Home Arte La civiltà perduta: Atlantide tra storia, arte e leggenda

La civiltà perduta: Atlantide tra storia, arte e leggenda

di Veronica Cimmino

Il fatto che la antica città di Pompei sia uno dei siti archeologici più visitati al mondo è dovuto, a mio avviso, al fatto che, la sua distruzione, oltre ad avere a che fare con storie di grandi cataclismi che da sempre affascinano tutti, ferma un momento preciso della vita quotidiana di un’antica civiltà. Ed è questo ciò a cui noi guardiamo sempre con grande stupore e curiosità: la vita che termina improvvisamente rimane bloccata su un volto o in un gesto preciso, un istante che rimane eterno.

A tal proposito vi voglio parlare di quello che studi recenti hanno definito il più grande cataclisma del mondo antico, quello di una civiltà che precede quella greca e romana. Alcuni studiosi hanno trascorso la vita a cercare prove della sua esistenza, altri non ci hanno mai creduto: sto parlando della famosa Atlantide. E’ Platone a darci informazioni su questa civiltà descritta come grandiosa, molto ricca, un popolo di navigatori il cui signore era Poseidone (Dio del mare), un’isola formata da anelli concentrici di terra e mare che fu completamente sommersa dall’acqua nel giro di un giorno.

Studiosi di tutto il mondo cercano tracce di questa civiltà perduta. Importanti studi a largo della odierna Santorini, meglio conosciuta dagli studiosi con il nome di “Thera”, hanno dato risultati importanti. Sono state ritrovate in acqua prove di una grande esplosione vulcanica: depositi di flussi piroclastici dallo spessore di 80 m che circondano Santorini per un raggio di 32 km. Il volume del materiale eruttato supera le aspettative degli studiosi, si tratta di circa 60 metri cubi di materiale in confronto ai 6 metri cubi di materiale eruttato dal Vesuvio nell’esplosione del 79 d.C. Si tratta quindi del più grande cataclisma a cui l’uomo deve aver assistito, un disastro tale da essere raccontato alle generazioni successive per centinaia di anni. Questa è la storia che deve aver ispirato il mito di Atlantide e il racconto di Platone, sono molte infatti le analogie tra l’Atlantide descritta da Platone e quella che è l’isola di Santorini: per conoscerle, dobbiamo guardare a ciò che ci è rimasto di questa grande civiltà perduta.

Un pescatore_Museum of Prehistoric Thera

A Santorini, nel 1977, gli archeologi sotto 30m di pomici e ceneri trovano una civiltà sommersa di 3600 anni chiamata Akrotiri e appartenente alla civiltà minoica. Si è dissotterrata un’area pari a 10 mila metri quadrati, ma il sito deve essere 10 volte più grande. La città si è conservata bene, e molti sono i reperti ritrovati. Case a più piani e prevalentemente costruite in legno (in modo da resistere bene agli urti dei terremoti a cui questi cittadini dovevano essere abituati), ci dimostrano l’evoluzione di questo popolo. Ciò che sin da subito ha affascinato gli studiosi sono stati i complessi servizi igienici che erano a livello di quelli utilizzati in Europa nel XIX secolo: le case erano collegate al sistema fognario della città tramite condutture. Ma entriamo nel vivo: la ricchezza di queste civiltà è testimoniata soprattutto dagli straordinari affreschi rinvenuti. Questi affreschi sono unici nel loro genere, sono pieni di vita, coinvolgenti, raccontano una vita e una storia propria che ci fornisce un interessante spaccato della società minoica e dell’importante ruolo delle donne, reso palese dagli affreschi in cui compaiono nella raffinatezza dei vestiti e dei gioielli e spesso associate a una spezia che tutt’ora resta molto preziosa: lo zafferano.

Fu, probabilmente, la produzione dello zafferano a rendDettagli di affresco delle raccoglitrici di zafferano_Museum of Prehistoric Theraerli molto ricchi, oltre alla vera grande risorsa di questo popolo: il mare. Gli affreschi  mostrano che questi erano in grado di costruire grandi navi, questo gli permetteva di spostarsi facilmente e riuscire a procurasi bene di ogni genere. I traffici commerciali erano frequenti soprattutto con il centro politico della civiltà minoica: Creta. A Creta è situato il famoso palazzo di Cnosso, utilizzato per cerimonie, eventi pubblici e spettacoli. Protagonista di questi spettacoli era il toro, venerato dai minoici sin dalle origini era il simbolo del potere. L’arte minoica rivela che lo spettacolo più seguito era il salto del toro, che, chiamato taurocatapsia, doveva fungere da rito di iniziazione per i ragazzi. Una civiltà così ricca ed evoluta, un popolo di navigatori, la venerazione del toro e  la forma dell’isola sono tutte analogie con la civiltà descritta da Platone.

Ma che cosa indica il molto materiale ritrovato a largo di Santorini? Che cosa accadde ai suoi abitanti? Thera fa parte di una zona in cui la placca africana e quella egea si scontrano, una zona, quindi, soggetta a fenomeni sismici e vulcanici. Studi su strati vulcanici dell’isola ci permettono di MINOLTA DIGITAL CAMERAcapire che intorno al 1620 a.C. la terra non smise di tremare, i numerosi segnali culminarono in un terremoto che raggiunse il settimo grado della scala Richter. L’ eruzione che seguì il terremoto fu esplosiva e di proporzioni assurde, 15 cm di cenere coprirono l’isola. Ci fu una grande emissione di pomici eruttate a una velocità impressionante. Interazione tra magma e acqua del mare  provocò una violenta esplosione da cui flussi piroclastici cominciarono a scendere lungo il vulcano ad una velocità che sfiorava i 290 km/h e ad una temperatura di 700° C. L’edificio vulcanico collassò e enormi rocce furono sparate fuori come missili. Che cosa accadde agli abitanti rimane un mistero, nella città ritrovata nessun resto umano è stato rinvenuto. Se gli abitanti rimasero sull’isola non ebbero nessuna possibilità di salvarsi. Alcuni di loro dovettero salpare su navi che furono in ogni caso bruciate dai flussi piroclastici che arrivarono a circa 32 km dalla costa,  come testimonia la grande quantità di materiale vulcanico ritrovato nei fondali marini. Per chi in ogni caso dovette riuscire ad arrivare via mare a Creta  o in altre isole vicine, non dovette sopravvivere alla furia del grande tsunami (generato dall’eruzione) che colpì le isole vicine e le coste settentrionali di Creta, dove la maggior parte della gente abitava.

Oggi, la maggior parte delle persone che si reca in questi luoghi, lo fa prettamente a scopi balneari e molte tra queste  non conoscono nemmeno l’esistenza di grandi siti archeologici. Il mio invito è, come sempre, quello di staccarsi dall’idea di viaggio fatta di solo mare, sole e drink, che purtroppo appartiene a molti di noi,  e legarci ad un’idea di viaggio che sia di esplorazione, di documentazione e  di conoscenza delle nostre origini, visto che, pensandoci bene, è in questi luoghi che si trovano le nostre radici.

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