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Javier Zanetti: Capitano da Buenos Aires – La storia di un uomo normale

di i-Cult

di Gabriella Di Gennaro

È facile scrivere un libro che ha come protagonista un eroe. È facile scrivere di Che Guevara, di Maradona. Ma è possibile scrivere un libro su un uomo normale?

Un uomo normale con una vita straordinaria: è questo il tema del docu-film su Javier Zanetti di Carlo Sigon e Simone Scafidi, che in ottanta minuti hanno raccontato la storia di quel bambino di tredici anni escluso dall’Independiente perché troppo gracile, che poco meno di trent’anni dopo avrebbe alzato al cielo la coppa dalle grandi orecchie.

Il racconto è stato posto volontariamente in terza persona, basandosi sulle testimonianze di amici d’infanzia, parenti e personaggi illustri del mondo del calcio, tra i quali spiccano Josè Mourinho, Lionel Messi e Roberto Baggio, accompagnati dal tocco artistico del poeta argentino Albino Guaròn che proprio a Javier Zanetti ha dedicato il suo ultimo romanzo Dock Sud Historia.

Volevamo scherzosamente fare un paragone con Alien, in cui si parla sempre del mostro che però compare solo alla fine […] Un uomo di risultati e di record ottenuti sul campo, non si inscena attraverso le sue parole, ma utilizzando quelle altrui, quelle che lui ha fatto sgorgare con le imprese

Carlo Sigon

Parole di affetto, di stima calcistica e personale, che hanno spesso sfiorato la forte commozione, a partire da quelle di papà Rodolfo (“è la cosa più dura, lasciar andare i figli, ma sai che è giusto così, che è per il loro bene”) fino a quelle di Mourinho che a stento riesce a trattenere le lacrime (“sono entrato in spogliatoio e ho visto questo leader silenzioso […] il Capitano ce l’ho, ed a partire da qui vediamo cosa ottengo in più però il Capitano ce l’ho” e, in merito alla vittoria a Madrid, “Non ci siamo detti nulla. Ci siamo stretti in silenzio. Io ero contento per loro e non per me. Ho festeggiato per loro. […] Io ho aiutato un sogno, la sensazione migliore che un allenatore possa provare”) e hanno spesso lasciato un sorriso (“Vai avanti, dribblane uno in più e fai gol!”, “La prima volta che lo vidi giocare dopo dieci minuti era scivolato […] credo sia l’ultima volta che lo abbiamo visto per terra”, Massimo Moratti, “Piantava i piedi a terra e non lo spostavi più”, Giuseppe Bergomi).
zanetti cupInevitabile, in una descrizione così completa della vita di Zanetti, è stato l’accostamento con la storia dell’Inter e dell’ultimo ventennio del calcio italiano, alla vicenda di Calciopoli che più di ogni cosa gli ha provocato frustrazione, passando per le sconfitte più brucianti, come quella del 5 Maggio e quella in semifinale di Champions nel 2003 contro il Milan, fino alle vittorie più belle, gli scudetti degli anni 2007-2010 e la Champions League rincorsa per 15 anni.

Cosa rappresenti Javier Zanetti per l’Inter e gli interisti è qualcosa di più profondo del semplice rapporto giocatore-tifoseria.

Zanetti è ed è stato l’antidoto ideale contro la pazzia dell’Inter, è la corsa di 80 metri che scatta per festeggiare il gol all’89’ che mette virtualmente in bacheca lo scudetto

Se non lo avessimo fermato probabilmente avrebbe continuato a correre

Ivan Cordoba

Ma sarebbe banale parlare solo di calcio nella vita di Zanetti: l’amore verso Paula, sua compagna di vita da quando aveva appena 17 anni, la roccia che lo ha sorretto nei momenti più bui che lo ha convinto a rifiutare l’offerta del Real Madrid (“In realtà abbiamo deciso insieme, entrambi amiamo Milano e l’Inter […] Lei è stata fondamentale, perché sono arrivato a Milano che avevo 21 anni, lei era rimasta in Argentina per terminare la scuola e mi ha dato armonia, serenità e felicità, sono molto fortunato”), la passione per la musica, iniziata cantando al karaoke (“Javier si crede un cantante”, Paula Zanetti, ridendo) culminata con un duetto con un altro mito – questa volta della musica – come Mina, la passione per il cibo, per l’asado che ha portato all’apertura, insieme all’amico e compagno Cambiasso, di un ristorante completamente argentino, passando per il suo impegno con la Fondazione PUPI per aiutare i bambini argentini. “Poteva strappare semplicemente un assegno per mettersi la coscienza apposto”, ma per lui e per Paula la fondazione poteva e doveva essere qualcosa in più del semplice sfamare, doveva educare, dare speranza, un futuro.zanetti
E così la vera grandezza di Javier Zanetti, sottolineata brillantemente nel docu-film, non sta nell’aver vinto tutto ciò che si poteva vincere, ma nell’aver superato le sue difficoltà: la gracilità, il rifiuto dell’Indipendiente, il 5 Maggio, le continue sconfitte. La sua grandezza è la professionalità che giorno dopo giorno ha messo dentro e fuori dal campo, la voglia di non arrendersi mai alla sfortuna, ai propri limiti, alle situazioni ambigue. Stai tranquillo, Ivan – diceva al suo compagno di squadra (Cordoba, ndr) quando si sentiva chiedere “dove sbagliamo” – il lavoro paga sempre. E il lavoro, alzare i blocchi di cemento per aiutare il padre muratore, palleggiare scalzo, correre su e giù sulle dune di sabbia, alla fine ha pagato. “Una storia a lieto fine” direbbero molti, ma ciò che importa, ciò che ha reso davvero mitologica la sua vita, non è l’aver alzato al cielo una coppa.

Come sottolineato da Zanetti stesso, vincere o perdere nella vita non conta niente. Ciò che importa, ciò che vale la pena di essere raccontato, è come si arriva ad un certo livello: con onestà, con princìpi veri e valori forti. E per questo, lo sussurriamo e lo gridiamo con orgoglio: grazie Capitano. Davvero, grazie di tutto.

“E così mi chiedo: ci sono riuscito? Sono riuscito a parlare di un uomo normale?”

Albino Guaròn

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