Home ScienzePsicologia Risponde la Scuola italiana alle aspettative degli allievi?

Risponde la Scuola italiana alle aspettative degli allievi?

di i-Cult

di Aldo Sammartino

Post-maturità: è questo il periodo caratterizzato dagli sfoghi, senza alcuna riserva per nessuno, da parte di ex-studenti liceali che sui social network sembrano non essere in grado di apprezzare il percorso scolastico che si lasciano ormai alle spalle, ma, al contrario,  serbano rancore – e perché no, disprezzo –  nei confronti della propria scuola che, per buona parte della loro adolescenza, li ha accolti secondo princìpi di tutto rispetto.

 Se si considerano le vittorie che la scuola italiana ha, nel corso del tempo, ottenuto, come l’istituzione della scuola media unica che, nel 1962, eliminò di fatto le differenziazioni sociali nell’ambito scolastico, esprimendo magistralmente i princìpi dettati  dagli art. 3 e 34 della costituzione italiana, o l’Autonomia scolastica, garantita dall’art. 21 della L. 59/1997 grazie alla quale ciascun istituzione scolastica  è diventato centro di erogazione in grado di programmare, in modo autonomo, percorsi di formazione, educazione e istruzione volti allo sviluppo della persona umana, è triste constatare tali considerazioni da parte di ex-fruitori del servizio scolastico per il cui percorso educativo moltissimi si sono battuti, perché la scuola rispondesse concretamente alle esigenze di una società che progressivamente sta cambiando.

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Senza dubbio, la motivazione più frequente, che è causa di tale atteggiamento da parte degli studenti, rimane il voto di maturità, per molti assegnato arbitrariamente. Se è vero che i docenti, al momento della valutazione, tengono conto dell’intero iter scolastico, tuttavia, quell’ottuso calcolo aritmetico capovolge, molto spesso, le aspettative di maturandi e non, lasciandoli increduli dinanzi al prospetto dei risultati finali dell’esame.

E’ giusto, dunque, che un solo esame stabilisca il risultato conseguito nell’intero corso del secondo ciclo d’istruzione?

Innanzitutto, sarebbe più giusto affermare che nessun esame, sia esso di maturità o universitario,  può, di fatto, sancire il valore del lavoro svolto da una persona nel corso di un curriculum di studio, perché gli studenti non sono come macchine di cui si valutano i risultati numerici dell’efficienza del loro operato, bensì protagonisti attivi di un progetto che ha come fine il loro successo formativo, garantito da una valida offerta formativa (P.O.F) e costruito grado per grado, con un’osservazione acuta e con metodi di valutazione alternativi.

Ecco entrare adesso in gioco la figura del docente che non è più semplice dispensatore di nozioni, ma animatore, nonché promotore, di un ambiente di apprendimento che, ricco di stimoli, possa suscitare l’interesse del discente, rendendolo attivo e non passivo o ricettivo.

Ma quelli che ogni giorni rivestono quest’importantissimo ruolo sono mossi effettivamente da questi princìpi o si trovano a ricoprire tale incarico solo perché il loro iniziale progetto di vita non è andato a buon fine?

ggDi sicuro, non si può “far di tutta l’erba un fascio”, come si suol dire; per la fortuna di migliaia di studenti, ci sono ancora – e si spera siano la maggioranza –  insegnanti che, realmente per vocazione, hanno intrapreso questa carriera, che, com’è noto, è una vera e propria missione: difficile da perseguire, ma non impossibile da portare a termine con successo.

E’, quindi, necessario un cambiamento direttamente dall’alto, che migliori il metodo di reclutare docenti validi, perché l’impegno sia dei colleghi già operanti nelle scuole sia degli allievi non sia profuso.                                

Questa sembra essere la condicio sine qua non, che permetterà alla scuola italiana di rispondere esaustivamente a ciò che gli allievi le chiedono. Una scuola ancor più professionale e attiva , fondata sul concreto impegno dei docenti “oltre la lavagna”.              

                                                                                                  

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