Chi mi segue su i-cult sa che Amélie Nothomb è senz’altro una delle mie scrittrici preferite: originale, sagace, ironica e con un senso del paradossale così spiccato che rende paradossale il paradossale (perdonatemi il gioco di parole). Tra i suoi libri, certamente Igiene dell’Assassino è uno dei più “destabilizzanti”, tenendo in considerazione che si tratta anche del suo primo romanzo e che – leggenda vuole – sia stato scritto di getto senza nemmeno una correzione, inviato di getto e pubblicato da Voland di getto.
Un classico colpo di genio, insomma, un “trattato filosofico” sui generis dedicato alla scrittura, alla figura dello scrittore e del lettore e alla letteratura in generale, sviluppato attingendo a diversi generi letterari: il saggio, il giallo, il noir, l’umorismo nero.
Sinossi di Igiene dell’Assassino di Amelie Nothomb
Pretéxtax Tach, ottuagenario premio Nobel per la letteratura, scopre che gli restano solo 2 mesi di vita perché diagnosticato di una rara malattia alle cartilagini che si rivela incurabile. Dopo essersi sottratto alla stampa e al mondo in generale per gran parte della sua vita, finalmente decide di concedere una serie di interviste: in realtà l’occasione tanto agognata, diventa una trappola per gli ingenui giornalisti che non riescono a reggere al cinismo, al sarcasmo del perfido e grasso scrittore, finendo per ritirarsi al cospetto della sua incontestabile superiorità intellettuale. Questo almeno fino all’ultima intervista…
Come potete immaginare, l’argomento (anzi gli argomenti) di Igiene dell’Assassino non sono esattamente digeribili, anche se la vena caustica della Nothomb solitamente ben si presta a pieces teatrali (come in Fame Mia, andata in scena sempre a Milano al Teatro Leonardo MTM) . Chi ha letto il libro, però, potrebbe avere un dubbio legittimo sulla rappresentazione di un romanzo così “particolare”: un romanzo dove non c’è movimento, mai un cambio di scena, non uno sviluppo della trama (salvo l’epilogo) e che si basa principalmente sui deliranti monologhi – o meglio sproloqui – del protagonista, come può essere rappresentato? Come rendere questa immobilità? Come fare a catalizzare l’attenzione degli spettatori mentre Pretéxtax Tach sciorina per più di un’ora la sua visione misantropa dell’umanità e della letteratura? La risposta è un audiodramma!
Non sapevo bene cosa aspettarmi e la curiosità era tanta quando sono arrivata al Teatro Leonardo. Avevo deciso di non approfondire la questione dell’audiodramma per non rovinarmi l’effetto sorpresa. La mia conoscenza era limitata alle righe di presentazione dello spettacolo:
La percezione in cuffia diventa ancora più immersiva grazie al microfono binaurale, che restituisce la dimensione acustica della scena con effetto tridimensionale. Per il pubblico, sarà come entrare in studio durante la registrazione di un dramma radiofonico”
Prima di accomodarci in sala ci sono state consegnate delle comode cuffie e già la situazione sembrava interessante, in un misto tra “silent disco” e “sala di registrazione”. Ed ecco che, spente le luci, si è attivata la magia: non eravamo più seduti in platea, ma sembrava di stare al cinema, anzi no, meglio ancora, sembrava di essere sul palco, nell’epicentro della scena, circondati dagli attori. Non importava se gli occhi erano chiusi o aperti, le immagini suggerite dalle voci davvero belle degli attori (forse è banale bollarle semplicemente così ma è l’aggettivo più vero) e amplificate dal microfono binaurale (che assorbe i suoni a 360 gradi) creavano da sole la scena. E non importa se Alessandro Ornatelli non fosse grasso e glabro come Pretéxtax Tach, si riusciva lo stesso a immaginarlo, a sentirlo, nel senso più profondo del termine.
“Qual è il fascino dell’audiodramma a teatro?”
Sergio Ferrentino – intervista di Andrea_Simone
“Quello di non sapere mai se tenere gli occhi aperti o chiusi. E scoprire che sia se li si tiene aperti che chiusi, in qualsiasi caso si riesce a seguire tutto, cosa che non avviene in teatro. Provate a chiudere gli occhi e probabilmente vi perderete delle scene e il filo del discorso. Un altro aspetto ancora più interessante è il fatto di poter costruire un’immagine acustica. Si chiudono gli occhi, c’è una scena che accade ed è tutto comprensibile. Uno dei complimenti che mi fa sempre emozionare è quando gli spettatori escono e dicono che era come un film. E’ lì che l’immagine acustica riesce.”
La carta vincente di questo spettacolo è quella di “rispettare” un testo complesso e un po’ ostico arricchendolo con un altro livello di fruizione: la vera protagonista del romanzo è la parola e viene preservata nel modo più puro, pronunciandola. Nessuna interpretazione arbitraria, nessuna distrazione, nessun focus che non sia sulla parola stessa, nessuna deviazione dalla delirante weltanschauung di Pretéxtax Tach!
Igiene dell’Assassino – dal romanzo di Amélie Nothomb – audiodramma in scena – adattamento e regia Sergio Ferrentino – con Alessandro Ornatelli, Valeria Perdonò, Alessandro Castellucci, Roberto Recchia, Maurizio Pellegrini – fonico Andrea Ferronato – illustrazione Silvia Castagnoli – produzione Fonderia Mercury – MTM Teatro Leonardo