Home AuthorClaudia Esposito Una casa di bambola al Teatro Bellini di Napoli: il doloroso dolce peso dell’essere donne (e uomini)

Una casa di bambola al Teatro Bellini di Napoli: il doloroso dolce peso dell’essere donne (e uomini)

by Claudia Esposito

Un successo la prima al Teatro Bellini dello spettacolo Una casa di bambola, adattamento dell’originale del 1879 di Henrik Ibsen, diretto da Andrée Ruth Shammah. Vedere platea e palchi gremiti, con un testo ingombrante e doloroso come quello fornito da Ibsen, è sempre un piacere per gli occhi e il cuore. Il successo, tra l’altro, è ampiamente meritato; diciamolo subito, a scanso di equivoci: Una casa di bambola è un gran bello spettacolo. Le due ore e mezza volano via veloci, tenendo lo spettatore stretto in una morsa che intensifica la propria pressione col passare dei minuti, insieme allo stratificarsi dell’angoscia di Nora, assoluta protagonista della vicenda.

È quasi Natale, e in casa Helmer la giovane e bella Nora, madre e moglie, è totalmente assorbita dai preparativi, i costumi per la festa in maschera, l’ingombrante albero di Natale da mettere al centro del salotto e i costosi regali per figli, parenti, amici e domestici. Con i suoi capelli biondo platino e la voce cinguettante, Nora – interpretata da una splendida Marina Rocco – è la moglie bambina e bambola che ci aspettiamo già prima che si alzi il sipario. Canta spensierata e si serve di stratagemmi sciocchi per spillare soldi al marito, lo stimato avvocato Torvald Helmer, che la coccola e la rimprovera con fare bonario e al contempo paternalistico per la sua assenza di giudizio.

L’universo apparentemente tranquillo di Nora si sgretola quando il Procuratore Krogstad scopre il terribile segreto della donna: in passato ha falsificato una firma, all’insaputa del marito, per ottenere un prestito, necessario per salvare la vita a Torvald. Krogstad ricatta Nora, minacciandola di rivelare tutto al consorte. Nella ricerca affannosa di una via d’uscita da quella che sembra la rovina annunciata e inevitabile del suo matrimonio, Nora passa attraverso una moltitudine di stati d’animo, fino ad arrendersi all’idea di essere protetta dal marito/padre di cui tanto si fida; la donna aspetta, nel finale quasi con impazienza, il momento in cui accadrà quella che lei definisce “la cosa meravigliosa”: Torvald che si fa avanti e si fa carico delle colpe della fragile e ingenua moglie. Aspetta inutilmente, però: quando scopre ciò che ha fatto Nora, per preservare la propria reputazione, Torvald la allontana e “ripudia” idealmente. È a questo punto che nella protagonista qualcosa si spezza, fino ad arrivare all’abbandono del nido familiare, al rifiuto del suo ruolo di bambola. Il finale dell’opera ibseniana ha ispirato intere generazioni di donne, configurandosi come modello del femminismo in letteratura.

casa di bambola

L’adattamento teatrale di Andrée Ruth Shammah opera delle scelte mirate a una lettura estremamente personale dell’opera immortale di Ibsen, rifiutando le banalizzazioni e le semplificazioni in cui pure è facile incappare con un testo cardine del teatro borghese: la Nora portata in scena al Teatro Bellini non è una vittima sacrificale, una bambola bistrattata, un uccellino “in una gabbia d’oro”, come vorrebbe il Dottor Rank, amico di famiglia innamorato di lei, e – a ben vedere – il pubblico più superficiale. Nora sa essere un’abile manipolatrice, una donna perfettamente consapevole dell’influenza che può avere sugli uomini, usando il proprio corpo o una maschera di innocenza e fragilità sapientemente costruita in anni di vera e propria lotta alla sopravvivenza. Marina Rocco, con un’interpretazione che non esito a definire magistrale, riesce a conferire al suo personaggio una verità quasi insopportabilmente dolorosa e si fa carico dell’intero spettacolo senza praticamente mai uscire di scena. La sua presenza, la sua voce, le movenze e l’angoscia, che va accumulandosi man mano, ci schiacciano, ci sovrastano. Nora illude, confonde, strega il pubblico in sala, ma non solo: gli uomini della sua vita non possono reggere il confronto con una tale gigantesca personalità.

