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Dal Portogallo al Marocco passando per l’Andalusia

di i-Cult

Viaggiare in backpack dal Portogallo al Marocco

In mano un biglietto di sola andata per Lisbona. Quel biglietto che, nel mentre mi dirigo al gate, guardo e rigiro. Quel pezzo di carta che riporta a caratteri cubitali e codici a barre l’inizio di un’altra avventura. Quel foglietto che mi tiene compagnia nella sala di attesa riposto in un passaporto insieme a visti e timbri di nazioni e paesi sparsi nel globo.

Qualche ora di volo e sono all’estremità sudoccidentale dell’Europa. Con una penna e un taccuino, fidati cronisti di vita in viaggio, appunto note, fermate metro e orari del bus.

Trovano largo spazio e ampio spessore i nomi di questo nuovo atto. Nei discorsi sulla filosofia, scelte di vita e cambi di rotta con il barman Elliot e il professore di matematica Ryan seduti nella lounge room del Lisbon Poets Hostel con i gomiti poggiati su un tavolo di noce scuro. Scuro come il vetro degli shot di Ginjinha che teniamo tra le dita cercando di trovare riposte e incoraggiamento nell’aroma a base di amarena. Nelle spensierate ore passate a Porto tra i vicoli in pendenza, ponti in acciaio e parchi all’ombra con i due innamorati e attori di teatro Sepan e Margaux sorseggiando una blanca. Nella complicità del calciatore Naz per realizzare, di nascosto, riprese video nella libreria che ha ispirato il bestseller Harry Potter […] Nel fragore delle onde che si scagliano sulle ripide pareti della Boca do Inferno di Cascais. Nello schiamazzo dei gabbiani che si librano in volo sulle scogliere di Estoril. Nelle gocce di sudore che, come cocci di vetro sull’asfalto, diffondono di luce il mio viso abbrustolito dal Sole. Nella fatica e nel senso di completezza dei 25 Km percorsi a piedi fino Cabo da Roca e con un soffio di voce leggere su una targa in marmo: Aqui…onde a Terra se acaba e o Mar comeca.dal portogallo al maroccoNella soddisfazione di aver raggiunto con la sola energia delle gambe e della testa il punto più a ovest dell’Europa contro i consigli di passanti ed autisti di bus che quasi mi ridevano in faccia e mi imploravano di lasciar perdere l’idea di andarci a piedi. Nella realizzazione che se non ci credi prima tu nelle cose che abbracci e nelle passioni di cui ti vesti, perché dovrebbero farlo gli altri? Adoro lo stato d’animo che mi tiene compagnia lungo questo viaggio, tra le infinite segnaletiche. Ti fermi ad un bar, ordini una blanca, prendi la tua fedele biro e sulla mappa tracci il prossimo posto. Decido così, tra una sferzata di vento dall’Atlantico e il sapore di iodio che si poggia sul boccale di birra, ti salutare il Portogallo e indirizzare le vele verso Sevilla, la capitale andalusa.

<<Ma sei pazzo? A Siviglia ad Agosto?>>. Eh sì! Sono le domande che mi rimbombano nella testa e mi si materializzano davanti agli occhi su un display pubblicitario che riporta 48° alle 18:30 di un Venerdì 15 Agosto. I miei due backpack sembrano quasi aggrapparsi a me sfiniti dal caldo, mentre le gambe e le braccia implorano di trovare una qualsiasi scusa pur di sostare in un bar per godersi la frescura di un gazebo o la nuvola d’acqua di un nebulizzatore. Nel mentre i miei pensieri trovano posto all’ombra e fanno a botte con le informazioni stradali che cerco tra i passanti, giungo al Sevilla Hostel One Centro. In uno schiocco di dita, sono protagonista del vivere al ritmo di lenti passi nei vicoletti dorati della più grande città dell’Andalusia. Tapas, vino e birra in compagnia del sognatore Diego che da anni desiderava nella sua piccola città della Patagonia un viaggio in giro per l’Europa. E ora è qui. Condivide con me quello che per anni è stato il suo regalo mai scartato sotto un albero di Natale. Fino ad ora. Ed io ne sono testimone.

