L’adattamento teatrale di Uno, nessuno e centomila, diretto da Lorenzo Loris e con la drammaturgia di Renato Gabrielli, porta in scena l’essenza del celebre romanzo di Luigi Pirandello, esplorando i temi della crisi di identità e della percezione sociale. In scena al Teatro Litta di Milano fino al 22 novembre, lo spettacolo presenta una versione intensa e coinvolgente della storia di Vitangelo Moscarda, il quale, di fronte alla scoperta di come gli altri lo vedono, si trova a mettere in discussione la sua stessa esistenza. Con un allestimento visivo semplice ma potente e una colonna sonora originale, firmata da studenti della Civica Scuola di Musica, lo spettacolo affronta le difficoltà e le contraddizioni dell’individuo contemporaneo.
La versione teatrale di Lorenzo Loris si caratterizza per una direzione impeccabile che esplora la psiche del protagonista Vitangelo Moscarda, portando in scena non solo la sua crisi esistenziale, ma anche una visione universale della condizione umana.
La regia, arricchita dalle interpretazioni intense dei 3 attori, immerge il pubblico in un percorso di smembramento dell’io, attraverso un linguaggio visivo e simbolico che esalta le contraddizioni della vita.
In scena, Gaetano Callegaro, Mario Sala e Stella Piccioni incarnano le varie sfaccettature della personalità di Vitangelo Moscarda, il protagonista de Uno, nessuno e centomila. Vitangelo, chiamato affettuosamente Gengè dalla moglie Dida, si trova di fronte a una crisi esistenziale quando scopre che il suo naso pende a destra, un dettaglio fisico che innesca una riflessione profonda sui suoi difetti. La sua crisi lo porta a mettere in discussione tutto, rivelando il contrasto tra come percepiamo noi stessi e come gli altri ci vedono.
Questa produzione di Teatro Out Off e MTM Manifatture Teatrali Milanesi esplora la frammentazione dell’identità attraverso il personaggio di Moscarda, che si sviluppa durante un flashback nella campagna. Le sue tre versioni (Moscarda uno, due e tre) riflettono il relativismo pirandelliano, con un Moscarda solitario e apatico (uno), un’autoconsapevolezza critica (due), e un aspetto femminile che destabilizza la sua ricerca di stabilità (tre). Queste scomposizioni sollevano interrogativi sulla percezione e l’identità, offrendo al pubblico una riflessione sui limiti della consapevolezza e sullo smarrimento esistenziale.
Nel corso dello spettacolo, l’attenzione si concentra sulle sfumature emotive di Moscarda e sulla sua lotta interiore, intrisa di smarrimento, disillusione e liberazione, mentre cerca di ricostruire se stesso, ma anche di venire a patti con le molteplici versioni che gli altri hanno di lui. La scenografia e l’utilizzo di luci e suoni fanno da supporto a una narrazione che, pur nella sua complessità, riesce a catturare e mantenere viva l’attenzione dello spettatore per tutta la durata della performance (75 minuti).
Il risultato è un’opera che risuona fortemente con il pubblico, spingendolo a interrogarsi sul proprio rapporto con l’identità e sull’effimera natura della realtà stessa.