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Carmina Burana – essenza del Medioevo al Bellini

di Cinzia Cicatelli

Chi non conosce i Carmina Burana? Basta un po’ di sforzo mnemonico o basta ascoltare le prime note di “O fortuna” di Carl Ornoff e probabilmente chiunque dirà “ah certo! Ho capito”.

Confrontarsi con questi “testi sacri” del Medioevo è un azzardo non da poco: quando certe musiche e certe atmosfere sono così radicate nella coscienza collettiva, ogni interpretazione è rischiosa. Il rischio è di tradire quella coscienza, di confonderla. Al contrario, alcune interpretazioni possono arricchire quella coscienza collettiva, stimolarla, ri-plasmarla ed è quello che è accaduto ieri al Teatro Bellini di Napoli con i Carmina Burana eseguiti dalla compagnia Spellbound Contemporary Ballett.

spellbound carmina burana

Due sono i modi di vedere il Medioevo: sotto la luce oscurantista del fondamentalismo cattolico, delle dure leggi religiose che governavano il quotidiano di ogni individuo, oppure sotto la luce dell’esoterico, della trasgressione, di quella spada di Damocle fatta di privazioni e repressioni schivata con dissolutezza e ironia.

I coreografi Mauro Astolfi e Valentina Marini si sono concentrati su questo secondo aspetto, interpretando ed esaltando la sregolatezza propria dei componimenti originali dei Carmina Burana, legandoli alle musiche di Caracciolo e Vivaldi e ideando per gli spettatori coreografie dal forte impatto visivo.

carmina burana balletto

Provocatorie, disarmanti, destabilizzanti: le coreografie giocano con il pubblico portandolo sull’orlo dei propri limiti etici. Vediamo giovani e ragazze, con le croci sul petto, lasciarsi trasportare dalla cupidigia e dalla lussuria ma mai in maniera epicurea: c’è resistenza, ci sono i lacci delle convenzioni religiose e sociali, spezzati e ricomposti ripetutamente per un’ora tra corpi che si uniscono e si respingono in un balletto che non lascia fiato, continuamente in tensione, continuamente in bilico tra desiderio e compimento.

C’è quindi anche una doppia interpretazione che ne può dare il pubblico: uno spettatore non educato alla danza contemporanea potrebbe rimanerne sopraffatto. Sopraffatto dalla voluttuosità dei passi, dagli intrecci dei corpi, da uno spettacolo che rompe la linearità del tempo e si cristallizza in una sensazione. 60 minuti raccontano un’atmosfera, non una storia. Si resta materialmente “intrappolati” tra quei corpi. E c’è lo spettatore avvezzo a questo tipo di arte che non può non restare estasiato dall’eccellente ensemble di danzatori  che (solo chi lo ha vissuto sulla propria pelle sa bene) si sottopongono ad una vera sfida fisica oltre che interpretativa.

Uno spettacolo complesso, con coreografie sofisticate e sbalorditive per gli addetti ai lavori, superbamente eseguite dal corpo di 9 danzatori. Animalità, carnalità e certosina esecuzione si bilanciano perfettamente cogliendo l’essenza dei Carmina Burana con torsioni, salti, prese e virtuosismi extra-ordinari.

Un’ultima nota speciale riservata per la scena della taverna che mi ha riportato alle atmosfere dei tableaux vivants caravaggeschi e il diapason finale dell’armadio dove le coreografie diventano visionarie e metricamente perfette.

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