non solo dal punto di vista cognitivo, ma anche relazionale e sociale.
Ma influisce anche sull’avvicinamento alla cultura e al rispetto del senso civico: senza poter fare di tutta l’erba un fascio, ma tenendo conto dei risultati statistici, si è visto che gli amanti della lettura si preoccupano di esercitare il diritto del voto, prendono parte a eventi civili e culturali, si dedicano al volontariato e, cosa più sorprendente, praticano esercizio fisico! Insomma, si comincia ad essere buoni e sani cittadini leggendo Il Piccolo Principe di Saint-Exupéry e I Libri della Giungla di Kipling.
Nel saggio Come un romanzo, che probabilmente è la più grande dichiarazione d’amore mai dedicata ai libri e soprattutto all’ hobby della lettura, lo scrittore Daniel Pennac scrive “l’uomo costruisce case perché è vivo, ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire”.