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And the stars look very different today… addio Ziggy Stardust!

di Bruno Spagnuolo

Oggi mi ritrovo ancora una volta a scrivere della fine di un mito, eppure è così, il duca bianco non c’è più. Dopo una lunga battaglia contro il cancro, s’è spento a 69 anni David Bowie, il simbolo di un’era, colui che ha fatto della musica uno spettacolo teatrale a tutti gli effetti, colui che con la sua stessa teatralità e le sue mille maschere, ha rivoluzionato il mondo della musica e si è autoproclamato un simbolo per almeno due generazioni di sognatori, con la sua verve provocatoria e dissacratoria a volte esagerata anche per i ’70 ma che senza dubbio ha favorito la nascita di una leggenda a cui neanche la morte porrà mai fine.

Comincia la carriera nella seconda metà degli anni ’60, negli anni della beat generation che dall’America conquistava frotte di ragazzi affascinati dal mito di Elvis, dalla musica impegnata di Bob Dylan e Joan Baez e da quella letteratura così lontana dai salotti europei. Il giovane David, che non è certo indifferente ad una tale innovazione, si lascia trasportare senza alcun freno e diventa ben presto un giovane figlio dell’America; etichetta che gli sta quasi subito stretta a causa del suo forte temperamento che non gli consente di sentirsi a suo agio nella massa e così passano appena cinque anni dal suo album d’esordio, quando pubblica quello che tutti conoscono come il suo album capolavoro: The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders From Mars.

In maniera assolutamente controcorrente, questo ragazzo, figlio della borghesia inglese, presenta al mondo il suo alter ego che iconoclasticamente distrugge l’immagine media della rockstar fricchettona a suon di lustrini e cerone, un uomo in contatto col cielo, dalla sessualità indefinita e assolutamente fuori controllo, che nasconde dietro i vestiti appariscenti e il trucco pesante, una raffinata fragilità che farà di lui un personaggio sempre in bilico sull’orlo del baratro. Nasce così il glam rock.

david bowieLa figura di Ziggy è, però, destinata a morire presto perché ancora una volta Bowie si sente cucito addosso una parte troppo stretta per contenere tanta creatività e forza artistica, frutto di una poliedricità unica nel suo genere che gli consente di cambiare continuamente stile, sperimentandone di nuovi e talvolta raffinandone di già esistenti: è la definitiva consacrazione a camaleonte della scena musicale, in grado di mettersi sempre in gioco con continue metamorfosi musicali e di immagine.

Durante la sua carriera purtroppo, cede a qualche eccesso, che in alcune occasioni rischia di farlo capitolare, ma la sua personalità è forte e ne viene fuori più rinnovato che mai all’inizio degli anni ’80; anni che vedono la rinascita di Bowie sotto le vesti di una popstar raffinata ed elegante, alla continua ricerca della perfezione artistica, nasce così il Bowie inarrivabile, quello dei club esclusivi e della musica ricercata. Apre così un’epoca fatta di collaborazioni ben diverse da quelle con Eno, Lou Reed ed Iggy Pop che avevano caratterizzato il decennio precedente, bensì con personalità meno confinate e più esposte alle luci della ribalta, da Mick Jagger a Tina Turner, da Annie Lennox ai Queen (indimenticabile il suo duetto con Freddie Mercury in Under Pressure). Riprende inoltre l’esperienza cinematografica che aveva sperimentato qualche anno prima e intensifica le sue apparizioni nel piccolo schermo facendone una costante che lo accompagnerà fino alla fine. Il suo carisma complesso ed eclettico, lo porterà a recitare per registi del calibro di Scorsese, Nolan e Lynch.

Ma l’ennesimo cambiamento è dietro l’angolo e così negli anni novanta, ritorna al rock con i Tin Machine, ma non prima di sperimentare il nuovo fenomeno musicale anglosassone noto come jungle, padre della drum and bass. Si dimostra ancora una volta un artista in continua evoluzione che non si accontenta mai e che sa rinnovarsi. Unica pecca di una carriera formidabile, se così possiamo definirla, è quella di averci privato del godere delle sue ineguagliabili performance live poco dopo l’arrivo dagli anni duemila ma anche questo ha contribuito a far di lui una leggenda intramontabile e la gente lo ha amato anche per questo.

ziggy stardust
Appena qualche giorno fa, David Bowie ci ha regalato la sua ultima perla: Blackstar, l’album che si è rivelato purtroppo il testamento prematuro di un genio della musica che aveva ancora tanto da dire, al punto che è riuscito ancora a stupirci utilizzando il linguaggio jazz, forse l’unico ancora non sperimentato nella sua carriera che non terminerà mai, neanche adesso che non c’è più.

Non smetteremo mai di ringraziarti. Ci mancherai David.

Ho scelto otto tracce come di consueto, ma l’ho fatto senza ragionamenti particolari né motivazioni strane, l’ho fatto col cuore, quindi mi scuso in anticipo se ho omesso delle tracce per voi significative ma sono sicuro che capirete:
1) Ziggy Stardust
2) The Jean Genie
3) Space Oddity
4) John i’m only dancing
5) Life on Mars
6) China girl
7) Absolute beginners
8) Rebel rebel

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