Home AuthorCinzia Cicatelli L’antieroe (quasi) contemporaneo: Gospodin al Teatro Bellini

L’antieroe (quasi) contemporaneo: Gospodin al Teatro Bellini

di Cinzia Cicatelli

Ieri siamo stati alla prima di Gospodin al Teatro Bellini di Napoli. Inizio citando il regista Giorgio Barberio Corsetti che presenta così il protagonista, interpretato dal noto attore Claudio Santamaria: «Gospodin siamo noi, quando vorremmo mollare tutto e vivere in pace, senza il condizionamento, la pressione del guadagno… Gospodin è comico, è tragico, è adesso…». Queste le parole che mi hanno convinta ad andare a teatro, le stesse che, ora, mi trovano totalmente in disaccordo.

Ma procediamo per gradi.

L’opera scritta dal drammaturgo berlinese Philipp Löhle è un paradosso contemporaneo che parla della volontaria rinuncia al bene supremo della società moderna: il denaro. Un atto inammissibile in un mondo completamente dedito al consumo, dove i soldi sono il parametro indicatore del nostro benessere e della nostra felicità.

Gospodin, infatti, rifiuta ogni rapporto con il danaro, che tuttavia riceve, senza che lui nemmeno lo chieda, dalle persone che lo vedono passeggiare per la città insieme al suo lama. Conduce una vita piuttosto spensierata finché Greenpeace gli porta via il prezioso animale, per la sua tutela. Questo evento scandisce l’inizio delle surreali disavventure di Gospodin: la fidanzata lo lascia portandogli via i pochi mobili in suo possesso e un suo amico artista gli sottrae il vecchio televisore per farci una video installazione. Tutto ciò che gli rimane per vivere deriva dai soldi illeciti di un conoscente invischiato nella criminalità: una valigetta piena di soldi che lui non vuole!Proprio il denaro tanto deprecato condurrà Gospodin, sempre più in mezzo ai guai, fino a una soluzione -la più paradossale- che finalmente lo vedrà felice e coerente ai suoi 4 dogmi: la prigione.

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La ribellione al capitalismo di Gospodin vorrebbe essere una feroce quanto comica parabola spietata sull’umanità (o forse sarebbe meglio dire disumanità) ma, di fatti, non fa altro che decantare un sistema utopico (radical-comunista) che è ormai “vintage”. Nelle parole e nei concetti di Gospodin lo spettatore riesce a trovare un’affinità, ma è solo superficiale perché sa benissimo che l’idealismo che muove il personaggio non solo è inattuabile ma anche “vecchio”. Mi vien da pensare alla frase: “il comunismo è morto”, sovente pronunciato dai disillusi del movimento politico-filosofico di matrice russa. Gospodin mi ha fatto lo stesso effetto, quello di risentire i discorsi che noi ragazzini facevamo al liceo, mossi dal fervore giovanile e dall’inconsapevolezza che nasciamo e moriamo, volenti o nolenti, figli del capitalismo.

E poi il paradosso più grande non è forse che i tanto criticati “borghesucci” dell’opera, sono gli stessi che “mantengono in vita”  questa messa in scena? Non è forse la stessa borghesia, con abbastanza soldi in tasca da poter permettersi il biglietto, a sovvenzionare Philipp Löhle? Non è quindi un’ipocrisia quella dell’autore disprezzare quella porzione di società da cui (o meglio dai cui soldi), però, dipende il successo della sua opera?

A me le utopie non sono mai piaciute, forse per questo ero più brava in storia che in filosofia a scuola. A me piace la realtà o i sogni che possono diventare realtà. Non mi piace lottare contro i mulini al vento, preferisco capire come funzionano e sfruttare al meglio la loro energia.

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Per quanto riguarda la rappresentazione scenica di Gospodin al Teatro Bellini,  la “veduta aerea” dal mio posto (ero piazzata all’ultimo ordine, nel palchetto così laterale da toccare quasi il sipario) non mi ha permesso di godere a pieno gli effetti scenici. Giorgio Barberio Corsetti è, infatti, molto abile a far interagire i linguaggi del corpo e della tecnologia -in questo caso graphic animation e video mapping – con suggestione, delicatezza, ironia.

Gli attori: Claudio Santamaria, Federica SantoroMarcello Prayer sono rispettivamente molto bravi nelle loro performance, ma l’impressione è che mancasse un po’ l’alchimia tra loro.

Devo dire però  che pur essendo un cliché il finale mi ha fatto sorridere:

“Gospodin finisce in prigione, dove si trova benissimo, dove si può vivere senza soldi e senza scegliere. Gospodin è eroicamente testardo, convinto della sua strada, sperimenta la città ed il mondo di oggi nel suo poetico e tragico rifiuto dell’unico elemento che fa girare il mondo, il denaro… È un personaggio paradossale, che esprime la sua poesia con i suoi atti di negazione, che fa del paradosso il suo modo di vivere”.

PS:

La libertà è un grande potere. E come diceva qualcuno: “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”.

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