Bologna. Grande fermento in città in occasione di Arte Fiera, in un evento che catalizza collezionisti, esperti del settore, artisti. Al MAMbo – il Museo di Arte Moderna della città – non è un caso che la rassegna stampa sul programma del museo di quest’anno (2019) si svolga a due giorni di apertura della mostra ‘Mika Rottenberg’; mentre il Direttore del Museo – Lorenzo Balbi – annuncia sfide future, una sfida è in corso al pian terreno, dove i visitatori (quasi 13 mila solo nel corso di Artcity) hanno modo di venirne investiti in pieno: è la prima personale dell’artista in un’istituzione museale italiana.
Siamo nella prima sala della mostra e i riflessi e i rumori dei vetrini spezzati nella video installazione (Untitled Ceiling Projection, 2018. 7’ ca.) preparano a percezioni sinestetiche; una parete divide dalla sala successiva, e induce a varcarla. Al di là, un enorme spazio inondato di luce: è la Sala delle Ciminiere. Del fumo fuoriesce da delle labbra a ridosso del muro che si è appena superato, una coda di capelli si muove schizofrenicamente in lontananza e, sulla parete prospiciente ad essa, un dito gira su sé stesso lentamente, tanto che solo con attenzione se ne percepisce il movimento; sullo sfondo della sala, la parete completamente bianca risparmia un varco di accesso fatto di boa colorati; bisogna farsi strada tra questi (e quasi sembrano trattenere) per entrare in uno spazio surreale: è quello della mente dell’artista.
La condizione dell’uomo secondo Mika Rottenberg
L’installazione video presente in questo spazio (Cosmic Generator, 2017. 22’ ca.), destabilizza e induce a riflessione. Barriere, consumismo, e l’uomo: la sua condizione; da un lato un mondo in continuo lavoro (velocità ed accumulo), e dall’altro l’immobilità (mentre tutto scorre, e continua a farlo).
Il concetto di andare oltre lo spazio reale, la materia concreta, il visibile, è lampante nell’installazione della bocca (Smoky Lips, 2018-19): avvicinandosi, tentando di farsi strada tra il fumo che vi fuoriesce, vi si scopre – al di là – uno spazio di evocazione/ambientazione. La coda installata al muro (Ponytail, 2018), corrisponde ad un’altra coda installata dalla parte opposta del muro: è evocazione di un corpo negato. L’interesse per il ruolo del corpo della donna, e della femminilità, è evidente anche in Finger (2018), dove l’artificio del dito che gira su sé stesso seduce, ma rivela la propria natura artificiale nel momento stesso in cui ci si avvicina. In Finger, la lunga unghia, quadrata e dipinta, rompe lo spazio della sala, puntando verso la coda della parete opposta, ed oltre.
FingerSmoky Lips, 2018-19 Ponytail, 2018
La video installazione NoNoseKnows (2015. 22’ ca.) pure destabilizza, tale è la forza comunicativa, e la denuncia prende forma nella caterva di piatti ricolmi di cibo catastati nell’ufficio dell’annusatrice seriale che, starnutendo, li genera; in parallelo, la faticosa catena di lavoro (e sfruttamento) del mondo delle ostriche: un lavoro minuzioso fatto di donne, in un’instancabile, vorace e continua richiesta del mercato. È denuncia di un utilizzo sfrenato delle risorse e di una mania del consumo spasmodico, privo di finalità.
Critica della società del consumismo e dell’ipercapitalismo, questa è una mostra che spiazza, confonde, destabilizza: da vedere.
Cosa: Mika Rottenberg. A cura di Lorenzo Balbi
Dove: MAMbo, Museo di Arte Moderna
Quando: dal 31 Gennaio al 19 Maggio 2019