sivigliaCi si ritrova a girare per le stradine che costeggiano il fiume Guadalquivir e pranzare assieme, come vecchi amici, seduti ai tavoli vestiti di seta a scacchi nel quartiere dal viso popolare come Triana. Chiacchiero con la #sempreinviaggio Loreley la quale se mettesse per ogni nazione toccata una spilletta sul suo zaino, così come faccio io, non avrebbe neanche più spazio per le fibbie. Il filo logico di un viaggio fatto di animi vaganti che quasi si riconoscono al primo sguardo, si sorridono con un cenno di smorfia e trovano complicità all’ennesimo stazionamento dei bus al tonfo di uno zaino lasciato cadere a terra per la stanchezza. Coinquilini del Mondo per i quali la convivenza in camerate miste e la lettura di una guida seduti nella lounge room sono coraggiosi soldati di fanteria per aprire un varco nella comunicazione. Intese che non conoscono differenze nei colori della pelle, nei tagli dei vestiti e nelle copertine dei passaporti. Ci si trova seduti tra Oceano Atlantico e Mar Mediterraneo a fissare l’Africa di fronte a noi allo spegnersi del Sole mentre Loreley, Samantha e Stefan raccontano di cammini e viaggi portati a termine e di altri che ancora li aspettano. In uno di questi ci finisco io su un traghetto verso Tangier, nell’Africa Occidentale. Una donna anziana di nome Fatima cerca nei miei sguardi e nei miei sorrisi le mie origini. Sono il lasciapassare per un passaggio a Chefchaouen a bordo di una Mercedes dell’80 color cioccolato dai sedili in pelle al sapore di nicotina e con ammaccature che raccontano tra le più belle storie a spasso tra le tortuose strade che affrontano l’Atlas. Catapultati in vicoletti gremiti di bazar, spezie colorate e una città completamente dipinta di blu.10641218_10153114822514128_6111023223917768798_nInizio di un altro atto dove i miei protagonisti hanno tutti il loro biglietto da visita stampato su zaini logorati, barbe incolte e polpacci in fiamme come la pelle al Sole. Si aggiungono a noi Chris e Holly in un racconto lungo tre giorni tra Tajine di carne e verdure, trekking improvvisati, interminabili ore di jeep, un salto nel deserto e una notte sotto le stelle in un accampamento berbero. Una chiacchierata al sapore di thè alla menta con Stefania, una volontaria in libera uscita dalla sua missione al confine con l’Algeria. Quanto è fresca e soffice la sabbia del Sahara alle 5:30 del mattino? Mi chiedo mentre ci sono seduto sopra e gli altri ancora dormono. Non posso non assecondare la mia curiosità, tipica di un bambino. Curiosità che, combinata con un pizzico di goliardia e un gruppo di ragazzi del posto, trascina me, James, Harry e Rory a tuffarci nelle cascate di Ouzoud.10577198_10153120604819128_1964476744925843945_nMarinaio di strada. Vagabondo nell’animo. Rintontito dal risveglio di soprassalto nel bel mezzo della notte per saltare a bordo di un vecchio Mercedes color panna con sedili in pelle sapor tabacco tra le strade di Casablanca per versare su un taccuino gli ultimi versi di inchiostro. Inchiostro a china di colore nero testimone di intensi capitoli appena vissuti che, indelebili, si abbracciano alla tua pelle solcata dalle cinghie di uno zaino con i panni sporchi di fantastiche esperienze e centinaia di visi. Visi di uomini e donne che mi sorridono con post e messaggi a ricordarmi che sono partito da solo ma non ho mai viaggiato da solo.

Una sensazione che, come bollicine di coca-cola fredda, sale su per il naso porgendomi una buona scusa per lasciar lacrimare gli occhi all’affermazione un po’ beffarda <<Sì, da solo>>.

La redazione di CULT! consiglia  a tutti i lettori di seguire Corrado Pezzella sul suo blog di viaggi Girovagoblog, nel quale troverete anche il resoconto dettagliato del suo viaggio dal Portogallo al Marocco

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