Essere semplicemente se stessi: perché una cosa che dovrebbe essere assolutamente naturale a volte risulta così ostica? Anche adesso, con un foglio bianco davanti, in cui potrei imprimere il meglio e il peggio di me, mi impantano. Sono in sospensione. Stand-by intellettuale (o forse emotivo).
Spesso è l’arte che ci soccorre nel nostro pantano ontologico, offrendoci l’opportunità di sperimentare aspetti di noi che difficilmente esprimiamo, o con i quali difficilmente conviviamo. E – può sembrare un paradosso – quando si è prigionieri di una maschera, il teatro può essere un’ottima risorsa.
Dagli inizi del secolo scorso il teatro ha sperimentato strade rivoluzionarie, stravolgendo canovacci e logiche, uscendo dagli spazi consoni e spostandosi in piazze, strade, ospedali. Nei primi anni ’20 Antonin Artaud, con il suo Teatro della Crudeltà, progressivamente provò ad emanciparsi dalla tirannia del testo come nucleo centrale della messa in scena. Per il drammaturgo francese la crudeltà consisteva nel sacrificio degli altri elementi della rappresentazione teatrale in favore dell’egemonia testuale: la sua risposta fu mettere sullo stesso piano tutte le forme di linguaggio, in modo da fondere gesto, movimento, luce e parola. Ad Artaud si ispireranno in molti, come la compagnia teatrale sperimentale del Living Theatre, ma la cosa interessante è che contemporaneamente ad Artaud, lo psichiatra rumeno Jacob Levi Moreno, inizialmente appassionato del metodo Stanislavskij, fondò il Teatro della Spontaneità in cui, considerando fondamentale l’effetto catartico e terapeutico della rappresentazione, l’attore non recitava più ai fini di uno spettacolo ma per un lavoro di crescita personale. Se Artaud aveva rivoluzionato il modo di intendere il teatro, Moreno, senza nessuna pretesa artistica, aveva scoperto un nuova applicazione della recitazione. Fu il primo passo per l’ideazione dello psicodramma che, abbandonando l’idea dell’attore classico per dar spazio al soggetto, consentì di creare nuovi percorsi di riabilitazione e programmi per la cura della mente.
Dai primi approcci di Moreno, si sono susseguite tante varianti metodologiche di questa tecnica che prevede l’utilizzo della messa in scena teatrale come metodo terapeutico. Oggi si sente parlare di psicodramma, sociodramma, teatroterapia: varie nomenclature per sfumature teoriche diverse il cui fine è sostanzialmente il medesimo, ovvero un maggior equilibrio tra corpo, psiche ed emozioni.
La dimensione sicura del “personaggio” consente di sospendere temporaneamente le conseguenze delle proprie azioni e di esperire parti di sé non quotidiane che ci rifiutiamo di conoscere in prima persona. Per esempio l’interpretazione di un personaggio molto vicino a se stessi permette di avvicinarsi ad esperienze vissute e non risolte che possono essere riviste da prospettive emotive diverse, mentre la scelta di ruoli immaginari ideali, molto distanti dalla propria quotidianità, può aiutare a scoprire parti di sé nuove, mai azzardate, talvolta considerate impossibili da saggiare nella naturalità della propria quotidianità. Impersonare i propri “nemici”, ovvero assumere ruoli che solitamente sono criticati e considerati lontani dal proprio modo di essere, è un modo per accrescere l’attitudine ad empatizzare, permettendo di “mettersi nei panni dell’altro”, vivendo allo specchio dinamiche relazionali che sono state osservate sempre dal punto di vista opposto. Il teatro diviene, in tal modo, un gioco di ruoli e di sensazioni che, attraverso l’interpretazione di storie reali o fittizie, consente di esplorarsi.
Sorprenderà scoprire quanto variegate siano applicazioni della teatroterapia: dalla riabilitazione di detenuti e tossicodipendenti, al sostengo a disabili e malati oncologici, oltre che terapia con persone che soffrono di ansia, traumi e depressione.
L’identità trova equilibrio nel rapporto tra corpo, voce, mente e armonia nella relazione con l’altro, gli altri e sé stessi. Attraverso il processo dell’improvvisazione non c’è inganno, manipolazione o artificio: una cura dell’anima attraverso la quale i propri vissuti escono allo scoperto e dolori, gioie, conflitti vengono a galla più facilmente che su un lettino di psicoanalisi!
Terapia non è guarigione, è cura.
Teatro non è finzione, è verità.
Teatroterapia è la cura attraverso la verità del teatro.
Ognuno ha qualcosa da curare,
ognuno ha una verità da raccontare.
Cristina Ruscica
1 comment
ottimo articolo… la teatroterapia è uno dei tanti modi per fare un viaggio dentro se stessi! 😀
Comments are closed.