Ho sempre avuto un debole per le commedie francesi. Sono raffinate, intelligenti, romantiche, hanno un savoir faire molto garbato e un retrogusto malinconico. Il film di cui voglio parlarvi oggi è una deliziosa opera francese che racconta l’amore, e lo fa in maniera autentica, sincera, delicata.
Il protagonista si chiama Clément (Loic Corbery), è un professore di filosofia, con un discreto fascino, che scrive sull’amore e frequenta Les Deux Magots, il celebre caffè ove si son incontrati Verlaine, Rimbaud e Baudelaire. È un intellettuale bohemien, razionale, volubile, che teme la prigionia del legame di coppia ed esercita il dubbio cartesiano su tutto, compresi i sentimenti. Vive a Parigi, città a cui è profondamente legato, e accetta con disappunto il trasferimento per docenza ad Arras, piccola provincia della Francia Settentrionale, in cui è costretto a passare tre giorni della settimana.
Annoiato dalla monotonia di quella cittadina assopita, Clément decide di ingannare il tempo corteggiando la spontanea Jennifer (Emilie Dequenne), una parrucchiera piena di sogni, di entusiasmo, di vita, con la passione per Jennifer Aniston e per i romanzi rosa.
I due protagonisti di “Sarà il mio tipo?” non potrebbero essere più diversi: Clèment legge Dostoevskij e frequenta i vernissage, non vuole avere figli ed è un cinico dell’amore; Jennifer adora i rotocalchi, frequenta il karaoke, è una ragazza madre e aspetta il principe azzurro.
Nonostante le barriere culturali, il professore e la parrucchiera trovano una certa intesa, sia mentale che fisica. Clèment sembra incuriosito dalla vivacità un po’ chiassosa di Jennifer, dalla disarmante dolcezza con cui gli sorride, ma allo stesso tempo appare prigioniero del pregiudizio, non riesce a vivere in modo autentico e istintivo ciò che prova, lasciando nello spettatore il dubbio che sia un maestro a decantare l’amore, senza sapere veramente cosa sia, che sia colto nelle parole ma incolto nei sentimenti. Jennifer lo vede, intuisce che dall’altra parte manca il coraggio, o forse la volontà, di costruire un rapporto vero, di creare un’intimità che vada oltre le lenzuola. Forse Clèment, con il suo modo d’amare tiepido e prudente, con il suo snobismo altezzoso, non è la persona giusta. Forse la distanza è più caratteriale che culturale. Lo scavo psicologico dei due personaggi, e delle loro incompatibilità, è affrontato dal regista Lucas Belvaux in modo onesto, senza cadere nei soliti clichè della commedia romantica a lieto fine.
Le contraddizioni di Clèment, che insegna ai suoi studenti la libertà di pensiero ma appare schiavo dei suoi preconcetti, che critica le imposizioni ideologiche ma cerca di indottrinare gli altri, e la profondità di Jennifer, che parla con cuore e intelligenza, che non ha paura della “felicità triste” e vive in maniera libera quell’amore asimmetrico, vi condurranno in un’originale analisi dei legami affettivi, attraverso dialoghi impeccabili e gesti delicati, incorniciati da una drammaticità soffusa che fa l’occhiolino al criticismo kantiano e ai sofismi dell’eros.