Anche un segnale stradale può essere esposto in un museo se l’idea che veicola è un messaggio che trascende la sua quotidiana funzione. Fenomeno non inusuale per l’arte contemporanea, ma il vero obiettivo di ACCESSIBLE ICON, il nuovo cartello di parcheggio per disabili ideato da un gruppo di studenti del Massachusetts, non è rimanere sulle linde e prestigiose pareti del Moma di New York, dove resterà esposto fino al febbraio 2015 nella mostra A Collection of Ideas. Piuttosto, ambisce ad arrivare nelle strade, negli ospedali, nei garage, nei parcheggi, per diventare parte della nostra quotidianità, insieme a ciò che vuole veicolare: non solo un nuovo segnale del posto assegnato ai disabili, ma una differente rappresentazione del disabile. Lo sfondo è sempre blu, la figura è sempre bianca, c’è sempre una sedia a rotelle, ma è bastato cambiare la posizione dell’omino per restituirgli un ruolo dinamico, attivo, vivo. Per dare del portatore di handicap un’immagine diversa. Che, poi, diversa è una parola cui sono spesso abituati ad essere etichettati, a cominciare da quell’accezione politically correct che è la definizione di diversamente abile. In un’epoca dove i loghi e le icone sembrano aver più peso delle parole, dove per comunicare bene si intende sempre più il come comunicare, piuttosto che il cosa comunicare, ACCESSIBLE ICON fonde il come e il cosa in una sintesi d’immediato impatto, raro esempio di comunicazione responsabile.
Ovviamente non è il solo! Anche se gli occorrono molti più colori e linee rispetto ad accessible icon, è diventato quasi virale CUERDAS, cortometraggio animato del regista spagnolo Pedro Solis, che racconta la storia di un’amicizia tra Maria, bambina solare ed empatica, e Nicolas, un dolce compagno di classe affetto da paralisi cerebrale. Oltre al premio Goya, oltre al carosello tra i festival cinematografici di mezzo mondo che se lo contendono, è la viralità con cui sta rimbalzando e infettando le bacheche dei social la vera ricompensa che il regista sta ottenendo. Quando potete, prendetevi anche voi una pausa, o meglio un intervallo, come quello di Maria e Nicolas per scoprire come il gioco possa unire due persone al di là dei limiti di linguaggio e corpo.
Più datato, ma non per questo meno pregnante, è MON PETIT FRÈRE DE LA LUNE, breve ma intenso cortometraggio di Frédéric Philibert, che attraverso gli occhi amorevoli di una sorella descrive l’autismo del fratellino meglio di quanto saprebbe fare un autorevole manuale diagnostico. Senza ricorrere a paroloni vuoti (leggi sintomi), ci mostra, con occhi incantati ma non ingenui, difficoltà e peculiarità di un bambino che vive in quella bolla invisibile che chiamiamo autismo.
Sottotitoli e traduzione a cura di Giulia Miani e Pamela Caprioli.
DEAR FUTURE MOM è invece un video-messaggio promosso da CoorDown, il Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down, girato per rispondere ad una mamma che si interroga su quali potranno essere le aspettative di vita del suo nascente figlio, cui è stata diagnosticata la sindrome di Down. A rispondere sono proprio le persone direttamente coinvolte e la risposta non poteva essere più appropriata.