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Te piace ‘o Presepe? – Tradizione e arte presepiale

by Valentina Papaccioli

Quale miglior modo di “attendere” il Natale se non approfondendo insieme la tradizione del presepe, uno dei simboli più ricorrenti e mistici di questo magico periodo? Soprattutto dopo la recentissima scomparsa di Luca De Filippo, maestro del grande teatro napoletano, figlio del grande Eduardo, che con la sua celebre “A zupp ‘e latte!” in Natale in casa Cupiello ci sapeva trasmettere tutta la sua svogliatezza di uscire dalle coperte calde e morbide in una fredda mattinata di dicembre. A quanti di noi capita in questo periodo di freddo di voler rimanere la mattina a poltrire a letto magari desiderando effettivamente una bella zuppona di latte?

Ma veniamo a noi: come in questa celebre commedia teatrale, grande in questi giorni è il fermento che si respira per addobbare le strade, i negozi e le proprie case con ghirlande, muschio, luci, brillantini e alberi di Natale per la ricorrenza, a parer mio, più magica che esiste. Ma, oltre a tutti questi decori, a volte eccentrici, ciò che rimane il vero fulcro dell’atmosfera calorosa e di raccoglimento del Natale è sempre il presepe. Già mi è capitato di avventurarmi tra le stradine di San Gregorio Armeno per respirare un’anteprima di questa bella atmosfera di festa e sono rimasta sconvolta nel constatare che già a Novembre era difficile passeggiare in maniera rilassata per quelle stradine, dato l’enorme afflusso di turisti e napoletani come me in cerca del Natale.

Ma qual è l’origine del presepe e come si compone solitamente?

Il presepe tradizionale, la cui etimologia del termine deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, è una complessa composizione plastica della Natività di Gesù Cristo. Le prime fonti da cui hanno tratto ispirazione gli artisti e gli artigiani per la realizzazione del presepe risalgono ai Vangeli di Luca e Matteo(cosiddetti “dell’infanzia”), che riportano la nascita di Gesù avvenuta al tempo di re Erode, a Betlemme. Lo sviluppo delle varie raffigurazioni, anche pittoriche del presepe, a partire dal 1223 con San Francesco d’Assisi, crebbe nel corso dei secoli, fino ad arrivare al grande sviluppo della scultura presepiale del Settecento, quando si formarono le grandi tradizioni presepistiche del presepe napoletano, genovese, bolognese, ma anche di altre zone.

Proprio al Museo Nazionale di San Martino è possibile visitare la più bella esposizione di presepi napoletani, caratterizzati per lo sfarzo, la spettacolarità, l’affollamento di figure, l’ambientazione urbana e la riproduzione di scene molto elaborate. Le statue di pastori, in terracotta e a volte anche in legno, sono assai più pregiate di quelle in plastica e ciò che conferisce ricchezza ai pastori sono le stoffe e ricchi decori per gli abiti. Il presepe è una ricchissima presentazione di simboli, alcuni provenienti dai racconti evangelici (come la mangiatoia, gli angeli nel cielo, l’adorazione dei pastori), mentre molti particolari scenografici e dei personaggi derivano dai Vangeli apocrifi e da altre tradizioni. Ad esempio, il bue e l’asinello derivano dal proto-vangelo di Giacomo e da un’antica profezia di Isaia che scrive “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone“. Sebbene Isaia non si riferisse alla nascita del Cristo, l’immagine dei due animali venne utilizzata comunque come simbolo degli ebrei (rappresentati dal bue) e dei pagani (rappresentati dall’asino). Neanche io ero a conoscenza di tutto il simbolismo legato alla realizzazione di un presepe, ma frequentando spesso due cari amici e colleghi che si occupano proprio di presepi, imparo anch’io ogni volta qualcosa di nuovo.

presepe presepe-02presepeScenografia e minuterie realizzate da Gianpiero Fortunato

La grotta – Luogo umilissimo dove sarebbe nato il Salvatore.

L’osteria – Luogo simbolo dell’abbondanza e della soddisfazione dei piaceri della carne, in netta contrapposizione con lo scenario della grotta.

La fontana – Nei Vangeli apocrifi è il luogo dell’Annunciazione a Maria, simbolo solare e gioioso.

Le colonne del tempio – Spesso la Natività, soprattutto nella tradizione del presepe settecentesco napoletano, non si configura all’interno di una grotta, bensì in un riparo ricavato tra le colonne (quasi sempre corintie) e i ruderi di un tempio classico. Il riferimento è all’ordine sociale dell’antica Roma, che si sgretola sotto la spinta della nuova Rivelazione, con la vittoria del Cristianesimo sul Paganesimo.

