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Nel cuore della Turchia – Istanbul e la Cappadocia

by i-Cult

Sono a Sarajevo (ultima tappa del mio viaggio tra i Balcani verso la Cappadocia) e in 20 minuti di taxi raggiungo l’aeroporto, la partenza è prevista alle 10:00 con arrivo alle 13:30 (1 ora avanti): let’s fly on Istanbul

All’aeroporto chiedo un po’ di indicazioni all’ufficio informazioni, recupero una mappa della città e della linea metropolitana Sulthamanet. Per ogni singola corsa in metro, il costo del gettone ( è il caso di dirlo visto che il biglietto è un gettone) è di 3 Lire Turche (1 Euro equivale a circa 2,6 TRY). La fermata della metro in Sulthanamet è a pochi passi dalla Sultan Ahmet camii (Moschea del Sultano Ahmet) o semplicemente Moschea Blu (il suo nome deriva dalle 21.000 piastrelle di ceramica turchese inserite nelle pareti e nella cupola). È infatti il turchese il colore dominante nel tempio. La Moschea Blu si presenta in tutta la sua maestosità corteggiata da giardini, fontane e turisti (troppi turisti) e proprio di fronte ad essa, quasi come se si flirtassero, si erge un altro dei monumenti simbolo di Istanbul: la basilica di Santa Sophia.cappadocia

Al momento non sono interessato ad un tour turistico dei monumenti, ho invece bisogno di trovare un modo per arrivare in Cappadocia che dista 750 km da Istanbul. L’idea è quella di prendere un bus notturno (dato che non ho un ostello riservato) la sera stessa per trovarmi, l’indomani, nel centro della Turchia. Nel chiedere indicazioni, incontro Murat un giovane ragazzo che per mantenersi gli studi lavora come promoter per i vari tour che le tante agenzie organizzano. Gli chiedo un po’ di indicazioni per raggiungere la Cappadocia e in poco meno di 1 ora organizzo il mio percorso: partenza in autobus alle 20:00 da Istanbul, arrivo a Goreme (Cappadocia) alle 08:00 del mattino, due giorni di tour e volo in mongolfiera (trattando sul prezzo riesco a raggiungere il prezzo di 240,00 Euro, considerate che solo il giro in mongolfiera costa tra i 100 e 130 Euro). Mi aspetta un autobus notturno.

Il percorso che farò prima di ritornare ad Istanbul e trascorrere gli ultimi 4 giorni (insieme al mio amico Ciro che mi raggiungerà dal mio ritorno dalla Cappadocia) è quello della mappa:

cappadocia 2CAPPADOCIA: sbarco su un pianeta extraterrestre a bordo di una mongolfiera

La Cappadocia (in turco: Kapadokya) è una regione storica dell’Anatolia, un tempo ubicata nell’area corrispondente all’attuale Turchia centrale. Il suo nome (come mi suggerisce la guida) significa “land of beautiful horses” (la terra dei bei cavalli). La Cappadocia si caratterizza per una formazione geologica unica al mondo e per il suo patrimonio storico e culturale. In questi casi meglio lasciar parlare le immagini che riescono ad esprimere al meglio la strana bellezza di questo posto. Fossi un regista, la sceglierei come set di un  film  fantascientifico oppure ambientato nella preistoria. Eh si!  Questa terra sembra essere, da un lato, il punto dal quale l’essere umano ha cominciato a muovere i suoi primi passi e, dall’altro, un paesaggio extraterrestre in cui l’uomo (prima o poi) approderà.

cappadocia 3 Il viaggio è incastonato nel nostro DNA. A rendere il tutto più mistico queste strane conformazioni geologiche di roccia magmatica (tufo) in cui, nel passato, uomini hanno scavato per realizzare abitazioni e luoghi di incontro così come abili artigiani fanno per realizzare oggetti preziosi. Infatti ci si trova di fronte a delle vere e proprie città incastonate nelle pietre, con centinaia di finestre che come occhi ti osservano dall’alto. La particolare forma geometrica di queste conformazioni, quasi come se Madre Natura si fosse divertita a rendere il tutto più fiabesco, gli ha conferito il nome di camini delle fate.

Così come da bambini ci intrufolavamo con l’immaginazione in castelli di sabbia o ci nascondevamo in alloggi improvvisati con lenzuola e tetti di stoffa, cado nella tentazione di infilarmi in questa serie di cunicoli e sbucare fuori da una parte all’altra. Alcune città sono, invece, scavate nel sottosuolo. Come la città sotterranea di Kaymaklı costituita da nove livelli di cui solo 4 sono accessibili ai turisti, mentre i restanti sono riservati alla ricerca archeologica ed antropologica. Non tutti i livelli sono in orizzontale e si intersecano tra di loro ed un tempo erano equipaggiati con fori di aerazione, stalle, forni, pozzi d’acqua e tutto quanto fosse necessario ad ospitare una popolazione che poteva arrivare, contando tutte le città sotterranee scoperte, fino a 20.000 abitanti.

cappadocia 4Sveglia alle 4:20 del mattino, colazione e mi dirigo al campo dal quale spiccherà il volo la mongolfiera noleggiata. Un giro di circa 50 minuti fino a 900 m di altezza sfiorando le strutture tipiche e le cime degli alberi. Ho modo di conoscere delle persone che mi accompagneranno durante il giorno in un tour della regione: una professoressa di inglese sulla sessantina che vive ed insegna a Shanghai ed un professore cinese di biologia che collabora con l’Università di Tokyo.

