La Mostra del Cinema di Venezia regala ogni anno grandi emozioni. No, non mi riferisco a Johnny Depp e alla sua trasformazione da pirata sexy a bufalotto panzuto, con i capelli lerci e i denti di metallo. E neppure alla sobrietà di Marina Ripa di Meana che ha dato un tocco di glamour alla kermesse con il suo elegante cappellino da aracnide gigante. Parlo di cinema, di bel cinema. Storie di violenza e storie di abbandono, storie di scoperta e storie di rinascita, vite che si sgretolano e vite che si ricompongono.
Con quattro film italiani in concorso e nomi internazionali come Sokurov, Gitai, Zhao Liang e Charlie Kaufman, la 72esima Mostra del Cinema di Venezia propone pellicole varie e interessanti.
A cominciare da Desde Allà, il film che si è aggiudicato il prestigioso Leone d’oro, girato dall’esordiente venezuelano Lorenzo Vigas. Ambientato a Caracas, il film racconta la vita di Armando, malinconico e solitario cinquantenne con difficoltà relazionali che adesca ragazzini tra i quartieri poveri della città, a cui offre denaro per contemplare il loro corpo nudo e masturbarsi. Qualcosa cambia quando incontra Elder, un ragazzino violento e vulnerabile con cui intreccia un legame affettivo. Elder dipenderà da Armando in maniera totalizzante, e nel tentativo di averlo anche come amante, compierà un gesto estremo che distruggerà le loro vite e il loro rapporto.
Altro film molto atteso è The Danish Girl, del regista Tom Hooper, che ha come protagonista un etereo e aggraziato Eddie Redmayne. La storia racconta di un coraggioso viaggio alla ricerca della propria identità e porta sul grande schermo la vita di Lili Elbe, artista nata come uomo, Einar Wegener, e diventata donna, per la prima volta nella storia, con un cambio di sesso. La pellicola è anche un grande prova d’amore visto che Einar, nella sua liberatoria rinascita in Lili, aveva accanto a sé la moglie Gerda, donna di grande forza e sensibilità.
Tra le proposte del cinema nostrano, hanno ottenuto grandi applausi Per amor vostro, film di Giuseppe M. Gaudino che è valso a Valeria Golino il premio per la migliore interpretazione femminile, e Sangue del mio sangue, di Marco Bellocchio. Gaudino racconta con uno stile post-moderno la vita irrisolta di Anna, fragile madre di tre figli (di cui uno sordomuto), che conduce un’esistenza grigia dividendosi tra un marito manesco e il lavoro da gobbista. Brevi momenti di colore le sono regalati dal corteggiamento di un attore belloccio e dalla passione per la musica, che lacerano il bianco e nero di una Napoli visionaria e spaesata.
Il film di Bellocchio è invece ambientato in due epoche, il Seicento e i giorni nostri. La prima parte racconta la storia di Federico, un giovane uomo che viene sedotto come suo fratello prete da suor Benedetta. Dopo aver affrontato terribili prove da parte dell’Inquisizione, la monaca viene condannata a essere murata viva nelle antiche prigioni di Bobbio. Nello stesso luogo, secoli dopo, tornerà un altro Federico, finto ispettore ministeriale, che scoprirà che l’edificio è ancora abitato da un misterioso conte-vampiro, che vive solo di notte. Enigmatico e sfuggente, il film ha ottenuto otto minuti di applausi e una emozionante standing ovation.
Oltre alle pellicole citate, molte altre meriterebbero uno sguardo d’attenzione (Black Mass, 11 minutes, Beasts of no nation, Anomalisa, The Childhood of a leader, Everest, Spotlight, L’attesa), ma per evitare ingiurie sulla mia prolissità (si accettano offese solo per Johnny Depp) vi lascio alle vostre faccende da internauti e vi do appuntamento al prossimo film.