Nome: Corrado Pezzella
Età: 28
Professione: dopo la laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni mi sono trasferito a Milano per lavorare come consulente manageriale in una multinazionale americana per 2 anni. Da 1 anno lavoro in ambito consulenza pre-sales come business analyst per una multinazionale giapponese.
Origini geografiche: Grumo Nevano (NA)
Città in cui vivo attualmente: Milano
Perché proprio lì, sei pazzo? Per quale motivo una vacanza in quel postaccio? Come mai quel tipo di viaggio? Sono solo alcune delle domande che spesso mi si rivolgono, da un paio d’anni circa, quando decido una meta o mi si propone un tipo di viaggio. A quelle domande non ho risposte. Non ne conosco esattamente il motivo. Non so per quale assurdo disegno della fantasia la mia matita nel percorrere la cartina geografica finisce sempre sui luoghi più remoti. O forse la conosco la ragione? Forse sono proprio quelle domande che mi spingono a farlo, che stuzzicano la mia curiosità e la mia voglia di mettermi alla prova.
Sant’Agostino scriveva: “il mondo e’ un libro e chi non viaggia ne legge solo una pagina” ed io voglio leggerlo, cominciare con lo sfogliare le prime pagine e annotare appunti sulle pagine della mia vita e della mia esperienza, del mio modo di guardare il mondo e le cose. Il miglior modo per cominciare ad osservare con occhi sempre diversi luoghi e persone, per andare oltre i pregiudizi. O semplicemente trovarsi a fare i conti con lo spazio ed il tempo in una nuova veste, proiettarsi in una dimensione ben diversa da quella che la quotidianità ci presenta, come un conto al bar, giorno per giorno. Ben lontana da quella dimensione del tempo passato ad aspettare la metro, o trascorso sui nostri tablet e smartphone con la testa chinata mentre il resto delle cose ci passa davanti. Ci si affida alla grandezza fisica ‘tempo’ per guardare la grandezza fisica ‘spazio’ o viceversa. Così come accade in astronomia e nell’universo, lo spazio e il tempo si alternano l’una con l’altra per poi fondersi in un’unica grandezza. Ci penso proprio ora, mentre percorro passo dopo passo alcune tra le montagne più alte del mondo in una delle valli più remote del pianeta: Nepal, dove il tempo non è quello scandito dagli orologi, le distanze si misurano in ore e la semplicità delle cose racchiude in sé un valore inestimabile.
Su qualsiasi libro di geografia o sul web puoi leggere che il Nepal è una repubblica federale democratica dell’Asia meridionale con capitale Kathmandu, puoi leggere che è compresa tra Cina (Tibet) e India. Su qualsiasi guida si può leggere delle attrazioni, dei percorsi turistici. Sui libri di storia di dinastie e governi che si sono successi. Potrei riportare queste info facendo, con agili Ctrl+C e Ctrl+V, dei semplici copia e incolla. In realtà cerco solo di dare forma, con parole e frasi, a quello che per me è stato forse il viaggio più lungo, intenso e sfidante tra quelli fatti fin’ora. Un viaggio in cui mi sono trovato a fare i conti con una dimensione del tempo non esprimibile in secondi. Ci si scontra con la seconda dimensione del tempo: la profondità. L’intensità dei minuti passati in giro tra le valli, a contatto con le persone, con lo stringersi per mano con i bimbi che vanno a scuola o semplicemente le interminabili ore di cammino non trova alcun confronto con la realtà che ho lasciato fatta di routine, corse frenetiche, lamenti per quello che non si ha e si vuole. Realtà fatta di continue voglie dando per scontato, con estrema presunzione, le cose più semplici. Un viaggio che, come successo altre volte, mi pone di fronte a scene di vita e a contesti che si imprimono nella mente e nel DNA. Cerchi di comprendere quale sia il vero valore delle cose e, quando ci riesci, apprezzi piccoli gesti che ti riempiono il cuore e validano la tua esperienza di vita e ti rendi conto che ciò che hai e dai per scontato è un vero lusso.