Non è uno scontro tra Nora e il marito che la regista sceglie di mettere in scena, ma tra le donne e gli uomini, due mondi apparentemente inconciliabili. E allora, con una scelta indovinatissima, Shammah sceglie di fondere i tre personaggi maschili dell’opera in uno solo: Filippo Timi interpreta l’amore (Torvald), l’amico (Rank) e l’antagonista (Krogstad) della donna. Timi è bravissimo nell’impresa di non restare ingabbiato in una sceneggiatura tutto sommato scarna, rigida ed estremamente fedele all’originale; riesce a rendere credibili e inaspettatamente umani persino gli uomini che non comprendono, che continuano a chiamare Nora “bambolina”, “birbantella”, “principessina delicata”.

casa di bambola

Canta, Filippo Timi, balla ubriaco d’amore e di champagne, urla violento, minaccia meschino, zoppica e desidera con lascivia la sua controparte femminile; si trasforma continuamente, ad un ritmo quasi vertiginoso, nelle due ore e mezza dello spettacolo, eppure sembra restituire un’unica voce: quella dell’uomo spiazzato e annichilito di fronte al gioco straniante della donna.

Non sfigurano, tra gli altri, i due bravissimi attori non protagonisti: Mariella Valentini, convincente nel ruolo della Signora Linde, e Andrea Soffiantini, che, con fare sognante e autoironico, regala spessore alla saggia Anne Marie, la bambinaia di casa Helmer.

casa di bambola

Una Casa di bambola parla di incomunicabilità, di segreti, sofferenza, doveri.

È impossibile non schierarsi dalla parte di Nora, destinata in quanto donna a portare sulle spalle un peso impossibile da reggere con la leggerezza che le viene costantemente richiesta; eppure gli uomini che la avvicinano finiscono per farci quanto meno simpatia, con la loro incapacità di aderire con sicumera al ruolo imposto loro dalla società; quello del “maschio alfa”, di colui che deve proteggere e amare queste complicate creaturine che sono le donne. Shammah, rispettando ed esaltando il capolavoro di Ibsen, racconta tutto questo con grande naturalezza e compostezza, sferrando un vero e proprio pugno allo stomaco dello spettatore.

casa di bambola

Per quanto mi riguarda, amo il teatro perché mi permette di emozionarmi e di riflettere con modalità differenti rispetto al cinema. Lo spazio teatro, con tanto di sipario, palcoscenico, quinte visibili, mi hanno sempre permesso di restare perfettamente conscia della dimensione di “finzione” e di mantenere un maggiore distacco con la storia anche solo per la distanza fisica interposta tra me e gli attori. L’ampia visione dell’insieme, che nega i primi piani e i dettagli del cinema, solitamente mi permettono di apprezzare maggiormente elementi che parlano alla testa, oltre che all’anima. Ebbene, in Una casa di bambola, non sono riuscita a mantenere alcun tipo di distacco. Mi sono sorpresa a sporgermi sulla sedia, con lo stomaco attorcigliato per la tensione, e a versare qualche lacrima di fronte alla disperata presa di coscienza (?) di Nora Helmer. Nell’osservare la tranquilla casa di bambola arredata in rosa cipria ho percepito la claustrofobia non tanto del rapporto coniugale di Nora e Torvald, quanto delle leggi scritte che la protagonista tanto detesta, perché non comprendono l’amore, la felicità, la pietà e il calore umano.

E allora non è tanto nel celebrato finale che si ritrova il riscatto femminile, la ribellione amara al ruolo di subalterne: in fondo Nora decide di scappare perché non è accaduta “la cosa meravigliosa”, perché il marito non si è adeguato agli stereotipi che il testo sembra rifiutare. La vera novità, nella rilettura originale della regista, sta nella Nora frigida, fintamente infantile, manipolatrice e furba delle prime battute. La Nora che accorcia con finta noncuranza la gonna quando serve, che si nega di continuo agli abbracci degli uomini, che sorride e canta quando le fa comodo, che finge di essere una marionetta per meglio celare il suo ruolo di vera burattinaia.

“No, ragazzo no, tu non mi metterai tra le dieci bambole che non ti piacciono più”, cantava Patty Pravo. E canta la stessa canzone anche Nora. Solo che le bambole, stavolta, sono i “suoi” tre uomini.

casa di bambola

Una casa di bambola

Traduzione, adattamento e regia:
Andrée Ruth Shammah
Interpreti:
Marina Rocco – Nora
Filippo Timi – Tolvard Helmer – Dottor Rank – Procuratore Krogstad
Mariella Valentini – La Signora Linde
Andrea Soffiantini – Anne Marie

Dove: Teatro Bellini, Via Conte di Ruvo, Napoli
Quando: dal 21 al 26 febbraio 2017
Durata: 2 ore e mezza

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