Alle ore 20 ho il bus di ritorno verso Istanbul. Prendo le mie cose e mi dirigo verso una piccola stazione in Urgup (piccola cittadina della Cappadocia distante circa 15 min in auto da Goreme). Sono in anticipo e, seduto sulla panchina dello stazionamento, mi perdo con la testa nel nulla. Intanto ci sono delle persone del posto che attendono il loro bus. Un’occasione per scambiare due sguardi e qualche sorriso. D’altronde sono io il forestiero qui. In pochi minuti si fa presto ad instaurare una chiacchierata con chi mi dà dell’argentino, una guida turca che mi parla in spagnolo, un ragazzo che mi cita qualche frase in italiano. Una vecchia signora cerca di partecipare anche lei comunicando con me sorridendo e parlando in turco. Si unisce a noi un altro signore del posto. Si parla con i gesti, qualche parola in inglese e un cenno di spalle o testa. E’ così. E’ questo il bello dello spostarsi con i mezzi locali e starsene seduti in una sala di attesa in piazza.

ISTANBUL: il caos per caso diventa cosa…

Ritorno ad Istanbul dopo un viaggio notturno in bus. Con mio grande sollievo, quella che fino a pochi giorni fa era una piazza gremita di turisti, oggi è più “vivibile”: c’è pochissima gente. Cerco il mio ostello: Bahaus Hostel. A pochi passi dalla Moschea Blu. Un’ottima scelta sia per la posizione che per l’ambiente. Lo consiglio assolutamente. Ha un bar sul rooftop molto carino e lo staff molto gentile. Opto per una camerata da 6 persone e sistemo la mia roba. L’indomani mi raggiungerà un amico dall’Italia: Ciro. Una doccia e via in giro per la città senza alcuna mappa né meta. Perdersi tra strade e mercati in una delle più grandi metropoli della Turchia la cui storia si perde nella notte dei tempi. La stessa storia che si vive e si respira tra moschee che sbucano da ogni dove, vicoletti costeggiati da piccoli Bazar di ogni tipo e spezie colorate che sprigionano ogni varietà di odori e sapori. Ancora una volta vengo rapito da quella immaginazione tipica di un bambino che, fantasticando ad occhi aperti, salta a cavallo di un tappeto volante, con un fez di lana rossa sul capo e vestito di bianco per sfrecciare tra tetti, mercatini e vicoli affollati in cui riecheggiano le voci dei venditori. Voci che, verso le ore 12:00, sono sovrastate da quelle della preghiera: la seconda preghiera, quella del mezzogiorno (salatu-l-zuhr). Non resisto alla voglia di prendere e salire sui tetti di alcuni edifici per godere della vista della città. Presto fatto. Con alcuni ragazzi dell’ostello entriamo in alcuni vicoletti, da qui percorriamo delle scale di un edificio fatiscente in cui ci sono alcune botteghe di narghilè ed un vecchietto che, per 1 Lira Turca, ci apre un vecchio portone di legno per farci accedere al tetto. (La foto del salto, la prima in alto che sottolineo non essere un fotomontaggio –  ne è la prova). In un silenzio religioso mi godo la vista di quella che viene definita il ponte tra Oriente ed Occidente accompagnato dalle voci che escono fuori dai minareti.

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Il consiglio che do è prendere una guida cartacea, armarsi di cappellino ed acqua e perdersi in questo caos ingegnosamente calibrato. Istanbul: una città in cui il caos per caso diventa cosa. Pranzare con un ottimo kebab ai bordi della strada, bere un Ayran (yogurt, acqua e sale) per poi deliziarsi con un Kunefe (tipo dolce con formaggio).

Se poi ti vien voglia di fare un tuffo in mare, prendi un traghetto dal molo per raggiungere, attraverso il Bosforo, Prince’s Island (1 ora circa da Istanbul). Su quest’isola noleggia una bici e raggiungi una delle piccole spiaggette del posto.

Un ultimo consiglio, non aver paura di perderti…perchè è quando ti perdi che ritrovi e conosci a fondo te stesso.

Enjoy it…

La redazione di CULT! consiglia  a tutti i lettori di seguire Corrado sul suo blog di viaggi —>Girovagoblog , su cui troverete anche il resoconto dettagliato del suo viaggio.

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