A spasso per il Nepal con un trekking di circa 7 giorni. Di cui 4 per arrivare all’Annapurna Base Camp (a 4200 m) e 3 per riscendere a Nayapul. Una media di 5-6 ore di cammino al giorno tra ripidi sentieri e scarpinate fatte in pietra o semplicemente disegnate da radici di enormi alberi. A spasso tra foreste, steppe e ruscelli. A spasso tra stradine che percorrono il cuore di piccoli villaggi fatti di capanne e persone. Le stesse che con un sorriso forte, tale da vincere la povertà e la sofferenza, ti colpiscono diritto al cuore con un semplice saluto: Namasté. Quello stesso melodico Namasté gridato al vento e accompagnato dalle vivissime risate dei bambini che con le loro piccole mani congiunte con le dita verso il cielo ti offrono quel saluto: Namasté (mi inchino a te). Un semplice saluto capace di strapparti un sorriso anche quando arranchi su quei gradoni in pietra, quando ormai le tue gambe hanno deciso per un pit stop contro la tua volontà. Quando i battiti del tuo cuore, per la fatica, si fanno sentire fin dentro le tempie. Forse è questo uno dei sensi del viaggio: comprendere quello che si da per ovvio e scontato. Scoprire che la vera ricchezza e la vera fortuna si vestono di semplicità fatta di sorrisi, saluti, lunghe passeggiate, abbracci. Fatta di giornate di sole cocente, di pioggia che ti bagna, di ruscelli che ti rinfrescano. La vera ricchezza e la vera fortuna si vestono di semplicità per nascondersi a molti e per essere viste e comprese da pochi.
Alloggiare in piccoli lodge tirati su alla meno peggio, senza acqua calda nè corrente elettrica. Ma abbiamo tutto quello che ci serve e l’ospitalità delle persone vale molto di più. Un motivo in più per godersi quanto di più splendido la natura ha da offrirci. Un motivo in più per riflettere, riflettere e riflettere. Dopo 4 giorni siamo al cospetto dell’Annapurna che si presenta con tutta la sua maestosità vestito di un manto bianco, contornato da un cielo terso e si fa gioco della Luna e delle stelle a mò di riflettori. Siamo al cospetto di uno dei primi ottomila scalato dall’uomo, detto “santuario” per la misticità infusa dalla bellezza di questo luogo, “Difficile immaginare un modo migliore per trascorrere un paio di settimane della vostra vita”.
Il Santuario dell’Annapurna è stato così battezzato dai suoi scopritori occidentali. Non è un santuario religioso bensì uno degli anfiteatri di montagne più mozzafiato, affascinante e grandioso del mondo.
Dopo 3 giorni di cammino per riscendere e qualche giorno speso tra rafting e visita della città, si spendono quelle 24 ore per rientrare a casa in Italia. Sono nulla in confronto a quanto vissuto e quanto “faticato” e ne sono consapevole.
Rientro a Milano. All’aeroporto, al varco, mi aspettano come una folla impazzita tutti i miei piccoli pensieri quotidiani dal bollo dell’auto all’affitto di casa, dalle mail di lavoro alla routine giornaliera. Ma tra tutti ce n’è una che per ora se ne sta lì tranquilla, mi scruta e ammicca. Chi è?….la mia prossima meta. Prendo a bordo tutti e, insieme ai tanti ricordi e agli insegnamenti lasciati da questo n-simo viaggio, sorrido al mondo e alla vita perché in fondo (per quanto poco ci possa sembrare ciò che abbiamo) siamo davvero fortunati. E nella testa ancora quel melodico suono che recita:
Namastè…
La redazione di CULT! consiglia a tutti i lettori di seguire Corrado sul suo blog di viaggi —> Girovagoblog , su cui troverete anche il resoconto dettagliato del suo viaggio in Nepal.