Home AuthorCinzia Cicatelli Orange is the New Black. Yes, sir!
orange is the new black

Orange is the New Black. Yes, sir!

by Cinzia Cicatelli

Orange is the New Black è entrata un po’ per caso nelle mie top 5 serie tv, ed io, fidatevi, ne ho viste davvero tantissime. E’ successo così.

Durante una piena carestia seriale estiva (chi segue le serie tv sa bene che riprendono tutte, o quasi, ad ottobre) l’astinenza mi ha indotto ad incuriosirmi a questo strano titolo. A quei tempi avevo letto che era in lizza per molti premi, che aveva addirittura tenuto testa a Breaking Bad e True Detective nelle nomination agli Emmy Awards, ma non avevo idea di cosa trattasse.

orange-is-new-black-emmyMi sembrava che potesse riferirsi ad un telefilm di avvocati (sarà forse quel black?) oppure ad una serie dedicata alla moda (sarà forse quell’orange?), ma tutto mi aspettavo, quando cliccai su play, tranne che stessi entrando nello sconosciuto mondo delle prigioni femminili.

Sì, teoricamente tutti sappiamo cosa succede in un carcere, anche se femminile. Teoricamente.

Sappiamo che ci sono guardie carcerarie che abusano psicologicamente e fisicamente delle detenute. Teoricamente.

Sappiamo che nonostante i sacrifici di Martin Luther King e di tutti gli attivisti anti-razzismo, in gattabuia ci si divide in veri e propri “quartieri” secondo la propria razza (e talvolta religione). Teoricamente.

Sappiamo che in periodi prolungati di cattività emergono pratiche omosessuali, forse per esigenze fisiologiche, forse per esigenze psicologiche, forse per occupare il tempo. Teoricamente.

Sappiamo che una nuova detenuta deve trovarsi una “moglie” in prigione, una specie di protettore contro le angherie delle altre. Teoricamente.

Sappiamo che esistono il contrabbando, la violenza, le punizioni corporali. Teoricamente.

Ebbene, Orange is the New Black ci fa scoprire tutto questo PRATICAMENTE.

orange-is-the-new-black-collageVedere questo telefilm (ispirato, tra l’altro, al romanzo biografico di Piper Kerman) è come guardare un documentario sulla seconda guerra mondiale: sai che i nazisti hanno ucciso milioni di ebrei e provi orrore per questo, ma sentire le testimonianze e vedere le camere a gas ti provoca tutt’altro effetto, inutile dire peggiore.

La prima stagione scivola lentamente all’interno della psicologia di Piper Chapman, quasi come un bruco che scava il suo passaggio nella mela, prendendo risvolti imprevedibili e scioccanti.

Piper è (o sembra essere) la protagonista del telefilm: bella, liberale e di famiglia alto borghese, che decide di costituirsi in seguito alla denuncia di una sua ex amante, Alex Vause, entrambe corrieri di un cartello di droga ai tempi del college. All’inizio tutto sembra un gioco da ragazz(e), la pena è di poco più di un anno. Una passeggiata, insomma (?!).

Piper, che nel frattempo si è rifatta una vita – con tanto di fidanzat(o) e un’attività commerciale da lanciare con la sua migliore amica – varca la soglia consapevole solo teoricamente di quello che l’aspetterà, proprio come lo spettatore, ma in pochissimo tempo dovrà affrontare un luogo con leggi e consuetudini completamente diverse.

orange-is-the-new-black-minionsSe i primi 13 episodi di Orange is the New Black accendono i riflettori su Piper e sul suo modo difficile di relazionarsi con detenute e amministratori del carcere di Litchfield (NY), sull’assoluta incongruenza tra il suo presente conformista e il suo passato fuori dalle righe, nella seconda stagione ci si addentra maggiormente nella psicologia e nella storia delle sue compagne di cella.

Ed è qui che entra in gioco il bello. Si schiude un universo femminile meraviglioso, fatto di orrori e splendori, fatto di cliché e di sorprese. La narrazione abbatte le nostre certezze dogmatiche, affievolendo il confine tra giusto e sbagliato, tra condannabile e assolvibile.

Durante tutta la prima lo spettatore si ritrova inevitabilmente a nutrire simpatie ed antipatie verso le singole detenute, sviluppando ipotesi sul crimine da loro commesso in base al temperamento mostrato in determinate occasioni.

Un errore.orange-is-the-new-black-marriage

Si scopre man mano che le donne più pericolose sono state messe dentro, magari, per uno stupido errore; le più sottomesse sono efferate assassine; le più in ombra nascondono un passato strabiliante. Vi sfido ad indovinare il reato della dolce Morello, della despota contrabbandiera Red e di come è andata alla fanatica religiosa Pennsatucky, solo per citarne 3 tra le più importanti (e sorprendenti).

Ma non è finita qua: giochi di potere, tradimenti, conflitti morali che dal microcosmo personale sconfinano nel macrocosmo dell’amministrazione e del sistema corrotto delle elezioni americane, che diventa protagonista delle ultime due serie trasmesse da Netflix.

La quarta stagione di Orange is the New Black si è appena conclusa con un colpo di scena che denuncia gli abusi di potere spesso insabbiati dalle amministrazioni (private e non) delle carceri, e che tentano di strumentalizzare – spesso con successo – notizie e vicende che accadono dietro le sbarre. Un po’ come la distorsione mediatica che avviene in merito agli extracomunitari e che fomentano inutile odio razziale.

Viene allora da chiederci, a noi dolce fanciulle che percorriamo la retta via, cosa succederebbe se dovessimo affrontare la medesima esperienza? Cosa faremmo se dovessero metterci un assorbente sporco nel panino o se non ci fosse permesso di mangiare per giorni e giorni? Qual è il confine labile tra essere una criminale e diventarlo?

Orange is the New Black. Un viaggio a 360° nel mondo della femminilità, delicato e feroce, completamente inedito, che ha molto da insegnare alle donne stesse.

Abbandonate fiocchetti e cotillon, lasciate stare gli abiti dell’Upper East Side e le sue ville lussuose. Siamo in prigione, bellezze!

orange-is-the-new-black-comics

You may also like