La piccionaia – Le abitazioni comprendevano questo luogo adibito all’allevamento dei piccioni per la vendita (ma anche per l’alimentazione della famiglia che li allevava), per cui la presenza della piccionaia nel presepe rimanda ad una tipica ambientazione popolare.

Gli angeli della Gloria – Angeli, sospesi in una sorta di vortice celeste sulla Natività. Quello centrale, recante il cartiglio su cui si legge «Gloria in excelsis Deo» è detto la Gloria del Padre, quello alla sua destra, con l’incensiere tra le mani, viene denominato la Gloria del Figlio; infine, l’angelo detto la Gloria dello Spirito Santo è raffigurato in atto di suonare una tromba e simboleggia il soffio divino della terza Persona della Santissima Trinità. A questi se ne possono aggiungere altri..

Giuseppe e Maria – Giuseppe, simbolo maschile rappresenta la responsabilità operosa investita del compito di vigilare sul Bambino, restando in linea con la volontà di Dio ed in perfetta umiltà e modestia; virtù queste sottolineate dai suoi abiti scuri. Maria è il simbolo della virtuosa e sacra maternità, mentre il suo manto azzurro riecheggia il cielo, da dove proviene il figlio divino.

Gli Zampognari – Sono due. Un giovane vestito di verde, tipico colore associato alla speranza, canta, e suona lo stridulo piffero, impaziente e brioso. L’alto, anziano, veste gli abiti scuri della modestia. Il suo attributo è la ciaramella, dal suono grave e continuo.

Donna col bambino – Stefania è una vergine di Nazareth desiderosa di vedere il Bambino nato nella grotta, ma poiché i tabù religiosi ebrei vietavano alle zitelle di accostarsi alle partorienti ed alle puerpere lei viene ripetutamente “respinta dagli angeli”. Ma il suo desiderio di vedere il Bambino è grande, ed allora, il giorno dopo, di nuovo si presenta alla grotta ma tenendo in braccio una gran pietra camuffata da infante fasciato. Così riesce a passare; ma al cospetto della Sacra Famiglia, miracolosamente dal fagotto che porta in braccio esce uno starnuto. La grossa pietra si è trasformata in neonato. Sarà questi Stefano, il diacono, primo martire della Chiesa e sarà lapidato. Questo il motivo per cui di S. Stefano se ne fa memoria il 26 dicembre, giorno dopo Natale.

L’Oste – Riconoscibile dall’aspetto florido e dal grembiule bianco che sosta sulla soglia per attirare i passanti. In lui si individuano l’eccesso e la sregolatezza.

Cicci Bacco – E’ la personificazione della intemperanza nel bere. Di solito è obeso e a cavalcioni della botte o sdraiato con l’aspetto da ubriacone. La pietà popolare ne ha fatto più che altro l’immagine del povero diavolo che cerca nell’ubriachezza la fuga dalle delusioni e dai dolori della vita, il personaggio degno di commiserazione.

I giocatori di carte – L’atto del loro giocare rappresenta l’imprevedibilità dei tempi e delle sorti, volubili come le carte che vengono pescate dal mazzo.

Il pastore con l’agnello e il gregge – E’ forse l’emblema più significativo di tutta la scena, in cui il pastore porta l’agnello sulle spalle come simbolo di sacrificio e di offerta, seguito in maniera mansueta e fedele dalle pecore del suo gregge.

Benino dormiente ed il Pastore della meraviglia – E’ lo stesso personaggio rappresentato in due momenti differenti. Benino è il pastore addormentato ed indifferente al Mistero che si sta dispiegando nel Presepe e viene collocato più lontano dalla Natività (e quindi dalla Fede). Ma viene anche rappresentato in piedi di fronte alla Natività come se la Rivelazione sia penetrata in lui facendolo svegliare, dandogli vita. E la sua nuova postura è inequivocabile: le braccia alzate in segno di meraviglia e la bocca aperta nel muto grido di stupore.

I Magi – Solitamente sono tre e rappresentano il corteo da lontani paesi di questi personaggi per offrire doni al Bambino nato.

presepeBiagio RoscignoScenografia realizzata da Biagio Roscigno

Dopo tutta questa delucidazione sarete di sicuro, come me, più pronti nell’allestire il vostro presepe o nel riconoscere i vari pastori quando andrete in giro per le bancarelle ed i negozi natalizi. Ci sono tanti altri simboli e personaggi che non ho menzionato per non annoiarvi, ma almeno ora abbiamo memorizzato quelli che sono gli attributi più ricorrenti.

Non posso che augurarvi, nell’attesa dei prossimi articoli da scrivere per il nuovo anno, un Natale ricco e caloroso soprattutto all’interno dei vostri cuori. Pace e amore a voi!

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