Considerata la settima forma d’arte dell’era moderna, il cinema da oltre un secolo continua a far sognare intere generazioni raccontando la realtà esterna ed interna dell’uomo e dando vita ad universi immaginari che travalicano la nostra coscienza e sembrano dare forma ai nostri contenuti inconsci.
Il cinema racconta, rielabora, rinnova in nuove forme sogni, desideri, paure ed emozioni umane. È un grande laboratorio sperimentale in cui i processi cognitivi ed affettivi vengono stimolati e riassemblati, sfumati e ricomposti.
La settima arte parla all’inconscio dello spettatore e crea condizioni percettive, emotive e mnestiche che facilitano l’emergere dei processi mentali inesplorati. Lo spettatore non è un passivo ricettacolo di immagini ma partecipa emotivamente alla proiezione cinematografica. Chi guarda il film vive realmente in prima persona la vicenda che si svolge sullo schermo divenendo di volta in volta l’uno o l’altro personaggio: il romantico eroe di Titanic; l’affascinante spia alla James Bond o la donna vendicatrice in perfetto stile Kill Bill.
Spesso anche se coscientemente lo spettatore parteggia per uno dei personaggi, si identifica inconsciamente con altri, mettendo in atto identificazioni laterali che permettono allo spettatore di entrare in possesso di atteggiamenti e sentimenti apparentemente non propri. Chi guarda non solo assorbe in sé atteggiamenti e sentimenti dei personaggi dei film, ma arricchisce quei personaggi dei propri elementi psicologici, e presta loro sentimenti e reazioni emotive che gli appartengono attraverso il meccanismo di proiezione.
Il cinema può essere definito una sorta di sogno ad occhi aperti poiché ci consente di vivere una situazione diversa dal reale pur restando coscienti. Molti sono gli elementi che accomunano cinema e sogno, ad esempio sia per il sogno che per il cinema è necessario che il soggetto si ritrovi in precise circostanze: per seguire un film è necessario che ci sia un ritiro dell’attenzione dall’ambiente circostante, così come per sognare è necessario interrompere il contatto fisico con il mondo esterno. Inoltre, l’ambiente della sala cinematografica è molto simile a quello della nostra camera da letto prima di andare a dormire: il buio della sala, la comodità delle poltrone conciliano la visione del film così come il buio della camera e la comodità del letto e del cuscino conciliano la produzione onirica. Al cinema, come nel sogno, viviamo situazioni o eventi non appartenenti alla realtà fenomenica ma lo stato di coscienza è differente, perché il sognatore non sa di sognare mentre lo spettatore sa di assistere ad una proiezione cinematografica.
Il cinema consente un doppio vedere: un vedere ad occhi aperti verso l’esterno, relativo alla realtà raccontata sullo schermo, e un vedere interno, rivolto alla nostra interiorità svolgendo una funzione analoga a quella del sogno, che possiamo definire ad occhi chiusi.
Stanley Kubrick nella sua ultima opera, Eyes Wide Shut, affronta questa doppia dimensione del vedere attraverso il connubio tra realtà e sogno mostrandoci l’onirico nel reale e il reale nell’onirico. Questa dualità è ben espressa nel viaggio notturno di Bill, riprodotto dalle famose sequenze in cui il protagonista pedina l’uomo con l’impermeabile, si ritrova all’orgia in maschera, è insultato dal branco dei ragazzi e così via, tutti avvenimenti che accadono realmente ma che sono forniti allo spettatore su un piano fortemente onirico dando l’impressione che sia stia rappresentando un viaggio nel mondo interiore di Bill. Kubrick ci fa vedere l’onirico nella realtà, suggerendoci che la realtà è anche sogno, quasi a sottolineare che il nostro vedere possiede una componente onirica. L’onirico nel reale è illustrato attraverso il personaggio femminile di Alice. Nella famosissima scena in cui Alice racconta i suoi sogni e le sue fantasie, solo con le parole, senza immagini, esse ci appaiono fortemente realistici.
Il cinema è la forma d’arte che più somiglia a un sogno ad occhi aperti e che probabilmente meglio riesce a cogliere e rappresentare il labile confine tra l’onirico e il reale, tra il mondo interno ed esterno. Non a caso, come Kubrick termina il suo ultimo capolavoro asserendo attraverso Bill: “Un sogno non è mai soltanto un sogno”, forse è il caso di domandarci: “Un film è sempre soltanto un film?”