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Il referendum costituzionale nell’era del digitale

di Cinzia Cicatelli

Il 4 dicembre siamo chiamati alle urne per il referendum costituzionale confermativo . L’Italia è divisa letteralmente in due tra i supporter del e i supporter del no; può sembrare una banalità (insomma se non è zuppa è pan bagnato) tuttavia la verità è che i maggiori fautori del sì riconoscono che ci sono alcuni punti deboli nella nuova legge, e i maggiori fautori del no riconoscono che alcune parti (ad esempio l’ abolizione del CNEL) hanno dei risvolti positivi.

Come fare a sbrogliare questa fastidiosa matassa?

Meglio “non cambiare la via vecchia per la via nuova” o rischiare il tutto per tutto come al poker?

Il referendum sicuramente non riguarda solo importanti modifiche al sistema governativo, ma anche questioni legate ai trasporti, alla ricerca, al lavoro, alle politiche sociali, alla sanità. In quest’ultimo fondamentale ambito, per esempio, ci si propone l’abolizione dei ticket sanitari con costi diversi e l’uniformazione del prezzario in tutte le regioni d’Italia, così come le tempistiche sul reperimento dei farmaci oncologici. L’obiettivo è un’uguale distribuzione delle risorse e l’allineamento dei regolamenti sanitari in modo che tutti gli italiani possano godere degli stessi diritti.

Ma in questo articolo non voglio parlare di politica, non è certo il mio campo, lo è molto di più parlare dell’aspetto “social” di questo referendum e di come i canali di informazione anche non ufficiale possono influenzare il voto di migliaia di persone.

Sembra una falsità?

Sembra esagerato?

Davvero facebook e twitter possono incidere sul risultato delle elezioni?

Non è così assurdo, d’altronde ne abbiamo avuto prova evidente con le ultimissime lezioni USA.

Con l’ascesa dei social come mezzo di informazione di massa  attualmente stiamo assistendo all’abolizione dell’autorevolezza. In un mondo dove ci si informa prevalentemente attraverso facebook e twitter (dato confermato dalle statistiche) ahimè poco importa – a livello pratico, non assoluto – la fonte dell’informazione.

I canali social sono, quindi, perfetti catalizzatori di slogan populisti, la cui diffusione virale finisce per dare fondamento a notizie assolutamente false o mistificate. Siamo sempre più distratti e superficiali, veniamo catturati dagli articoli baitclick e spesso basta solo un titolo per convincerci della verità di una notizia, senza nemmeno spingerci ad indagare su chi l’abbia lanciata.

Oltre alla caduta dell’autorevolezza dell’informazione, un altro aspetto pericoloso dei social è la unilateralità del pensiero. Sono tanti gli italiani che seguono con interesse il referendum e cercano di informarsi attivamente. C’è d’altro canto una bella fetta di popolazione che si informa passivamente. Come? Basandosi sullo stream di notizie della propria bacheca facebook e traendo le proprie conclusioni basandosi sul sentiment dei propri contatti. Questo implica essere bombardati di articoli, stati e foto di una sola campana che finisce inevitabilmente per influenzare le nostre idee.

La cosa pazzesca è che è tutta una questione di casualità: di  1000 amici su facebook potrei averne 900 che voteranno no e pubblicheranno le proprie ragioni e di conseguenza io sarò più aggiornato sulle ragioni del no che sulle ragioni del sì (o viceversa, ovviamente).

“I referendum sono un quesito – se vogliamo una semplificazione – a favore o contro: “vuoi questo, oppure quello”. Quali conseguenze possa avere una scelta piuttosto che un’altra non è esplicitato nel quesito referendario. Si suppone perciò che il calcolo sulle conseguenze sia stato fatto dagli elettori prima del referendum. Ossia, si suppone che gli elettori siano informati in misura sufficiente, oppure, se non lo sono, abbiano una sorta di intuizione primigenia su quali siano i propri interessi e quelli generali.”

E questo, purtroppo, non è sempre vero.

La democrazia è uno strumento potentissimo, spesso sottovalutato.

Pochi hanno la percezione che il proprio voto determini davvero il nostro futuro. Ci dimentichiamo che ogni singola goccia forma il mare e ci rintaniamo per superficialità in assiomi come “tanto votare non serve a niente”, “qualsiasi cosa succeda i politici penseranno solo ai propri interessi”.

Ecco che quest’arma potentissima della democrazia, qual è il referendum costituzionale (che ne è la massima espressione), può andare nelle mani di chi non è informato o è informato male.

E nell’era del digitale c’è sempre più confusione, sempre più ambiguità, dove basta un “torniamo alla dittatura con il sì” per far votare no oppure un “i politici della vecchia guardia conserveranno tutte le poltrone con il no” per far votare sì.

Ed ecco che ci perdiamo in un marasma di parole, dove la manipolazione mediatica dipende dal politico/leader/intellettuale di turno che alla stregua di Inception di Nolan installa nella nostra mente un’opinione piuttosto che un’altra. Una battaglia a suon di “grandi elettori” che riescono a convogliare voti in una direzione piuttosto che un’altra grazie alla popolarità (e non alla credibilità, come succedeva in passato).

 Una legge non ha protagonisti, non ha nomi.

Cerchiamo di non votare contro solo per protesta contro l’establishment e cerchiamo di non votare a favore solo per presa di posizione.

INFORMIAMOCI

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