Amore, Morte e Tempo: sono loro i destinatari delle violente lettere del protagonista di Collateral Beauty. Nel film Howard (Will Smith) è infatti il manager di un’azienda pubblicitaria che, dopo la morte della figlia, passa le sue giornate in silenzio, a costruire complessi edifici formati da tessere da domino, e non riesce più a prendersi cura di sé stesso, dei suoi rapporti con gli altri e della sua azienda.
I suoi soci, nonché amici di una vita, Whit (Edward Norton), Claire (Kate Winslet) e Simon (Michael Pena), si preoccupano per le sorti della compagnia, che senza le capacità di marketing di Howard sta affondando, e decidono di venderla per evitare di trovarsi sul lastrico.
Per far approvare la vendita dell’azienda serve però il consenso del socio fondatore, ovvero Howard, che non ne vuole sapere e desidera essere lasciato in pace per via del suo lutto, avvenuto due anni prima: Whit, Claire e Simon decidono quindi di dimostrare, con un ingegnoso piano, che il loro socio in affari sia incapace di intendere e di volere, facendolo decadere dalle sue funzioni di Amministratore Delegato. Il piano consiste nell’assoldare tre teatranti perché impersonino Amore, Morte e Tempo e dialoghino con Howard, dando l’impressione che egli abbia perso il senno a causa del dolore.
In preparazione per il loro ruolo, i tre attori Aimee (Keira Knightley), Raffi (Jacob Latimore) e Brigitte (Helen Mirren) trascorrono del tempo con Whit, Claire e Simon, che stanno attraversando problemi personali nella propria vita: Whit sta lottando per ristabilire il contatto con la figlia adolescente Allison dopo che ha rotto con sua madre, portandolo al divorzio; Claire è alla ricerca di donatori di sperma per concepire un bambino dopo aver trascurato la sua vita privata per anni; e Simon sta combattendo il cancro in segreto senza rivelarlo alla moglie che ha appena partorito un figlio. Nel frattempo Howard inizia con riluttanza a frequentare un gruppo di sostegno e fa amicizia con Madeleine, che ha perso la figlia Olivia per un tumore al cervello che ha portato alla fine del suo matrimonio.
La pellicola di David Frankel cerca di far emozionare, ma lo fa usando un metodo semplice, ovvero la morte di una bambina. Svuotato di questo pigro stratagemma lacrimogeno, il film non ha una struttura solida e crolla, come le tessere del Domino.
Gli attori sono sacrificati nei loro ruoli e sono prigionieri di una sceneggiatura asciutta e superficiale, priva di dinamiche interessanti e di tessuti verbali originali. Sul finale, il lungometraggio prova a stupire lo spettatore, con un colpo di scena quasi inaspettato ma, a mio parere, il colpo è andato a vuoto e non riscatta il film dai suoi punti di debolezza.
Se una bellezza collaterale esiste, Collateral Beauty non è riuscito a coglierla e a rappresentarla.
Resta comunque un dramma gradevole e toccante, che prosciugherà le risorse idriche dei più deboli di cuore.